San Gregorio Magno. Avete visto l’amato del mio cuore?

Dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trafugato. Accadde perciò che potè vederlo lei sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10,22)...
I santi desideri infatti crescono col protrarsi dell’attesa. Se invece nell’attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri. Ha provato questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità. Così Davide che dice: “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 41,3). E la Chiesa dice ancora nel Cantico dei cantici: “Io sono malata d’amore” (Ct 5,8). E di nuovo dice: “l’anima mia è venuta meno” (Ct 2,5). “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui.
“Gesù le disse: Maria!” (Gv 20,16). Dopo averla chiamata con l’appellativo generico del genere, senza essere riconosciuto, la chiama per nome; come se volesse dire: “Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale.” Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito grida: “Rabbunì”, cioè “Maestro”: era lui che ella cercava all’esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca.

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