Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario. Testi sulla preghiera del cuore. Ratzinger, Padri, F. Manns su Gerico




La libertà dell’uomo, sempre implicata dal Mistero, 
ha come suprema, inattaccabile forma espressiva, la preghiera. 
Per questo la libertà si pone, secondo tutta la sua vera natura, 
come domanda di adesione all’Essere, 
perciò a Cristo. 
Anche dentro l’incapacità, dentro la debolezza grande dell’uomo, 
è destinata a perdurare l’affezione a Cristo.

In questo senso Cristo... è il riflesso adeguato di quella parola 
con cui il Mistero appare nel suo rapporto ultimo con la creatura, 
come misericordia: Dives in Misericordia. 
Il mistero della misericordia 
sfonda ogni immagine umana di tranquillità o di disperazione; 
anche il sentimento di perdono è dentro questo mistero di Cristo.

Questo l’abbraccio ultimo del Mistero
contro cui l’uomo 
– anche il più lontano e il più perverso o il più oscurato, il più tenebroso – 
non può opporre niente, non può opporre obiezione: 
può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio bene...

Per cui l’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza
Il vero protagonista della storia è il mendicante: 
Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo.






Benedetto XVI. Un frammento sulla preghiera.


"Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio (CCC. n. 27). L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare. San Tommaso d’Aquino, uno dei più grandi teologi della storia, definisce la preghiera “espressione del desiderio che l’uomo ha di Dio”. Questa attrazione verso Dio, che Dio stesso ha posto nell’uomo, è l’anima della preghiera, che si riveste poi di tante forme e modalità secondo la storia, il tempo, il momento, la grazia e persino il peccato di ciascun orante.


La preghiera è un gesto che porta in sé una radicale ambivalenza: infatti, posso essere costretto a mettermi in ginocchio – condizione di indigenza e di schiavitù -, ma posso anche inginocchiarmi spontaneamente, dichiarando il mio limite e, dunque, il mio avere bisogno di un Altro. A lui dichiaro di essere debole, bisognoso, “peccatore”. Nell’esperienza della preghiera la creatura umana esprime tutta la consapevolezza di sé, tutto ciò che riesce a cogliere della propria esistenza e, contemporaneamente, rivolge tutta se stessa verso l’Essere di fronte al quale sta, orienta la propria anima a quel Mistero da cui si attende il compimento dei desideri più profondi e l’aiuto per superare l’indigenza della propria vita. In questo guardare ad un Altro, in questo dirigersi “oltre” sta l’essenza della preghiera, come esperienza di una realtà che supera il sensibile e il contingente" (Benedetto XVI, Catechesi nell'Udienza Generale dell' 11 maggio 2011).   




Dalle « Omelie sul libro di Giosuè » di Origène
 (Om. 6, 4; PG 12, 855-856)

       La presa di Gerico

   Gerico viene circondata, è necessario che sia espugnata. Come dunque viene espugnata Gerico? Non si usa la spada contro di essa, non viene spinto l’ariete, né vengono lanciati i giavellotti, si usano soltanto le trombe sacerdotali e da queste sono atterrate le mura di Gerico.
   Nelle Scritture troviamo frequentemente che Gerico viene portata come immagine del mondo del male e dell’errore. Infatti anche nel vangelo, dove si dice che un uomo era disceso da Gerusalemme a Gerico ed era incappato nei ladri, senza dubbio vi era contenuta l’immagine di quell’Adamo che dal paradiso era stato cacciato nell’esilio di questo mondo. E anche i ciechi che si trovavano a Gerico, ai quali si accostò Gesù per dar loro la vista, rappresentavano l’immagine di coloro che in questo mondo erano colpiti dalla cecità dell’ignoranza e ai quali venne incontro il Figlio di Dio. Perciò questa Gerico, cioè questo mondo, dovrà finire. E difatti la consumazione del mondo è già stata da tempo rivelata nei libri santi.
   In che modo sarà distrutto? Con quali strumenti? «Con le voci delle trombe», dice. Di quali trombe? Paolo ti svela il segreto di questo mistero. Ascolta quello che egli dice: Suonerà, esclama, la tromba, e coloro che sono morti in Cristo, risorgeranno intatti, e il Signore stesso al comando, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba discenderà dal cielo (cfr. 1 Cor 15, 52; 1 Ts 4, 16). Gesù nostro Signore vincerà quindi Gerico con il suono delle trombe e la annienterà a tal punto che di essa si salverà soltanto la donna peccatrice e tutta la sua casa. «Verrà», dice, «il Signore nostro Gesù e verrà al suono della tromba».



Gerico. Fréderic Manns



Il messaggio spirituale di Gerico è di una ricchezza straordinaria. In un’importante Omelia, Origene, il fondatore della scuola biblica di Cesarea, commenta il racconto della presa di Gerico.  La città che Giosuè conquistò è il simbolo del mondo idolatra, il rifugio delle dottrine menzognere le cui mura di illusione e di orgoglio crollano di fronte alle trombe del Vangelo proclamato da Gesù-Giosuè. Per Origene la Scrittura ha un significato spirituale e tutte le sue parole devono essere degne dello Spirito che le ha ispirate. Essa ci parla di Cristo, della vita cristiana e rivela le verità sulla fine dei tempi. Origene non ha inventato l’interpretazione spirituale della presa di Gerico. Nella liturgia ebraica delle capanne la caduta di Gerico simboleggia la distruzione del male. La settupla processione attorno all’altare al canto dell’Osanna evocava la presa di Gerico, come indica il Talmud. Coloro che partecipavano alla cerimonia portavano in mano delle palme. Gerico è conosciuta proprio come città delle palme. Per Origene la presa di Gerico contiene un triplice messaggio di ordine cristologico, spirituale ed escatologico che corrisponde alla triplice venuta di Cristo nella carne, nell’anima del credente e nella gloria. Origene vede il significato cristologico della presa di Gerico nella Passione di Cristo, nuovo Giosuè, che distrugge l’idolatria dei pagani. La resurrezione di Cristo è una vittoria sul diavolo. Tale vittoria raggiunge il suo culmine a Pentecoste, in quanto il tremito della terra nel Cenacolo indica la caduta degli idoli. Oltre a rivelare Cristo, la Scrittura ha anche un messaggio per ogni cristiano: "Fai risuonare questa tromba, ossia fai risuonare i salmi, gli inni e i cantici spirituali, fai risuonare i simbolismi dei profeti, i misteri della legge e dottrina degli apostoli." La Scrittura annuncia infine le realtà escatologiche. Con l’avvento di Gesù le mura di Gerico sono crollate. Il male non sembra però sconfitto, sebbene il messaggio del Vangelo risuoni. Origene spiega così il fatto:” Da quando il Salvatore è venuto, è già la fine del mondo… Ma egli ha ritardato il giorno del suo compimento finchè entrerà tutta la pienezza dei pagani.”
                                         


Benedetto XVI: La fede è un cammino di illuminazione


Cari fratelli e sorelle,


nel Vangelo di questa Domenica (Mc 10,46-52) leggiamo che, mentre il Signore passa per le vie di Gerico, un cieco di nome Bartimeo si rivolge verso di Lui gridando forte: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". Questa preghiera tocca il cuore di Cristo, che si ferma, lo fa chiamare e lo guarisce. Il momento decisivo è stato l’incontro personale, diretto, tra il Signore e quell’uomo sofferente. Si trovano l’uno di fronte all’altro: Dio con la sua volontà di guarire e l’uomo con il suo desiderio di essere guarito. Due libertà, due volontà convergenti: "Che vuoi che io ti faccia?", gli chiede il Signore. "Che io riabbia la vista!", risponde il cieco. "Va’, la tua fede ti ha salvato". Con queste parole si compie il miracolo. Gioia di Dio, gioia dell’uomo. E Bartimeo, venuto alla luce - narra il Vangelo - "prese a seguirlo per la strada": diventa cioè un suo discepolo e sale col Maestro a Gerusalemme, per partecipare con Lui al grande mistero della salvezza. Questo racconto, nell’essenzialità dei suoi passaggi, evoca l’itinerario del catecumeno verso il sacramento del Battesimo, che nella Chiesa antica era chiamato anche "Illuminazione".


La fede è un cammino di illuminazione: parte dall’umiltà di riconoscersi bisognosi di salvezza e giunge all’incontro personale con Cristo, che chiama a seguirlo sulla via dell’amore. Su questo modello sono impostati nella Chiesa gli itinerari di iniziazione cristiana, che preparano ai sacramenti del Battesimo, della Confermazione (o Cresima) e dell’Eucaristia. Nei luoghi di antica evangelizzazione, dove è diffuso il Battesimo dei bambini, vengono proposte ai giovani e agli adulti esperienze di catechesi e di spiritualità che permettono di percorrere un cammino di riscoperta della fede in modo maturo e consapevole, per assumere poi un coerente impegno di testimonianza. Quanto è importante il lavoro che i Pastori e i catechisti compiono in questo campo! La riscoperta del valore del proprio Battesimo è alla base dell’impegno missionario di ogni cristiano, perchè vediamo nel Vangelo che chi si lascia affascinare da Cristo non può fare a meno di testimoniare la gioia di seguire le sue orme. In questo mese di ottobre, particolarmente dedicato alla missione, comprendiamo ancor più che, proprio in forza del Battesimo, possediamo una connaturale vocazione missionaria.


Invochiamo l’intercessione della Vergine Maria, affinchè si moltiplichino i missionari del Vangelo. Intimamente unito al Signore, possa ogni battezzato sentire di essere chiamato ad annunciare a tutti l’amore di Dio, con la testimonianza della propria vita.


Angelus 26 novembre 2006





San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelia 2 sul Vangelo : PL 76, 1081.


«Apri i tuoi occhi! La tua fede ti ha salvato»


        Guarda cosa dice il Signore al cieco che si avvicina: «Che vuoi che io faccia per te?» Colui che aveva il potere di ridare la vista non sapeva dunque cosa voleva il cieco? Certo che lo sapeva! Ma egli vuole che noi gli chiediamo le cose, anche se sa già che le chiederemo e che ci Lui ce le accorderà. Ci invita a pregare fino ad essere importuni, lui che afferma anche «Il vostro Padre celeste sa di cosa avete bisogno prima che glielo domandiate» (Mt 6,8). Se chiede, è perché gli si domandi; se chiede, è per esortare il nostro cuore a pregare...


        Ciò che il cieco chiede al Signore, non è l'oro, ma la luce. Non si preoccupa di chiedere altro che la luce... Imitiamo questo uomo, fratelli carissimi! Non chiediamo al Signore ricchezze fasulle o doni terrestri, né onori momentanei, ma la luce: non quella circoscritta dallo spazio, limitata dal tempo, interrotta dalla notte, che condividiamo con gli animali, ma chiediamo quella luce che solo gli angeli vedono con noi, che non si sa da dove inizi né conosce alcun termine. La via per arrivarci è la fede. Ecco perché il Signore risponde al cieco a cui sta per ridare la vista: « Apri i tuoi occhi! La tua fede ti ha salvato».




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