Pietro e Gesù. Commenti patristici a Gv 21, 15-19

Sant’Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento al vangelo di San Giovanni, 123, 5 (Nuova biblioteca agostiniana)

«Pasci le mie pecorelle»

Il Signore domanda a Pietro se gli vuole bene – ciò che già sapeva ; gli domanda, non una sola volta, ma una seconda e una terza ; e altrettante volte niente altro gli affida che il compito di pascere le sue pecore. Così alla sua triplice negazione corrisponde la triplice confessione d'amore, in modo che la sua lingua non abbia a servire all'amore meno di quanto ha servito al timore, e in modo che la testimonianza della sua voce non sia meno esplicita di fronte alla vita, di quanto lo fu di fronte alla minaccia della morte. Sia dunque impegno di amore pascere il gregge del Signore, come fu indice di timore negare il pastore.

Coloro che pascono le pecore di Cristo con l'intenzione di volerle legare a sé, non a Cristo, dimostrano di amare se stessi, non Cristo, spinti come sono dalla cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dalla carità che ispira l'obbedienza, il desiderio di aiutare e di piacere a Dio. Contro costoro, ai quali l'Apostolo rimprovera, gemendo, di cercare i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo (cf. Fil 2, 21), si leva forte e insistente la voce di Cristo. Che altro è dire: “Mi ami tu? Pasci le mie pecore”, se non dire: Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio dominio, non il tuo; il mio guadagno e non il tuo… Non siamo dunque amanti di noi stessi, ma amiamo il Signore. Nel pascere le sue pecore, cerchiamo il guadagno del Signore senza preoccuparci del nostro.


Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Disorso Guelferbytanus 16, 1; PLS 2, 579 


« Signore tu sai tutto ; tu sai che ti voglio bene »


Il Signore, dopo la sua risurrezione, si presenta di nuovo ai suoi discepoli. Interroga l'apostolo Pietro, costringe a confessare il suo amore, colui che, dalla paura, lo aveva rinnegato tre volte. Cristo è risuscitato secondo la carne, e Pietro secondo lo spirito. Così come Cristo è morto soffrendo, Pietro è morto rinnegando. Il Signore Cristo, essendo risuscitato dai morti, ha risuscitato Pietro grazie all'amore che egli nutriva per lui. Ha interrogato l'amore di colui che ora lo confessava, e ha affidato a lui il suo gregge.

Quale vantaggio procura a Cristo il fatto che Pietro lo ami ? Se Cristo ti ama, il profitto è per te, non per Cristo. Se tu ami Cristo, il profitto è ancora per te, non per lui. Tuttavia, il Signore volendo mostrarci come occorra che gli uomini gli diano una prova del loro amore, ce lo rivela chiaramente : amando le sue pecore.

« Simone di Giovanni, mi vuoi bene ? – ti voglio bene. – Pasci le mie pecorelle. » E questo una volta, due volte, tre volte. Pietro non dice altro che il suo amore. Il Signore non gli chiede altro che il suo amore ; non gli affida altro che le sue pecore. Amiamoci dunque gli uni gli altri, e ameremo Cristo.








S. Agostino

Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C’è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell’Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l’Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall’astuzia del diavolo. Temo – dice – che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall’amore sincero e casto verso Cristo (2 Cor 11, 2-3). Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo. L’ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione. Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c’è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine. II Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell’uomo. II seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Sal 18, 6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze. ...
Che il Signore abbia accettato l’invito e sia andato a nozze, a parte ogni significato mistico, è una conferma che egli è l’autore delle nozze. ... E non si può dire che siano prive di nozze quelle donne che consacrano a Dio la loro verginità, esse che occupano nella Chiesa un grado più elevato di onore e di santità; poiché anch’esse partecipano insieme con tutta la Chiesa di quelle nozze nelle quali lo sposo è Cristo. Il Signore, dunque, accettò l’invito alle nozze, per consolidare la castità coniugale, e rivelare il mistero dell’unione nuziale. Lo sposo delle nozze di Cana, infatti, cui fu detto: Hai conservato il buon vino fino ad ora, rappresentava la persona del Signore. Cristo, infatti, aveva conservato fino a quel momento il buon vino, cioè il suo Vangelo.
E così cominciamo a scoprire i significati reconditi, secondo quanto ci concede colui nel cui nome ci siamo impegnati con voi. La profezia è esistita fin dai primordi, e ogni tempo ha avuto le sue profezie; ma finché in esse non si riusciva a vedere Cristo, erano come acqua. In un certo senso, infatti, il vino è nascosto nell’acqua. L’Apostolo c’insegna che cosa dobbiamo intendere in questa acqua: Fino al giorno d’oggi, quando si legge Mosè, rimane come un velo sopra il loro cuore; e non vien tolto, perché solo il Cristo può farlo sparire. Solo quando ci si convertirà al Signore, il velo cadrà (2 Cor 3, 15-16). Il velo è l’oscurità che avvolge la profezia, sì che questa rimane inintelligibile. II velo è tolto quando ti converti al Signore: quando ti converti al Signore è tolta l’insipienza, e ciò che era acqua, per te diventa vino. Cosa c’è di più insipido, di più insignificante di tutti i libri profetici, se li leggi senza scoprire in essi il Cristo? Ma se vi scopri il Cristo, non solo acquista sapore ciò che leggi, ma addirittura ti inebria, ed elevando la tua anima ben al di sopra del corpo, ti farà dimenticare ciò che ti sta dietro, per farti protendere verso ciò che ti sta davanti.

(Dai Trattati su Giovanni 8, 4. 9, 2-3)



S. Beda il Venerabile

Perciò il Signore per la gioia delle nozze non ha voluto fare vino dal nulla, ma dopo aver comandato che si riempissero di acqua sei vasi, mirabilmente l’ha trasformata in vino, in quanto egli ha fatto dono alle sei età del mondo dell’abbondanza della sapienza, che dà la salvezza, e poi venendo in terra, l’ha arricchita di un significato più alto: quelle verità che gli uomini carnali intendevano solo secondo la carne, egli ha rivelato che erano da intendersi secondo lo spirito. Volete sentire, fratelli, come ha trasformato l’acqua in vino? Dopo la risurrezione è apparso ai due discepoli, che camminavano per la via e andava con loro e, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, interpretava loro ciò che in tutte le Scritture era scritto su di lui. Volete ora sentire in che modo i due furono inebriati da questo vino? Dopo aver conosciuto chi era colui che porgeva loro la parola di vita, dicevano tra loro: Non ci sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi, mentre ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture? (Lc 24, 32).
Gesù ordinò loro: Riempite di acqua le idrie. E le riempirono fino all’orlo. Chi sono i ministri, cui si comanda di far questo, se non i discepoli di Cristo, che hanno riempito le idrie di acqua? Non nel senso che essi abbiano fornito le passate età del mondo degli scritti legali e profetici, ma perché hanno sapientemente compreso ed esattamente spiegato che la Scrittura tramandata dai profeti era salutare per attingere la sapienza celeste e utile per la correzione del modo di vita. Riempirono le idrie fino all’orlo, poiché compresero che non c’era stata nessuna età priva di maestri, che avevano svelato ai mortali la via della vita con le parole, con gli esempi e anche con gli scritti. ...
Gesù fece questo primo dei suoi miracoli in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria. Manifestò con questo miracolo che era re della gloria e sposo della Chiesa egli che, venuto alle nozze come uomo comune, come Signore del cielo e della terra trasformava a suo piacimento gli elementi. E con suggestiva correlazione colui che aveva mutato l’acqua in vino come primo dei miracoli che da mortale avrebbe mostrato ai mortali, egli stesso come primo dei miracoli che, ormai immortale in virtù della risurrezione avrebbe mostrato a quanti avrebbero desiderato solo la vita immortale, ha imbevuto la loro mente carnale, e per così dire insipida, della scienza divina. Infatti dapprima, mentre stava in terra svelò loro col dono del suo Spirito il senso per comprendere la Scrittura e dopo, inviato dal cielo quello stesso Spirito infuse nei loro cuori più grande fragranza di amore divino e di sapienza spirituale, dando inoltre la conoscenza di tutte le lingue, per poter diffondere in tutto il mondo la grazia della vita che avevano ricevuto. Perciò, fratelli carissimi, amiamo con tutto il cuore queste nozze di Cristo e della Chiesa, che allora erano prefigurate in una sola città e ora sono celebrate in tutto il mondo; uniamoci con indefessa intenzione di buone opere al loro gaudio celeste. Dato che, grazie alla fede, siamo venuti a queste nozze, celebriamole con la pura veste dell’amore e laviamo scrupolosamente le macchie delle nostre azioni e dei nostri pensieri prima del giudizio finale, perché non avvenga che il re, che ha fatto queste nozze per suo figlio, vedendo che non abbiamo la veste nuziale dell’amore, ci scacci e ci respinga nelle tenebre esteriori, legati con mani e piedi, cioè preclusi dalla possibilità di agire bene (cfr. Mt 22, 11-13). Purifichiamo con la fede i capaci recipienti dei nostri cuori secondo la purificazione che danno i precetti celesti e riempiamoli con l’acqua della scienza che salva, attendendo con più zelo alla lettura dei sacri testi. Preghiamo il Signore che quella grazia della scienza che ci ha dato, non ci gonfi di superbia, e invece ci riscaldi col fervore del suo amore e ci volga a cercare e sapere solo le cose del cielo perché, inebriati nello spirito, possiamo cantare col profeta: Ci hai dato da bere il vino di compunzione (Sal 59, 5). Così anche a noi, se avremo bene progredito, ora in parte, per quanto ne siamo capaci, e in futuro in modo perfetto, Gesù manifesti la sua gloria, nella quale vive e regna col Padre nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.


S. Bruno di Segni

Uscirono e salirono sulla barca e in quella notte non presero nulla. Perché nella notte avevano faticato per niente e Gesù non era ancora venuto da loro, perché erano venuti a pescare per sé e non mandati da un altro. Stavano ancora a significare quelli che vengono a predicare e a reggere la Chiesa non dietro regolare mandato, ma di proprio arbitrio. I pesci di Dio li fuggono e rifiutano di entrare nelle loro reti e di ascoltare le loro predicazioni.
Fattasi ormai mattina, Gesù si presentò sulla riva ma i discepoli non si accorsero che era Gesù. Ecco che cominciano ad indicare qualcosa d’altro: non lavorano più nella notte, vengono incontro al giorno e vedono Gesù. Disse loro Gesù: Figli, non avete qualcosa da mangiare? Gli risposero: No. Disse allora Gesù: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. Come se dicesse: Io quella volta non vi ho mandato, avete lavorato a sinistra, non avete preso nulla. Ora dunque gettate la rete a destra, faticate secondo il mio comando, predicate la mia dottrina: non sappia la vostra sinistra quel che fa la vostra destra e troverete. Pescare a destra significa predicare con sincero affetto e cuore puro la vera e cattolica dottrina. I pescatori sono gli apostoli, predicatori e dottori; le reti invece sono i vangeli e in genere ogni scritto divinamente ispirato. Per pesci si intendono i fedeli tutti. Tali pesci nuotano nel fiume del Battesimo, sono catturati dalle reti del Vangelo e dall’amore per la fede.
La gettarono dunque e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. O grande miracolo! Pur lavorando tutta la notte non avevano preso nulla ed ecco che al comando del Signore subito accorre una tal moltitudine di pesci! ...
Visto il miracolo, quel discepolo che Gesù amava, disse a Pietro: È il Signore! Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si cinse la tunica, poiché era spogliato; e si gettò in mare. Ovunque Pietro è trovato di fede più fervente e di più forte amore. Gli altri discepoli vennero con la barca; infatti non erano lontani da terra. Che cosa intendiamo per terra se non la terra dei viventi? Da essa non erano lontani, poiché sciolti dai legami del corpo, vi sarebbero giunti presto.
Traendo quasi per duecento cubiti le reti piene di pesci. Il numero di cento è già perfetto ed inoltre è duplicato quando è adempiuto con la parola e l’operaI maestri della fede traggono allora la rete piena di pesci per duecento cubiti quando con la parola e con l’opera attirano dietro di sé alla vita eterna quelli che ascoltano.
Appena scesi a terra videro un fuoco di brace e del pesce sopra e del pane. Di questo cibo si ristorano i pescatori e i predicatori di Cristo e riprendono forza quando ritornano stanchi dal loro operare. Vedono il fuoco di brace, il pesce sopra e il pane ogni volta che si ricordano della passione e della predicazione di Cristo e allora si dimenticano della fatica, della stanchezza e di tutte le loro tribolazioni. E che cosa è il pesce arrostito sulla brace se non il Cristo nella passione della croce? E che cosa è il pane, se non la predicazione evangelica, con la quale il Signore era solito ristorare i suoi discepoli dicendo: Non temete quelli che vogliono uccidere il corpo, ma non possono uccidere l’anima (Mt 10, 28)? Da queste parole i discepoli sono rinvigoriti, da queste parole sono animati e saziati e sono incitati a riprendere la loro fatica.
Dice loro il Signore: Portate qui dei pesci presi or ora. Incessantemente gli apostoli e i maestri portano pesci al Signore: sempre con l’esempio e la dottrina portano a lui l’anima dei fedeli. Perciò viene detto anche: Salì Simon Pietro e trasse a terra la rete piena di grossi pesci, centocinquantatré, e pur essendo tanti la rete non si spezzò.Erano pesci buoni quelli per cui la rete non si spezzava. Sono pesci cattivi quelli per cui la rete dei vangeli ogni giorno si spezza, gli eretici e gli scismatici. E per i centocinquantatré che cosa intendiamo se non tutti i battezzati e i fedeli? ...
Gesù disse loro. Venite a mangiare! E nessuno dei discepoli osava domandargli: Chi sei? sapendo bene che era il Signore. E venne Gesù e prese il pane e lo diede loro e così pure il pesce. Ogni giorno il Signore ci invita al suo pranzo; ogni giorno ci offre il suo cibo evangelico e le delizie del suo Corpo e del suo Sangue. Finché noi leggiamo questi Vangeli ci ritempra in terra con il cibo del suo pane. Ci offre anche il pesce arrostito, perché qui troviamo in qual modo abbia patito. E non possono trarre bene a terra le reti quelli che non si ristorano con assiduità con questo cibo.
Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli dopo essere risorto dai morti. Qui parla di quelle manifestazioni che si sono verificate a molti o a tutti insieme riuniti.
Dopo che ebbero mangiato, dice Gesù a Simon Pietro: Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Gli risponde: Certo Signore, tu sai che ti amo. Il Signore chiede a Pietro se lo ama, a lui che sempre vedeva distinguersi per un più forte sentimento di amore nei suoi confronti. Così, poco prima, quando gli altri erano andati da lui con la barca, lui non aveva potuto aspettare la lentezza della barca, ma sotto l’impulso dell’amore immenso, si era gettato nel mare per poter arrivare prima al Signore.Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro, tu che dimostri verso di me un affetto più grande del loro? Gli risponde: Sì, Signore, tu sai che ti amo. Sì, Signore, ti amo e tu sai che ti amo. Tu sai quanto ti voglio bene. Io invece non so se ti amo più degli altri.
Gli dice: Pasci i miei agnelli! Il Signore non vuole affidare ad un altro i suoi, se non a chi ama, egli che li ha tanto amati da degnarsi di dare se stesso per loro. Prima interroga il pastore della Chiesa, per sapere se lo ama, poi gli affida i suoi agnelli da pascere. Gli dice di nuovo: Simone di Giovanni, mi ami? Gli risponde: Sì, Signore, tu sai che ti amo. Gli dice: Pasci i miei agnelli. Gli dice per la terza volta: Simone di Giovanni, mi ami? Allora Pietro, rattristato, e temendosi sospettato dal Signore, risponde dicendo: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo. Gli dice: pasci le mie pecorelle. Prima gli affida gli agnelli, poi le pecore perché lo costituisce non solo pastore, ma pastore dei pastori. Dunque Pietro pasce gli agnelli, pasce anche le pecore; pasce i figli e pasce anche le madri: regge i sudditi e regge i capi. È pastore di tutti perché, oltre ad agnelli e pecore, nella Chiesa di Dio non c’è nulla d’altro, niente, dico, che il Signore abbia affidato ai suoi pastori.
Ecco, Pietro che per tre volte aveva rinnegato, per tre volte risponde affermando di amare il Signore: affinché l’amore distrugga la colpa, l’affetto tolga l’offesa. E gli dice ancora Gesù: Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. Cosa questo significhi, lo dice lo stesso Evangelista: Questo gli disse per significare con quale morte avrebbe glorificato Dio. Infatti il beato Pietro, confitto alla croce, e su di essa stendendo le mani, fu da altri cinto e legato. Giustamente poi, dopo che per tre volte aveva risposto di amare il Signore, il Signore gli annuncia la morte con cui, in modo apertissimo, ha dimostrato quanto lo amasse davvero. Per cui anche si aggiunge: Gli dice: Seguimi! Se mi ami, seguimi, vieni dietro a me, imitami, così che come io sono morto per te così tu morirai per me.

(dal Commento a Giovanni, III, 55-56)


S.
 Agostino

Voi ricordate che l’apostolo Pietro, il primo di tutti gli Apostoli, si turbò nella passione del Signore. Da sé si turbò, ma fu rinnovato da Cristo. Un primo tempo fu infatti un audace presuntuoso, ma poi divenne un timido rinnegatore. Aveva promesso che sarebbe morto per il Signore, mentre sarebbe morto prima, per lui, il Signore. Perciò quando diceva: Sarò con te fino alla morte (Lc 22, 23); e Darò la mia vita per te gli replicò il Signore: Darai la tua vita per me ? In verità, ti dico: Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte (Gv 13, 37-38). Si giunse al momento e poiché Cristo era Dio, Pietro, invece, un uomo, si compì la Scrittura: Io ho detto nel mio sgomento: Ogni uomo è mentitore (Sal 115, 11). Dice l’Apostolo: Poiché Dio è verace, ogni uomo invero è mentitore (Rm 3, 4). Verace Cristo mentitore Pietro.
E che? Proprio a lui si rivolge il Signore, come avete ascoltato durante la lettura del Vangelo, e gli domanda: Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Quello risponde dicendo: Sì; certamente, tu sai che ti amo. E il Signore glielo chiede di nuovo e gli ripete la domanda una terza volta. Ed a lui che rispondeva di amare, affidò il gregge. Infatti, ogni volta, a Pietro che asseriva: Ti amo, il Signore Gesù assegnava: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Nel solo Pietro era figurata l’unità di tutti i pastori, ma dei buoni, di quelli che sanno pascere le pecore di Cristo non per sé, ma per Cristo. In questo momento Pietro era forse mentitore, oppure mentiva nel rispondere al Signore che lo amava? La sua risposta era pienamente sincera: infatti rispondeva ciò che scopriva nel suo cuore. Quando poi aveva detto:Darò la mia vita per te, volle presumere delle sue future capacità. Ma ogni uomo forse conosce quale egli è oggi che parla; chi conosce di sé quale sarà domani? Perciò Pietro volgeva gli occhi all’interno del suo cuore quando veniva interrogato dal Signore e, fidandosi, rispondeva quanto vedeva dentro: Sì; certamente, Signore, tu sai che ti amo. Tu conosci quello che ti dico: vedi anche tu ciò che io vedo nel mio cuore. Non ardì tuttavia rispondere a tutto ciò che il Signore aveva domandato. Il Signore infatti non aveva detto semplicemente: Mi ami, ma aveva aggiunto: Mi ami più di costoro? Cioè: Mi ami più di quanto mi amano costoro? Si riferiva agli altri discepoli; quello poté dire solo: Ti amo, non osò ammettere: più di costoro. Non volle essere di nuovo mentitore. Gli era bastato dare testimonianza al proprio cuore: non dovette essere giudice del cuore altrui.
Verace, dunque, Pietro, o piuttosto, verace Cristo in Pietro? Ma il Signore Gesù Cristo, quando volle, lasciò Pietro a se stesso e Pietro si scoprì uomo; quando poi al Signore Gesù Cristo piacque, ispirò Pietro e si constatò che Pietro era verace. La pietra aveva reso verace Pietro; la pietra era Cristo infatti. E di che lo fece avvertito quando per la terza volta il Signore a Pietro affidò le sue pecorelle? Gli fece prevedere la sua passione: Quando eri più giovane - disse - ti cingevi da solo, e andavi dove volevi: ma quando sarai vecchio, tenderai le mani e un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi. L’Evangelista ci ha spiegato il senso delle parole di Cristo. Ma gli diceva questo - dice - per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio: che doveva essere crocifisso per Cristo; questo vuol dire infatti: tenderai le tue mani. Dov’è il rinnegatore? Dette queste cose, il Signore aggiunse: Seguimi. Non così come prima, quando chiamò i discepoli. Infatti anche in quel caso disse: Seguimi, ma allora era per la formazione, ora per la corona. Forse che non ebbe timore di essere ucciso quando rinnegò Cristo? Ebbe timore di patire ciò che Cristo soffrì. Ma ora non c’era da temere. Vedeva vivente nella carne colui che aveva veduto appeso al legno. Risorgendo, Cristo fece sparire il timore della morte e, poiché aveva tolto il timore della morte, a ragione interpellava l’amore di Pietro. Il timore aveva rinnegato tre volte, tre volte confessò l’amore. Triplice rinnegamento: l’abbandono della verità; triplice confessione: la testimonianza dell’amore.

(dal Discorso 147)

Tutte le cose che al presente si leggono nel santo Vangelo sono fatti e detti del tempo dopo la risurrezione. Perciò abbiamo ascoltato il Signore Gesù Cristo che interrogava l’apostolo Pietro, chiedendogli se l’amasse. Così il Signore interrogava il servo, il Maestro il discepolo, il Creatore l’uomo, il Redentore il redento, l’Immutabilità l’esitante, il Presago l’ignaro; e, quando egli mostrava il bisogno di sapere, allora si rivelava maestro. Infatti non è che Cristo poteva ignorare che cosa Pietro portasse nel cuore. Interroga una volta, quello risponde. Non basta, interroga di nuovo, e non su altro, ma su ciò che aveva domandato: anche quello ripete la stessa risposta. La domanda è ripetuta per la terza volta, per la terza volta risponde l’amore. Infatti quello che tre volte aveva negato per timore, tre volte è interrogato per amore. Quando il Signore doveva morire, ebbe timore, si sgomentò e negò; ma risorgendo, il Signore gli infuse l’amore, dissipò il timore. In realtà chi doveva temere ormai Pietro? Infatti quando negò, proprio per questo negò, perché ebbe paura di morire; una volta risorto il Signore, nel quale constatava che era morta la morte, che doveva temere? Davvero vivo, proprio quello stesso che rivolgeva la domanda, colui che, morto era stato sepolto; era presente colui che era stato sospeso sulla croce. Quando il Signore nostro Gesù Cristo era stato condannato dai Giudei allora Pietro, interrogato - quel che è peggio da una donna e, particolare assai indecoroso, da una serva - ebbe timore e negò; davanti ad una serva ebbe paura, alla presenza del Signore fu padrone di sé. Ma a chi confessava il suo amore una volta, e una seconda, e una terza, affidò le sue pecore. Mi ami? domandò. Signore, tu sai che ti amo. Ed egli: Pasci i miei agnelli. Questo una prima volta, questo una seconda, questo una terza; come se Pietro non avesse avuto altro modo di dimostrare il suo amore per Cristo, che con l’essere pastore fedele sotto il Principe di tutti i pastori. Mi ami? Ti amo. E quale sarà la tua corrispondenza amandomi? Che offrirai tu, uomo, a me tuo Creatore? Che prova darai del tuo amore, tu, riscattato, al tuo Redentore, tu che al più sei soldato, al tuo Re? Che darai? Esigo questo solo: Pasci le mie pecore.

(Dal Discorso 147/A, 1)



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