"Che ve ne pare?"





L'ANNUNCIO
"Che ve ne pare?". Chi lascerebbe il guadagno sicuro di novantanove pecore per andare a cercare un'unica pecora dispersa, senza alcuna certezza di trovarla, senza sapere se sia viva o morta, o sbranata dai lupi e così inutilizzabile per lana e carne? Chi metterebbe a repentaglio il successo assicurato, il valore acquisito, le certezze conquistate, i progetti avviati, per qualcosa di piccolo, probabilmente senza alcuna speranza di utile? Chi lascerebbe la parrocchia piena di fratelli avviati ad un pascolo tranquillo per un fratello traviato, l'unico, scappato, perduto, ostinato nei suoi peccati, cieco nei suoi inganni? Chi, facendo due lucidi calcoli, si sognerebbe di rischiare la vita per un'unica pecora, avendone messe al sicuro novantanove? Chi, dinanzi alla logica stringente di teologia ed esperienza, come dinanzi all'evidenza di anni scivolati senza concludere nulla di quanto creduto, sperato, sofferto, sarebbe disposto a ricominciare tutto da capo? Chi sarebbe disposto ad azzerare il contachilometri del cammino fallimentare nei confronti di una sola persona, dura, cocciuta, decisa a fare per conto suo, dimenticando le certezze accumulate con novantanove pecore obbedienti, semplici, secondo i canoni e gli schemi "santi , giusti e puri" della religione, della missione, della famiglia, della Chiesa? Chi è così libero da se stesso, dagli anni accumulati e dalle ragioni raccolte nella mente e nel cuore, da ripresentare, ogni giorno, dinanzi alle mille speranze frustrate, la propria vita, il proprio corpo, la propria mente ed il proprio cuore come un foglio completamente bianco, nell'assoluta certezza che Dio può stupire e compiere l'impossibile? Chi è così abbandonato a Dio e al suo cuore da credere che davvero per Lui mille anni sono come un giorno solo, e che ciò che non è accaduto in tanto tempo può compiersi in un istante? E, soprattutto, chi è così radicalmente folle da prendere i suoi pensieri, le ragioni, le esperienze, la mente e il cuore, di prete, di padre, di madre, di fratello, di sorella, e caricare il tutto di legna salendo il Moria dell'assurda immolazione all'illogica logica di Dio? Chi è così libero, e innocente, da rinunciare a tutto, per gettarsi nell'impresa di cercare e salvare quel rapporto perduto, quell'amico diventato nemico, quella pecora stolta? Chi può rinunciare alla propria vita al punto di accettare che Dio sconvolga decenni di certezze, di conclusioni cementate dall'esperienza, di arguzie e discernimenti "forgiati sul campo"? Chi? Solo Gesù Cristo! Egli è l'unico che ha nel cuore cento pecore, sempre. Anche quando una scappa, si perde, lo rifiuta, lo bestemmia, spezza l'Alleanza, lo tradisce, e distrugge la propria vita e dilapida la primogenitura e le Grazie ad essa legate. Gesù non cancella nessuno, non considera nessuno spacciato, sino alla fine. Per Lui è sua pecora anche la peggiore, la più ribelle; anche quella che lo umilia, e lo calunnia, e lo uccide... E' una sua pecora sempre, parte della sua eredità consegnatagli dal Padre: cento ne ha ricevute, cento vuole portare all'ovile eterno del Cielo. Per questo ha lasciato che calpestassero il suo onore, la propria volontà, gli schemi messianici nei quali era stato educato, il suo stesso essere Figlio di Dio, sino a terminare su una croce come il peggiore dei bestemmiatori. Ogni progetto, ogni logica, e che logica!, tutto è saltato, ed in Lui, Pastore buono gettato alla ricerca della pecora perduta, la peggiore e senza umana speranza, si è svelato il pensiero di Dio. Il pensiero di Dio su chi ci è vicino, e si è fatto il più lontano, l'amico che mangiava con noi e ci ha tradito, vendendoci per trenta stupide monete. Uno sguardo e un pensiero che non ci appartengono, contabili pii e saggi quali crediamo di essere, mentre ci stringiamo alle novantanove certezze e dimentichiamo nell'inferno quella pecora che Dio ci ha dato come un tesoro unico e prezioso da custodire e amare. Quell'unica pecora che ci è sfuggita, che non ha accolto il nostro amore, le nostre cure, parla al nostro cuore: è il Signore stesso che, in lei, ci chiama alla luce della verità. Forse gli sforzi che abbiamo profuso hanno dimenticato chi quella pecora fosse realmente, e abbiamo tentato di rinchiuderla nei nostri criteri. O forse no, forse è stata davvero così perversa da rigettare il nostro amore, da rifiutarci e tradirci. Il fatto è che ora manca all'appello. E fa parte di noi, dell'eredità che Dio ci ha dato nel momento stesso in cui ci ha pensato e chiamato all'esistenza. Non saremo noi stessi sino a che non l'avremo ritrovata, issata sulle spalle e ricondotta a DioChe il Signore ci conceda un desiderio ardente di ritrovare e amare quanti si sono allontanati, non importa per quale motivo. Che il nostro cuore sia dischiuso nella libertà senza limiti, nella speranza che supera ogni criterio, nell'amore struggente che, testardamente, non vuole che nessun piccolo sia perduto. Perchè la gioia autentica, il destino per il quale siamo nati, ci è dato come primizia nel ritrovare chi era perduto!  La gioia della misericordia! E' in essa che si fa presente il Paradiso, esattamente come ci dice oggi il Signore. Quanti fratelli mancano all'appello del nostro cuore! Siamo stati creati per entrare nella gioia di Dio, per esserne partecipi eternamente. Nessun'altra gioia può saziarci, perchè sino a che non sarà ricondotta l'unica pecora perduta non sarà mai gioia autentica e piena. C'è più gioia! E' questa, e solo questa, la gioia di Dio! La Chiesa, e tu ed io in essa, non saremo compiuti se non in questo surplus di gioia. Guardarsi e rimirarsi per i successi ottenuti, come per i fallimenti subiti, non è secondo il cuore di Dio. Lo zelo che arde di gelosia per la carne della propria carne dispersa e perduta non può non muovere, al di là di ogni progetto e piano pastorale o familiare, e sospingere sui sentieri impervi dei bassifondi della storia.Caritas Christi urget nos! Non è un vanto predicare il vangelo, è un dovere, un fuoco che Dio stesso ha acceso nel cuore della sua Chiesa. 






Nessun commento: