Mercoledì della VI settimana del Tempo di Pasqua




La verità consiste nell'aver bisogno del perdono.
Una comunione concorde tra gli uomini 
può darsi in generale solo sotto la Grazia del perdono.
La verità è che siamo colpevoli, che siamo peccatori
e che possiamo vivere solo se Dio è perdono,
 solo se ci viene perdonato.

Card. Joseph Ratzinger


Dal Vangelo secondo Giovanni 16,12-15.

"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà".

IL COMMENTO


La Verità pesa. La società moderna tenta di liberarsene come di un fardello che grava sulle spalle dell'uomo costringendolo a vivere all'interno di perimetri che ne restringono la libertà. E' il rovesciamento delle parole del Signore secondo le quali la "verità vi farà liberi". La conoscenza della verità appare come un peso difficile da portare, quando non è vista come un deragliamento verso il fondamentalismo intollerante che attenta alla libertà altrui. "La non verità, il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità. Non è la verità a liberarlo, anzi egli dovrebbe piuttosto esserne liberato. L’uomo sta a suo agio più nelle tenebre che nella luce; la fede non è un bel dono del buon Dio, ma piuttosto una maledizione. Stando così le cose, come dalla fede potrebbe provenire gioia? Chi potrebbe avere addirittura il coraggio di trasmettere la fede ad altri? Essa sembra essere piuttosto il guscio della soggettività, in cui l’uomo può sfuggire alla realtà e nascondersi ad essa." (Joseph Ratzinger, Coscienza e verità, Conferenza a Dallas e a Siena, in La chiesa. Una comunità sempre in cammino).

Occorre vivere secondo coscienza, viene ripetuto. Scriveva J.G.Fichte: “La coscienza non erra mai e non può mai errare”, poiché è “essa stessa giudice di ogni convinzione, non conosce alcun giudice sopra di sé”. La coscienza decide in ultima istanza, ed è per natura inappellabile (System der Sittenlehre). "Dal momento che i giudizi di coscienza si contraddicono, ci sarebbe dunque solo una verità del soggetto, che si ridurrebbe alla sua sincerità. Non ci sarebbe nessuna porta e nessuna finestra che potrebbe condurre dal soggetto al mondo circostante e alla comunione degli uomini." (J. Ratzinger, ibid.). Secondo il pensiero moderno, "la coscienza è l’istanza che ci dispensa dalla verità, essa si trasforma nella giustificazione della soggettività, che non si lascia più mettere in questione, così come nella giustificazione del conformismo sociale, che, come minimo denominatore comune tra le diverse soggettività, ha il compito di rendere possibile la vita nella società. Il dovere di cercare la verità viene meno, così come vengono meno i dubbi sulle tendenze generali predominanti, nella società e su quanto in essa è diventato abitudine." (J. Ratzinger, ibid.).

Si tratta in fondo della nostra esperienza, la superficialità del "carpe diem", del cogliere l'attimo, che speriamo illusoriamente ci fornisca l'antidoto all'infelicità, alla depressione, al vuoto che incombe sulle nostre ore. Si vive rinunciando ad ammettere la possibilità di conoscere la verità, e così le parole e i contenuti che esse dovrebbero esprimere, si riducono a pura forma. "L'ha detto la televisione", "l'ho letto sul giornale", "me l'ha detto Paolo", "lo hanno postato in tanti (su Facebook)": frasi ricorrenti che dovrebbero dare un fondamento "inattaccabile" alle parole, alle idee e ai comportamenti. E così anche i giudizi, i criteri che orientano la vita, il discernimento degli eventi, divengono qualcosa di formale, pre-compreso nelle categorie che etichettano le idee e i comportamenti: conservatore, reazionario, fondamentalista, progressista, rivoluzionario, cattolico, comunista, fascista, e poi "rock" o "lento", e molte altre. La "dittatura della coscienza" che si risolve nella cosiddetta "dittatura del relativismo", lungi dall'aver liberato l'uomo, in ultima istanza lo costringe in nuove e più schiavizzanti catalogazioni, marchi ideologici indelebili a cui e di cui dar conto. Per liberare l'Io si diviene suoi schiavi, della sua forma di apparire, di stare al mondo, e l'ambiente circostante - sia esso familiare, culturale, politico, di lavoro, scolastico, o semplicemente il gruppo di amici - si trasforma in uno spietato aguzzino che esige la coerenza del proprio status, pena il rifiuto, l'esclusione e l'espulsione.

Quando si cade, infrangendo le dure regole tracciate dalla tolleranza che non tollera sbandamenti da quanto ha stabilito sia tollerabile, è già troppo tardi, non si hanno vie d'uscita. Di norma l'intollerabile del tollerante è Gesù Cristo, la sua Croce e la sua risurrezione, ed il pensiero, le parole e la vita di coloro che gli appartengono. La coscienza collettiva moderna tollera tutto, ma non la Croce. La tolleranza intollerante è l'abito culturale indossato dall'Anticristo, l'anti-verità: "Ogni spirito che non riconosce Gesù non è da Dio. Questo è lo spirito dell'Anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo (1 Gv. 4,3). Molti sono i seduttori che sono apparsi nel mondo, i quali non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l'Anticristo! (2 Gv. 1,7). Nessuna menzogna viene dalla verità. Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre" (1 Gv. 2, 16ss). Vladimir Sergeevic Solovev nel suo ultimo libro scritto poco prima della morte nel 1900: “I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo” scriveva: "Il Cristo col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi”. L'Anticristo aborriva “l'assoluta unicità” di Cristo: "Egli è uno dei tanti; o meglio è stato il mio precursore, perché il salvatore perfetto e definitivo sono io, che ho purificato il suo messaggio da ciò che è inaccettabile all’uomo d’oggi". E non accettava che Cristo fosse vivo: “Lui non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto. È marcito, è marcito nel sepolcro...”.

La coscienza tollerante moderna parte da qui: Cristo è marcito nel sepolcro, e con Lui ogni pretesa di verità. Per questo essa diviene un peso difficile da portare e l'uomo, nella sua debolezza, preferisce disfarsene. Scopriamo qui il senso profondo delle parole di Gesù: con le proprie forze, anche con le sole esperienze acquisite, non si può portare il peso della verità. La verità che libera in ciascuno quanto di originario vi è in lui, il seme di amore deposto dal Creatore che lo ha plasmato a sua immagine, perchè l'uomo è «un es­sere che ha bisogno dell'aiuto di altri per diventare ciò che è in sé stesso» (R. Spaemann). L'aiuto dello Spirito Santo che è "per sua natura verità. È lo Spirito a darci quella verità che cerchiamo invano. Certo, molti possono conoscerla, ma di fronte alle verità fondamentali - di fronte alla domanda su chi siamo noi nel profondo, da dove veniamo, chi è Dio e come si comincia a essere veramente uomini - di fronte a queste verità fondamentali siamo ciechi. Comprendere ci è impossibile. Pertanto, o gli uomini ritirano la loro richiesta di verità e si dispongono a vivere solo nella contingenza e nell'esteriorità - ma in questo modo sprofondano in un infinito vuoto interiore, perché il nostro essere ha sete di verità. Oppure si procurano una risposta per conto proprio, che però si ritorcerà sempre contro. Lo Spirito Santo è la verità. Qui non si tratta di quante cose si possano sapere di lui; si tratta piuttosto dell'unica e decisiva cosa che viene detta nella professione di fede della Chiesa: chi è Dio. «Gesù è il Signore.» Ciò significa: così è Dio. Questo è il suo volto. Dio si mostra in Gesù e con ciò ci concede la verità essenziale -con la conoscenza di Dio la verità su noi stessi" (J. Ratzinger). E' lo Spirito Santo dunque che ci svela la menzogna dell'Anticristo, e che attesta al nostro spirito la verità, che Gesù è il Signore, qui ed ora, della storia, dei grandi eventi come di quelli che affrontiamo ogni giorno. Perchè la verità appare nella storia concreta e reale, nella carne mia e tua, non è relegata ad un sistema filosofico o ad un'ideologia.

Per questo, senza lo Spirito Santo Paraclito la verità è un peso insostenibile, perchè deflagra come una bomba all'irrompere del peccato, ovvero del fallimento, secondo l'etimologia ebraica del termine. Per non restare vittima dell'esplosione l'uomo ha cancellato il peccato ed il male dall'orizzonte culturale e antropologico, e con esso, di conseguenza, il bene, suo opposto. Immediatamente, sotto i colpi ideologici della tolleranza e del relativismo, sono caduti la verità e la menzogna. Se non esiste il peccato, perchè ogni coscienza ha la sua particella di verità tollerata, non esiste neanche una verità oggettiva, la verità tutta intera di cui ci parla oggi il Signore. Alla fine, a farne le spese è la libertà, mutilata delle diverse opzioni su cui poter essere esercitata. E l'uomo si è ritrovato più schiavo che mai, preda del caos primordiale, obbligato a scegliere l'unica opzione rimasta, seguire il proprio istinto, e farlo parossisticamente, per evitare di cadere nei sensi di colpa che minerebbero l'architettura su cui poggia l'ideologia mondana.

"Görres mostra che il senso di colpa, la capacità di riconoscere la colpa appartiene all’essenza stessa della struttura psicologica dell’uomo. Il senso di colpa, che rompe una falsa serenità di coscienza e che può esser definito come una protesta della coscienza contro l’esistenza soddisfatta di sé, è altrettanto necessario per l’uomo quanto il dolore fisico, quale sintomo che permette di riconoscere i disturbi alle normali funzioni dell’organismo. Chi non è più capace di percepire la colpa è spiritualmente ammalato, è “un cadavere vivente, una maschera da teatro”, come dice Görres. “Sono i mostri che, tra altri bruti, non hanno nessun senso di colpa. Forse ne erano totalmente sprovvisti Hitler e Himmler o Stalin. Forse i padrini della mafia non hanno sensi di colpa, anche se probabilmente nascondono molti cadaveri in cantina insieme ai relativi sensi di colpa. Tutti gli uomini hanno bisogno di sensi di colpa.” (J. Ratzinger, ibid.).

Ma questo bisogno definisce un bisogno ancor più grande, per non soccombere di fronte alla rivelazione della colpa: il bisogno dello Spirito Santo Paraclito, l'avvocato consolatore, colui che, all'apparire della nostra debolezza manifestata nel peccato, ci difenda dall'accusatore, dal demonio che vuole indurci alla disperazione. Il Paraclito ci guida, ci educa e ci introduce, passo dopo passo, come in un catecumenato, nella verità piena, tutta intera. Essa si manifesta proprio dinanzi al peccato dell'uomo, perchè essa ha un nome, essa è Gesù Cristo. Lui è via alla verità che dona la vita. Cristo crocifisso per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione. Esiste dunque una verità tutta intera, che abbraccia completamente Dio e l'uomo, l'amore infinito nel quale il primo ha creato e ricreato il secondo. Una verità che precede e fonda ogni dogma, ogni precetto morale, come l'azione liberatrice di Dio precede il Decalogo. La Verità tutta intera è Cristo vivo oggi, che si fa carne nell'esistenza di ciascuno. La verità non è marcita nel sepolcro! Lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori ce la svela compiendola perchè Egli insegna difendendo, perdonando. La verità tutta intera è essenzialmente perdono, quello che il mondo non conosce, la salvezza che l'Anticristo, il padre della menzogna, vuole sottrarre all'umanità.

In ebraico la parola verità è 'emet, derivato dalla stessa radice da cui la parola fede. La radice 'mn ha il significato fondamentale di sicuro, attendibile, capace di portare un peso. In questa luce si comprendono le parole di Gesù: è la stessa verità che porta il suo stesso peso. E' la verità che, svelandosi, porta la sua drammatica e liberante oggettività. In altre parole significa che mentre il peccato è smascherato appare simultaneamente il perdono capace di distruggerlo e di consegnare la possibilità di una vita nuova. Quando incontriamo il Signore, quando lo conosciamo profondamente, quando Egli prende dimora in noi nel suo stesso Spirito, si svela anche tutto ciò che non gli appartiene, come quando si accende la luce in una stanza. Ma in quella stanza piena di disordine e polvere e spazzatura che è la nostra vita c'è Lui, c'è il suo perdono a raccogliere quel veleno che alberga in noi. Non sono i soli esiti del peccato ad apparire, per schiacciare e spingere al suicido, dell'anima e del corpo. Il peccato, apparendo accanto a Cristo, come suo nemico, si manifesta come il nostro stesso nemico, dal quale lo Spirito Santo ci difende, come ha difeso il Signore sulla Croce e nel sepolcro. Per questo la verità tutta intera cui conduce lo Spirito Santo è capace di liberare davvero, di sconfiggere il male, estirpandolo alla radice, che è la menzogna del demonio.

Scriveva Sant'Agostino che "Non c’è vera confessione dei peccati che non sia lode di Dio, non c’è vera lode di Dio che non sia anche confessione dei peccati. "Non si ha nessuna pia e salutare confessione dei peccati se non si rende lode a Dio con il cuore, o anche con la bocca e la parola" (S. Agostino, Enarratio in Ps. 105, 2). Nella confessione dei propri peccati l'uomo può dar gloria a Dio, può portare il peso (significato del termine gloria) della verità perchè ne è partecipe per aver ricevuto lo Spirito Santo, la stessa vita di Dio. Confessare i peccati infatti è testimoniare il suo amore, il "mio" di Gesù che lo Spirito prende da Lui per annunciarlo ai suoi discepoli, a ciascuno di noi. Il Paraclito ci difende e consola annunciandoci e compiendo in noi il cuore misericordioso di Dio, quanto è proprio del Padre, il perdono rigenerante di Cristo. "Due noti psicologi hanno parlato di «incapacità di portare il lutto», vale a dire di incapacità di pentirsi; dell'incapacità di riconoscere che siamo noi stessi, non gli altri né le strutture sociali, a non farci vivere più giustamente. Ma possiamo riconoscere la verità della colpa - del nostro peccato - solo se ci viene concesso dal miracoloso amore di Gesù Cristo quel perdono che ha il potere di trasformare. Esso ci rigenera" (J. Ratzinger, Omelia nel Duomo di Regensbrurg, 14 Maggio 1989). La verità tutta intera ci fa dunque liberi di riconoscerci tali e quali siamo, con le nostre debolezze, con le nostre contraddizioni, unici e irripetibili, anche nei difetti perchè riconosciamo in Cristo il nostro Signore, Colui che ci sostiene, perdona e vivifica nel suo Spirito; siamo liberi di non lasciarci trascinare dal fiume di perdizione della società che ha rinnegato Dio e il suo amore. Lo Spirito cura, educa, istruisce e conduce la nostra coscienza sui sentieri del bello, del buono, del vero, anche in contrasto con la cultura dominante e i suoi modelli. Lo Spirito ci fa liberi di essere quello per cui siamo stati creati, immagine della Verità tutta intera che, nonostante tutto, risiede in ogni uomo. "Proprio questo è il dramma dello Spirito Santo, il dramma della Chiesa e anche il nostro: lo sforzo di trarre lo Spirito dal fango. E non è rifuggendo il fango che ci facciamo Spirito, ma solo sopportando il fango che è in noi e negli altri; sottoponendolo alla nuova forza vitale, al respiro di Gesù Cristo, nello Spirito Santo che ancora oggi trasforma il mondo." (J. Ratzinger, ibid.).


LA VERITA' DELLA CARNE RIVELATA DALLO SPIRITO

Omelia del Card. J. Ratzinger nel Duomo di Regensbrurg, 14 Maggio 1989

Riteniamo che una fede basata sullo Spirito Santo dovrebbe sgorgare esclusivamente dal cuore, che non dovrebbe conoscere dogmi e comandi, uffici e gerarchie, burocrazia e amministrazione, ma essere bensì solo Spirito e verità. Questa è l'illusione che da sempre associamo alla Pentecoste: che lo Spirito spazzi via tutto questo e ci conduca a un religione dello spirito, pura e libera. Chi crede questo (quasi tutti) misconosce la natura umana, perché l'uomo non è affatto puro spirito. Ciò cheè notevole è l'idea che Dio ha dell'uomo - che egli è spirito nella carne e carne attraverso lo spirito; che in lui vive l'unità della creazione; che lo spirito penetra la materia e ne trae un po' della sua forza, della sua vitalità, della sua pienezza; e che viceversa lo spirito colma la materia, sì che essa sia illuminata e rischiarata dalla Grazia della conoscenza. Dove carne e spirito sono separati, la carne si riduce a mero corpo e lo spirito a freddo calcolo, mera funzionalità. Questa scissione del mondo è la grande tentazione, la grande urgenza del nostro tempo. Perché oggi abbiamo esperienza proprio di ciò, che la carne è maneggiata ormai come corpo, che si può ormai fare, produrre, fabbricare in laboratorio e che al momento giusto, quando non ha più alcun valore, viene eliminato. Tale decadimento della carne a mero corpo si mostra col venir meno del rispetto di fronte al suo inizio e alla sua fine, perché non sussiste più quell'unità. Nello stesso tempo, qui si mostra anche il degrado dello spirito che è ormai solo calcolo e azione, perché non è più parte di quell'unità che Dio gli ha prescritto. È vero, Gesù stesso dice: «Lo Spirito soffia dove vuole». E così fa Egli. Lo Spirito irromperà ancora, di nuovo e inaspettatamente, trovandosi là dove non l'avevamo programmato e dove forse non ci piace. «Lo Spirito soffia dove vuole.» Il che però non vuoi dire disordine e anarchia, poiché il Signore aggiunge: «Se uno non è nato dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5). Lo Spirito si trasmette attraverso l'acqua, attraverso la fonte che sgorga dal fianco ferito di Gesù, dal suo cuore aperto. Esso si trasmette attraverso la personificazione della Chiesa e dei suoi sacramenti. Sulla croce, dopo la morte, il Signore non ha lasciato la propria carne, come qualcosa che avesse esaurito il suo ufficio e che poteva putrefarsi nella tomba, ormai priva di importanza. No, egli l'ha portata con sé, l'ha trasfigurata, mostrandoci così che lamateria ha qualcosa di divino, di eterno; che può trasformarsi e che Dio vuole realizzare l'unità di tutto il creato proprio attraverso questa sua creatura, l'uomo. Con i sacramenti si dona a noi lo Spirito. Perciò Agostino ha utilizzato queste audaci parole: «Tanto uno ha in sé dello Spirito Santo, tanto egli ama la Chiesa». La Chiesa nella sua più profonda verità, che non è amministrazione o burocrazia, che pure devono esserci ma che non sono l'essenziale. La Chiesa che è la risposta del Credo, il «sì» della fede; la Chiesa che è parola di perdono. La Chiesa è culto di Dio e Grazia del sacramento, nel quale lo Spirito si partecipa a noi corporalmente e Cristo attraverso lo Spirito di nuovo si fa carne in mezzo a noi. Certo vorremmo fuggire di nuovo la carne, perché vediamo quanto fango c'è al suo posto. Ma proprio questo è il dramma dello Spirito Santo, il dramma della Chiesa e anche il nostro: lo sforzo di trarre lo Spirito dal fango. E non è rifuggendo il fango che ci facciamo Spirito, non in questo modo rendiamo la Chiesa spirituale, nuova e libera, ma solo sopportando il fango che è in noi e negli altri; sottoponendolo alla nuova forza vitale, al respiro di Gesù Cristo, nello Spirito Santo che ancora oggi trasforma il mondo.


Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
PPS IV n° 17 del 17/05/1837



« Lo Spirito di verità prenderà del mio e ve l'annunzierà »

Come il Paraclito, il nuovo Consolatore, essendo una sola cosa con il Figlio, essendo lo Spirito che procede dal Figlio, avrebbe potuto fare altro che manifestare il Figlio al mondo, mentre manifestava se stesso ? Come avrebbe potuto fare altro che spargere una luce nuova su colui la cui morte sulla croce apriva allo Spirito Santo un accesso nel cuore dell'uomo ? Perciò, benché la partenza del Figlio sia utile alla venuta del Consolatore (Gv 16, 7), non dobbiamo mai, in presenza del Consolatore, perdere di vista il Figlio. Cristo stesso non ha forse detto ai suoi discepoli : « Egli mi glorificherà » ?

In qual modo lo Spirito rende gloria al Figlio di Dio ? Rivela che colui che si faceva chiamare Figlio dell'uomo è il Figlio unico di Dio. Certo, il Nostro Salvatore aveva proprio dichiarato quanto conveniva a noi, ma gli apostoli non lo avevano capito. Anche mentre, per l'opera segreta della grazia, confessavano la loro fede con convinzione, non capivano ancora tutto ciò che pur affermavano... Il Salvatore non aveva forse cura di velare il suo segreto ? Non sembra forse aver voluto che questo segreto fosse svelato non all'istante, ma a posteriori ? Come se le parole divine dovessero aspettare ancora a lungo per ricevere la loro interpretazione divina.

È proprio questo che egli serbava per l'ora della venuta di colui che doveva mandare. Sarebbe lo Spirito a mettere in piena luce la sua persona e le sue parole... Perciò, soltanto dopo la Risurrezione di Cristo, anzi dopo la sua Ascensione, quando lo Spirito Santo è sceso su di loro, gli apostoli hanno finalmente capito chi era stato con loro. San Giovanni scrive : « Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù » (Gv 2, 22).

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