La
sapienza è fare la volontà di Dio. La parola “volontà” - in greco
Thelema - è la traduzione di due termini ebraici: hapetz
e ratzah. Sorprendentemente scopriamo che le due radici non rimandano a
verbi quali “comandare imporre ordinare”, ma significano invece
“compiacersi - provare gioia - desiderare ardentemente”. Compiere
la volontà di Dio è allora l'incontro tra la gioia, il compiacersi e il
desiderare ardentemente di Dio e dell'uomo. La volontà di Dio è il luogo dove
si uniscono fecondamente la gioia del Padre e quella del Figlio. Si
comprendono allora tante parole della Scrittura che assimilano la Torah e il
suo compiersi alla gioia del pio israelita. E le parole di Gesù nelle quali
esprime il suo ardente desiderio di mangiare la Pasqua con i discepoli, e la
gioia esultante di fronte alla rivelazione dei misteri del Regno ai suoi
piccoli discepoli. E' la volontà del Padre che si fa carne, e produce gioia,
compiacimento, quello del Padre alla vita del Figlio che emerge dalle acque del
battesimo, profezia del suo mistero pasquale, culmine del compimento della sua
volontà. Il Signore ha per noi progetti di pace, non di sventura. Il Padre
desidera ardentemente la gioia dei suoi figli! Castificare l'anima significa dunque immergersi nella gioia di
Cristo, nella nostra piccolezza che ne è la ragione più pura. Non si tratta di
gonfiare i polmoni e gridare "Signore, Signore!"; si tratta piuttosto
di riconoscere la nostra impotenza, la debolezza e l'orgoglio che ci ferisce.
Accettare la piccolezza indigente che ci consegna alla castità perfetta di
Cristo. Entrare con Lui nel Getsemani di ogni giorno, casa, scuola, lavoro, e
lasciarci "trascinare" nelle sue caste e obbedienti parole rivolte al
Padre. Vivere ogni istante come dentro l'obbedienza di Cristo: ogni
aspetto della nostra storia e del nostro essere è una parola di Gesù purificata
e consegnata al Padre. Per questo Egli dice: “Sono disceso dal cielo non
per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. E questa
è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda
nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv
6,38-39). Ogni istante ci è dato come un frammento attraverso il quale Gesù ci
possa custodire e deporre nell'eternità, senza tralasciare nulla. Tutto è
santo, e contribuisce al bene, alla gioia, al compimento della nostra vita.
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