Sabato in albis


Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa
come oceano vasto in cui avventurarsi,
contando sull'aiuto di Cristo.
Il Figlio di Dio,
che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell'uomo,
compie anche oggi la sua opera:
dobbiamo avere occhi penetranti per vederla,
e soprattutto un cuore grande 
per diventarne noi stessi strumenti.

Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte



Dal Vangelo secondo Marco 16,9-15.

Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.

IL COMMENTO

L'alba di un nuovo giorno, l'aurora di una vita nuova. La nostra vita, come quella di Maria di Magdala, è, in fondo, una settimana di peccati, sette, e non ne manca nessuno. Sette demoni, la pienezza dei demoni, secondo il significato di questo numero nella Scrittura. Maria aveva sperimentato il tempo senza Cristo, la dura legge di schiavitù di chi è obbligato a servire un padrone che non lascia scampo, che si porta via la vita a brandelli. Sette demoni, sette vizi, peccati capitali. Aristotele li descriveva come "gli abiti del male": superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira, accidia. Capo dei capi la superbia, l'idolatria dell'ego; la vita della Maddalena, come la vita di ciascuno di noi, era asservita al proprio ego, a soddisfare le proprie voglie. Dove anche l'amore non è altro che un sentimento catarifrangente, narcisistico. La sofferenza dell'uomo è tutta racchiusa in questa innaturale chiusura su se stessi, che macchia anche l'impulso più autentico di donarsi. Maria ha incontrato Cristo, e la sua vita è cambiata; Maria è stata liberata dalle catene dei demoni, era una creatura nuova, primizia e immagine di ogni uomo rinnovato dal potere del Signore.

Per questo è a lei che, per prima, Cristo appare risorto, come a sigillare quanto aveva compiuto in lei come una profezia. Aveva combattuto e aveva vinto; aveva distrutto il drago dalle sette teste, aveva inaugurato il cammino in una vita nuova, e Maria era la prima discepola ad incamminarsi in quella nuova settimana. Vi è infatti un giorno, il primo dopo il sabato, in cui tutto si fa nuovo, definitivamente nuovo, il giorno di Maria di Magdala, il giorno nel quale ha visto "surrexit Christus spes mea!, risorto Cristo mia speranza". La schiava aveva sperimentato la speranza che non delude, nel perdono e nella libertà. Ora era lei a correre e ad annunciare che la sua esperienza era ormai un dono accessibile a tutti, che la porta della libertà era spalancata per sempre: Cristo mia speranza è risorto, era tutto vero, era vero il perdono, era vero il suo amore, era vera questa vita liberata dai sette demoni. Era vera e autentica la speranza, ed era per tutti, per i suoi fratelli, per gli apostoli, per ogni uomo, per noi oggi: "Ecco perché la Maddalena chiama Gesù “mia speranza”: perché è stato Lui a farla rinascere, a donarle un futuro nuovo, un’esistenza buona, libera dal male. “Cristo mia speranza” significa che ogni mio desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale: con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché è Dio stesso che si è fatto vicino fino ad entrare nella nostra umanità" (Benedetto XVI, Messaggio di Pasqua 2012).

Ma nella società di duemila anni fa, una donna non aveva alcuna autorità, la sua testimonianza non possedeva valore. Ma, soprattutto, il cuore degli Undici, per il lutto ed il pianto, era indurito, non poteva ascoltare la voce dell'Amato nelle parole appassionate di Maria. Gli undici avevano smesso di sperare, erano ancora sopraffatti dalla superbia che, in un subdolo e malefico narcisismo negativo, gli ributtava in faccia la loro debolezza, il loro tradimento. E' la nostra esperienza, quel perverso gioco del demonio che ci inganna e seduce spingendoci a toccare e mangiare dell'albero, che accende la superbia per farci schiavi dei sette demoni; e poi ci lascia nudi, pieni di vergogna inducendoci a disprezzarci, facendo proprio del disprezzo di se stessi la carezza avvelenata dell'egoismo più feroce, la stoccata che ci uccide. Ci ritroviamo improvvisamente soli con le nostre debolezze, con i nostri peccati, e ci chiudiamo in una prigione dalla quale è sottratta la speranza. Non cambierò mai, sono debole e incapace, sono solo un uomo, non posso credere a qualcosa che mi faccia superare i miei limiti. E' la durezza di cuore, di un cuore che non ha conosciuto l'amore inginocchiato, umiliato, crocifisso; la durezza di chi ha perduto la speranza di fronte a tanto male, dentro e fuori di sé: la speranza infatti, "in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita. C’è stato un momento in cui Gesù appariva sconfitto: le tenebre avevano invaso la terra, il silenzio di Dio era totale, la speranza una parola che sembrava ormai vana" (Benedetto XVI, Messaggio di Pasqua 2012). La durezza del cuore dei discepoli è quella del dolore sedimentato, delle speranze infrante perchè troppo umane, quelle che reclamano la scomparsa del male, la palingenesi di ogni ideologia utopica; la durezza stratificata sul cuore di chi non ha ancora conosciuto la misericordia che non elimina il male ma lo assume sino a farsene divorare per redimere il malvagio. Un cuore così non può credere all'annuncio sconvolgente di Maria: ella rappresenta agli occhi della carne, un passato ancora irredento, una speranza infranta, la peccatrice perdonata ma non salvata, una ferita rimarginata ma il morbo maligno ancora vivo, proprio perchè Colui che l'aveva perdonata giaceva morto in una tomba e con Lui la salvezza e il riscatto definitivi; Maria era stata troppo peccatrice, aveva cambiato vita sì, me era pur sempre lei, come lo continuiamo ad essere noi, era necessario un "troppo" amore, ma era svanito ingoiato da un sepolcro. E' morto il Maestro, è morta con Lui anche la misericordia, e l'annuncio di Maria non è altro che un vaneggiamento di chi non sa rassegnarsi all'evidenza, la passione di una donna infatuata.

Quante volte ci ritroviamo in questa situazione, incapaci di credere a quanti ci annunciano che Cristo, unica nostra speranza, è risorto, che i peccati sono perdonati, che quella situazione che ci ha fatto piombare in un lutto pieno di lacrime, è redenta nel sangue di Cristo! Ostinati nel pensare che il matrimonio continuerà così, che quel figlio si perderà sempre più, che non saprò mai amare davvero, che continuerò ad offrire tutto a me stesso in un egoismo insaziabile. I sette demoni sono più forti, lo sono stati sino ad oggi... Ma oggi è un nuovo giorno, oggi il Signore appare a ciascuno di noi e illumina il nostro cuore indurito, e lo scioglie nel suo amore. Oggi per noi è il giorno del perdono, l'inizio di una nuova settimana, di una vita assolutamente nuova. Ed una vita immersa nella misericordia è un annuncio, come la vita di Maria. E, come lei, nche gli Undici sono inviati a proclamare la Buona Notizia ad ogni cuore indurito, in lutto e in pianto; la nostra vita, come la loro, come quella di Maria, trasformata nella fornace dell'amore di Cristo è un Vangelo vivente; è Cristo stesso che appare, vivo, ad ogni uomo. Lo è naturalmente, in forza del suo amore, dell'evidenza della sua risurrezione, speranza incarnata nelle nostre vite risorte, primizia del Cielo. Laddove appare l'amore, appare Cristo risorto; e dove appare Cristo risorto si fa visibile, e afferrabile, la speranza: "Ed ecco, all’alba del giorno dopo il sabato, il sepolcro viene trovato vuoto. Poi Gesù si mostra alla Maddalena, alle altre donne, ai discepoli. La fede rinasce più viva e più forte che mai, ormai invincibile, perché fondata su un’esperienza decisiva: «Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello. / Il Signore della vita era morto, / ma ora, vivo, trionfa». I segni della risurrezione attestano la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sulla vendetta: «La tomba del Cristo vivente, / la gloria del Cristo risorto, / e gli angeli suoi testimoni, / il sudario e le sue vesti». Se Gesù è risorto, allora – e solo allora – è avvenuto qualcosa di veramente nuovo, che cambia la condizione dell’uomo e del mondo. Allora Lui, Gesù, è qualcuno di cui ci possiamo fidare in modo assoluto, e non soltanto confidare nel suo messaggio, ma proprio in Lui, perché il Risorto non appartiene al passato, ma è presente oggi, vivo"  (Benedetto XVI, Messaggio di Pasqua 2012). 


Giovanni Paolo II 
Novo millennio ineunte, 29


« Il Signore Gesù fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro » (Mc 16,19-20)


Ripartire da Cristo : « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Questa certezza, carissimi Fratelli e Sorelle, ha accompagnato la Chiesa per due millenni, ed è stata ora ravvivata nei nostri cuori dalla celebrazione del Giubileo. Da essa dobbiamo attingere un rinnovato slancio nella vita cristiana, facendone anzi la forza ispiratrice del nostro cammino. È nella consapevolezza di questa presenza tra noi del Risorto che ci poniamo oggi la domanda rivolta a Pietro a Gerusalemme, subito dopo il suo discorso di Pentecoste: « Che cosa dobbiamo fare? » (At 2, 37).

Ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde : « Io sono con voi ! »

Non si tratta, allora, di inventare un « nuovo programma ». Il programma c'è già : è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste... È necessario tuttavia che esso si traduca in orientamenti pastorali adatti alle condizioni di ciascuna comunità... È nelle Chiese locali che si possono stabilire quei tratti programmatici concreti ... che consentono all'annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura... È dunque un'entusiasmante opera di ripresa pastorale che ci attende. Un'opera che ci coinvolge tutti.


Giovanni Paolo II, papa dal 1978 al 2005
Lettera apostolica « Novo millennio ineunte », § 58


«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura»


Duc il altum! «Prendi il largo!» (Lc 5,4) Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull'aiuto di Cristo. Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell'uomo, compie anche oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederla, e soprattutto un cuore grande per diventarne noi stessi strumenti... « Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19). Il mandato missionario ci introduce nel terzo millennio invitandoci allo stesso entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora: possiamo contare sulla forza dello stesso Spirito, che fu effuso a Pentecoste e ci spinge oggi a ripartire sorretti dalla speranza « che non delude » (Rm 5,5).

Il nostro passo, all'inizio di questo nuovo secolo, deve farsi più spedito nel ripercorrere le strade del mondo. Le vie sulle quali ciascuno di noi, e ciascuna delle nostre Chiese, cammina, sono tante, ma non v'è distanza tra coloro che sono stretti insieme dall'unica comunione, la comunione che ogni giorno si alimenta alla mensa del Pane eucaristico e della Parola di vita. Ogni domenica il Cristo risorto ci ridà come un appuntamento nel Cenacolo, dove la sera del «primo giorno dopo il sabato» (Gv 20,19) si presentò ai suoi per « alitare » su di loro il dono vivificante dello Spirito e iniziarli alla grande avventura dell'evangelizzazione.




Benedetto XVI. «Surrexit Christus, spes mea» – «Cristo, mia speranza, è risorto».
Messaggio di Pasqua, 8 aprile 2012

Giunga a tutti voi la voce esultante della Chiesa, con le parole che l’antico inno pone sulle labbra di Maria Maddalena, la prima ad incontrare Gesù risorto il mattino di Pasqua. Ella corse dagli altri discepoli e, col cuore in gola, annunciò loro: “Ho visto il Signore!” (Gv 20,18). Anche noi, che abbiamo attraversato il deserto della Quaresima e i giorni dolorosi della Passione, oggi diamo spazio al grido di vittoria: “E’ risorto! E’ veramente risorto!”.

Ogni cristiano rivive l’esperienza di Maria di Magdala. E’ un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità. Ecco perché la Maddalena chiama Gesù “mia speranza”: perché è stato Lui a farla rinascere, a donarle un futuro nuovo, un’esistenza buona, libera dal male. “Cristo mia speranza” significa che ogni mio desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale: con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché è Dio stesso che si è fatto vicino fino ad entrare nella nostra umanità.

Ma Maria di Magdala, come gli altri discepoli, ha dovuto vedere Gesù rifiutato dai capi del popolo, catturato, flagellato, condannato a morte e crocifisso. Dev’essere stato insopportabile vedere la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta. Con la morte di Gesù, sembrava fallire la speranza di quanti confidavano in Lui. Ma quella fede non venne mai meno del tutto: soprattutto nel cuore della Vergine Maria, la madre di Gesù, la fiammella è rimasta accesa in modo vivo anche nel buio della notte. La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita. C’è stato un momento in cui Gesù appariva sconfitto: le tenebre avevano invaso la terra, il silenzio di Dio era totale, la speranza una parola che sembrava ormai vana.

Ed ecco, all’alba del giorno dopo il sabato, il sepolcro viene trovato vuoto. Poi Gesù si mostra alla Maddalena, alle altre donne, ai discepoli. La fede rinasce più viva e più forte che mai, ormai invincibile, perché fondata su un’esperienza decisiva: «Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello. / Il Signore della vita era morto, / ma ora, vivo, trionfa». I segni della risurrezione attestano la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sulla vendetta: «La tomba del Cristo vivente, / la gloria del Cristo risorto, / e gli angeli suoi testimoni, / il sudario e le sue vesti».

Cari fratelli e sorelle! Se Gesù è risorto, allora – e solo allora – è avvenuto qualcosa di veramente nuovo, che cambia la condizione dell’uomo e del mondo. Allora Lui, Gesù, è qualcuno di cui ci possiamo fidare in modo assoluto, e non soltanto confidare nel suo messaggio, ma proprio in Lui, perché il Risorto non appartiene al passato, ma è presente oggi, vivo. 


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