Giovedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario. Commento completo e approfondimenti






La risposta immediata di Pietro è come un lampo nella notte: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". La fede che emerge da queste parole non è il frutto di una speculazione, non c'entrano "carne e sangue". Fosse per queste, in Gesù Pietro non avrebbe potuto che vedere, come gli altri, "qualcuno dei profeti". Davanti a Gesù non basta il "pensiero secondo gli uomini", per quanto sottile e intelligente: a Dio, infatti, "è piaciuto nascondere queste cose ai sapienti e agli intelligenti" per "rivelarle ai piccoli". Pietro, nel momento che, a nome della Chiesa intera, professa il fondamento della fede, è il più piccolo tra i piccoli suoi fratelli; per questo, e solo per questo, ne è divenuto il primo, vertice insostituibile di comunione. 

Non si tratta di un pio esercizio di umiltà, nulla nel Vangelo ce lo lascia intuire. Si tratta piuttosto di un'elezione, un mistero che ha colto Pietro gratuitamente, vergando la sua carne povera e debole con un sigillo celeste. Il peso e la gloria del primo tra gli apostoli, come quelle dei suoi successori, nascono da questo segno divino impresso nel suo cuore e nella sua mente. Dovrà lottare Pietro, ogni giorno, per tenere a bada "carne e sangue". Dovrà obbedire a Cristo che, per proteggere la Verità in un mondo di menzogne, continuerà a ripetergli, nel corso dei secoli, "Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!".

E' il paradosso con il quale Dio ha scelto di rivelarsi al mondo per salvarlo: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio" (1 Cor. 1,27-29). Dio ha scelto Pietro e ha scelto te e me per far risplendere sulla terra il regno dei cieli, per mostrare a tutti la volontà di amore del Padre, compiendola nella Chiesa pellegrina sulla terra come è compiuta in Cielo. Gente piccola, incoerente e debole, spesso aggrappata ai pensieri mondani che cercano di intrappolare Cristo perché non muoia, perché faccia il re come "carne e sangue" esigono: estirpando l'egoismo e l'avarizia dal condominio, sanando la malattia di nostro padre, proteggendo il lavoro, limando il carattere di nostra moglie, rendendo docile nostra figlia: "Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell'Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest'unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole" (Gilbert Keith Chesterton, Eretici).

Ma ben altra è la volontà di Dio, perché di tutt'altra natura è il suo regno: per entrarvi e gustarne le delizie occorre andare "dietro" a Gesù, lasciandoci correggere quando, correndogli avanti per deviare il suo cammino, diventiamo per Lui pietra di inciampo; occorre accogliere l'amore folle di Gesù: "Pietro diceva a Cristo: "Non voglio che tu muoia", ma meglio diceva Cristo: "Io voglio morire per te" (S. Agostino). Occorre seguire Gesù sul cammino dell'amore autentico, che si lascia rifiutare, oltraggiare, uccidere. Occorre entrare con Lui attraverso la porta stretta che si apre dinanzi a noi ogni giorno. E' necessario lasciarci crocifiggere con Lui per entrare nel suo regno.

Per questo Gesù "consegna" a Pietro "le chiavi" del Cielo, la Croce sulla quale anche lui sarà inchiodato. Le "chiavi" designano l'autorità: i genitori saggi, infatti, attendono molto prima di affidare ai figli quelle di casa... Un tempo esse erano molto grandi, per questo venivano portate sulle spalle, come incontriamo anche nella Scrittura. La Croce è la "chiave" con la quale il Signore ha aperto il Cielo e chiuso l'inferno per tutti quelli che lo accolgono; l'ha portata sulle sue spalle, ne ha sentito tutto il peso e la responsabilità mentre i chiodi ne trapassavano le carni e lo univano ad essa. Così ha consegnato a Pietro le "chiavi" del Regno, chiamandolo ad essere crocifisso con Lui, a portare con Lui il giogo leggero e soave sulle spalle, per imparare umiltà e mitezza con le quali "sciogliere" gli uomini dalla schiavitù al mondo, alla carne e al demonio, e "legarli" così a Cristo in un'alleanza incorruttibile che li faccia figli del Padre celeste. 

Non v'è ministero più grande che salvare le anime, strapparle alla menzogna per consegnarle alla verità. Per compierlo occorre essere deboli, stolti, ignobili e disprezzati nel mondo, tanto piccoli da non contare e valere nulla, crocifissi come l'ultimo dei peccatori. Anche in famiglia, davanti al coniuge e ai figli, anche se il pensiero del mondo ci dice tutto il contrario. Per "sciogliere" e "legare" è necessario innanzi tutto, essere personalmente "sciolti" dall'orgoglio e "legati" alla verità che è umiltà. 

Non si può combattere contro il drago che seduce tutta la terra con le sue stesse armi. Non così ha fatto Gesù. Per vincere contro l'arroganza e l'orgoglio della bestia, per strappare gli uomini dal suo potere, non c'è altro cammino che quello che conduce a Gerusalemme, ogni giorno, ogni istante; Gesù lo ha "spiegato" ai suoi intimi subito dopo aver consegnato a Pietro le chiavi del regno, rivelando l'unico programma vincente per la Chiesa: il corpo di Cristo "deve andare a Gerusalemme, e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno". Come Isacco sull'erta del Moria e come il Signore sulla via del Calvario, anche Pietro dovrà essere "legato" alla Croce per essere "sciolto" dalla morte: "In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tua mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv. 21,18). 

Il mondo ha bisogno di una Pietra come questa, capace di andare dove la sua carne non vorrebbe; solo su questa, infatti, può essere infranto il potere del male che spinge a fare quello che la carne desidera, sino a distruggersi. Non sarà la giustizia umana, neanche quando riesce a mettere in carcere i colpevoli dei delitti più atroci. Nessun padre che abbia visto in prigione o morire sulla sedia elettrica gli assassini di suo figlio ha così ritrovato la pace. I nostri figli hanno bisogno di una Roccia che spenga l'ardore della menzogna che li spinge a seguire le sirene del mondo; il marito ha bisogno di uno scoglio su cui abbattere i marosi dell'egoismo e così potersi donare a sua moglie. 

Ciascuno di noi ha bisogno di una Pietra su cui fondare l'esistenza, capace di distruggere la forza imperiosa delle onde malvagie che visitano con insistenza le nostre menti e i nostri cuori. Non possiamo fare a meno della Roccia che ci annunci la Verità dell'amore di Dio: senza le "chiavi" capaci di "sciogliere" e "legare" gli eventi alla luce della Scrittura resteremo ciechi e stolti mentre infuria lo tsunami delle passioni, e il mare della morte ci ghermisce schiumando giudizi, invidie, gelosie, rancori e quell'invincibile senso di giustizia che avvelena ogni rapporto. Solo il discernimento impedisce alle "potenze degli inferi" di "prevalere sulla Chiesa", sulla vita dei suoi figli.

Secondo il fine esegeta F. Manns, sullo sfondo del Vangelo di oggi vi è un brano del Midrash Tannaim che commenta il passo di Deuteronomio 33,5; in entrambi si ricorda il dono della Legge: "il problema che preoccupa l'autore del midrash è quello dell'autorità che ha il diritto di interpretare la Legge e di dedurne la halakah, cioè l'interpretazione giuridica. Quando il principe raduna gli anziani per deliberare sull'halakah, allora il regno dei cieli si realizza in essi in alto... Anzi, il regno è una realtà interiore che si realizza in essi, che, riuniti intorno al principe, hanno la "chiave" della scienza, ma anche la "chiave" del regno, poiché da essi dipende la realizzazione attuale del Regno dei Cieli... L'espressione legare-sciogliere significa innanzitutto il potere di interpretare la Scrittura, e di derivarne i comportamenti da indicare al popolo. Ora, questo potere di fissare la Halakah viene dato a Pietro, la roccia, che riunisce i presbiteri" (F. Manns, Gesù Figlio di Davide). 

Abbiamo, dunque, bisogno della Roccia che ci aiuti a discernere gli eventi, per non restarne ciecamente irretiti; solo gli orgogliosi e gli stolti presumono di capire tutto da sé e non ricorrono alla Chiesa, Madre e Maestra. Ma noi sappiamo di aver bisogno di Pietro e della Chiesa perché ci illuminino con la Parola di Dio e il Magistero il cammino che ci fa giungere alla "misura della pienezza di Cristo, cui siamo chiamati ad arrivare per essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità... “sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…”. Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo... "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo" (Benedetto XVI, Omelia nella Missa pro eligendo romano pontifice, 18 aprile 2005) . 

Per questo abbiamo bisogno di uno come Pietro che, come noi, abbia sperimentato la sua debolezza, e che in questa si sia sentito afferrare forte dal Signore e "sciolto" dal potere del mare e, issato di nuovo sulla barca, "legato" per sempre al suo amore. Uno che abbia ceduto come noi all'inganno di guardare con superbia a se stesso e si sia sentito perduto: e che, mentre affogava, sia stato salvato per pura misericordia. Per questo Pietro è il primo tra gli apostoli e può confermare nella fede i suoi fratelli: è uscito come ciascuno di loro e di noi dalla barca, ha sperimentato l'esito amaro del "pensare secondo gli uomini", ha tradito per salvare "carne e sangue". Ma proprio nella debolezza e nel nulla di questi ha sperimentato l'amore celeste, ha conosciuto un perdono che né carne e né sangue possono rivelare, quello celato nel corpo crocifisso del Signore, che ha attraversato l’inferno e, risuscitando, ha vinto morte e peccato. Solo Pietro allora può annunciarci il perdono. Solo noi, nella sua stessa esperienza, potremo annunciare il perdono al nostro prossimo.

Non è un caso che il capitolo seguente quello di oggi, inizi con “sei giorni dopo …” introducendo così l’episodio della Trasfigurazione; con il riferimento alle "tende" o "capanne" che Pietro vuole issare, l'autore ci offre l'indizio per inquadrare l'episodio accaduto sul monte Tabor durante la festa delle capanne (sukkoth); essa seguiva proprio di "sei giorni" la festa dello Yom Kippur, o Giorno dell'espiazione, il grande giorno del perdono, l'unico dell'anno nel quale il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi del Tempio e vi pronunciava il nome di Dio: "Era dunque questa festa dell'Espiazione che era stata scelta da Gesù per fare la domanda sulla propria identità e ottenere da Simone la professione di fede. Era anche la data scelta per dare un nuovo nome a Simone e annunziargli il suo destino... Gesù desidera che venga pronunciato il nome divino nella nuova prospettiva in cui la liturgia dell'Antica Alleanza troverà il suo compimento. Quando Simone lo proclama Figlio del Dio vivente, risponde a questo desiderio. Pronuncia il nuovo nome divino... Senza saperlo, Simone svolge il ruolo del Sommo Sacerdote che, nella festa dell'Espiazione, proclamava il nome di Dio; lo fa esprimendo la sua fede nel Figlio di Dio, un Figlio che è Dio." (Ignace de La Potterie).  

Mentre nel Tempio il Sommo Sacerdote in carica Kaipha pronunciava il Nome dell'Altissimo, "nella regione di Cesarèa di Filippo", in pieno territorio pagano, Pietro - Keypha, il nuovo Sommo Sacerdote, annuncia il "Tu" di Colui che avrebbe perdonato ogni peccato, confessando la fede della Chiesa in Gesù di Nazaret, il Messia atteso, "il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Il suo Nome non è più pronunciato nel chiuso e nel segreto del Santo dei Santi, ma annunciato in mezzo alle strade, nelle "periferie" del mondo, laddove tu ed io siamo immersi, con una familiarità e una confidenza che ci trascina, in un istante, nel cuore stesso di Dio: "Tu" sei Dio, "Tu" mio fratello, e amico, e sposo. Da quel giorno Pietro e la Chiesa annunceranno la fede che vince il mondo in ogni suo centimetro quadrato, pronti a sporcarsi come Gesù alla ricerca di ogni pecora perduta. Così noi, chiamati a riconoscere l'amore di Dio nelle situazioni più difficili, laddove il peccato "lega" gli uomini al dolore e alla morte per "scioglierli" nella libertà dei figli di Dio.

"Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli": beato chi, come Pietro e con lui, proprio nell'esperienza della corruzione alla quale conducono la carne e il sangue ha gustato il Cielo, il regno eterno del Padre. La fede della Chiesa è questa certezza che la vita ha un destino celeste: la fede di Abramo, definito anche lui "Pietra" dalla Scrittura, che non resta orgogliosamente a guardare se stesso e alla sua carne morta, ma spera contro ogni speranza: "Ma quando Dio guardò verso Abramo, che doveva sorgere un giorno, disse: Vedete, ho trovato una "pietra" sulla quale costruirò il mondo. Chiamò Abramo roccia, come sta scritto in Isaia 5,1" (Midrash Yalqut Shim'oni, Nm 23,9); per questo la fede della Chiesa figlia di Abramo si fa Pietra di fondazione dell'esistenza: "Tu, dice dunque, sei Pietro e su questa pietra che tu hai riconosciuta pubblicamente, su questa pietra che tu hai riconosciuta come vera, io edificherò la mia Chiesa, cioè sopra me stesso, Figlio del Dio vivente, io edificherò la mia Chiesa. Edificherò te su di me, non me sopra di te" (S. Agostino, Discorso 76). 

Beati noi che siamo stati chiamati ad essere una pietra su cui ogni uomo possa posare i suoi dolori, le incertezze e i dubbi: beati noi che, nella fede e nell'annuncio del Vangelo, saremo calpestati perché il mondo sia salvato; beati noi che, come Pietro, siamo stati scelti per essere edificati e crescere su Gesù, e, per questo, in modo unico e irripetibile, ad incarnare nella nostra vita la fede che ci ha salvati: "non si può scindere la professione di fede dalla persona. Una confessione di fede esiste unicamente in quanto personalmente responsabilizzata" (J. Ratzinger, Chiesa, ecumenismo e potere). Beati noi perché in ogni circostanza, il potere infinito dell'amore di Dio risplendente  nella Gloria della sua risurrezione, ci terrà stretti alla sua Croce, chiave del regno di Dio: con Lui e in Lui, nella comunione della Chiesa unita a Pietro, sperimenteremo in tutto che "le potenze degli inferi non prevarranno su di essa", mentre il Vangelo del regno sarà annunciato a ogni uomo.



APPROFONDIMENTI







CONSIDERAZIONI DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE RIGUARDO GLI ATTI DEL SIMPOSIO SU IL PRIMATO DEL SUCCESSORE DI PIETRO NEL MISTERO DELLA CHIESA

Le ragioni di Pietro
















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