L'ANNUNCIO |
Il "tale" del Vangelo di oggi è immagine di quanti, nella storia, hanno bussato e bussano alle porte della Chiesa per diventare cristiani. Nel dialogo con Gesù affiora la memoria degli scrutini che i catecumeni affrontavano nel loro percorso di preparazione al battesimo. Questo giovane era giunto sino a Cristo, ma, nel racconto, resta senza nome; "un tale" appunto, perché solo chi riemerge dalle acque del battesimo riceve un nome nuovo, segno della nuova natura ricevuta. Essere cristiani, infatti, significa essere "salvati" dal peccato e dalla morte; è avere "vita eterna" dentro, la vita di Cristo risuscitato che si fa carne in opere che superano la natura umana, "impossibili all'uomo ma non presso Dio". Con questo "tale" siamo anche noi dinanzi a Gesù; lo stesso desiderio di essere cristiani, e, probabilmente, la stessa cecità sul proprio cuore. Un cristiano è di Cristo, non si appartiene perché ne è un testimone nel mondo, un martire; lo "segue" sulla via della Croce, pronto a donarsi senza riserve anche al nemico; assolve alla stessa sua missione, aprire il Cielo ai peccatori. Forse non lo abbiamo ancora capito, come il giovane che, alle parole di
Gesù se n’è "tornato triste" alla sua vita di sempre. Non aveva accolto l'amore
con il quale il Signore, "fissandolo, lo aveva amato". Quello "scrutinio" aveva graffiato l'orgoglio di cui era ancora schiavo. “Chiama buono” Gesù,
ma nel fondo non gli riconosce l'autorità riservata a Dio, il "solo buono". E' ancora del mondo, schiavo delle
ricchezze; immagine del proprio io superbo, esse gli impediscono di ascoltare, credere, e
seguire Gesù nel cammino verso la Pasqua. E' la nostra realtà. Preghiamo, andiamo a messa, facciamo volontariato
e frequentiamo il nostro gruppo, ci crediamo buonini, ma pensiamo ancora che i comandamenti ci limitino e sottraggano la felicità. Per questo, cominciando con l'elencare i comandamenti
da "non uccidere", è come se Gesù stesse nascondendo la prima
parte del Decalogo, che fonda e genera ogni comandamento, quel miracolo d'amore
che è stata la liberazione dall'angoscia della schiavitù in Egitto. Da questa
esperienza sorge l'amore a Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con
tutte le forze che si realizza attraverso i comandamenti; essi sono la luce che
traccia il cammino dell’uomo libero. Pensare
di compiere la Legge e diventare cristiani senza aver conosciuto l'amore di Dio, il perdono e la liberazione dai peccati è
pura illusione. Il nemico non lo si ama con gli sforzi. Quando Gesù scopre le carte e presenta al ricco
la perfezione, che nel linguaggio del Nuovo Testamento indica i
cristiani sine-glossa, il "tale" si spaventa e si rattrista, perché
si rende conto che, in realtà, non aveva compiuto nessun comandamento. Non era mai uscito dall'Egitto dove continuava
a fare mattoni, opere di buona fattura, ma impiegate per costruire una piramide
al faraone, immagine del demonio che soggioga il proprio io. Con amore Gesù accompagna il giovane ricco e ciascuno di noi
alle fonti e alle radici della nostra storia, laddove si annida l'inganno, per
svelarci di nuovo la verità: "Una sola cosa ti manca...", la sola cosa buona e necessaria, quella fondamentale che aveva scelto Maria
mettendosi in ascolto ai suoi piedi. In famiglia, al lavoro, in Chiesa, crediamo di avere le carte in regola e ci manca l'unica cosa davvero importante! E' uno shock: quel giovane sbatte
violentemente contro se stesso, e si scopre usurpatore, insediatosi nel posto
riservato a Dio. E' figlio di Adamo e si sta corrompendo nel peggiore dei modi, perché irretito
nell'illusione di voler compiere la volontà di Dio mentre il cuore è inceppato
sui desideri della carne. L'esito è la tristezza, la stessa che sperimentiamo
nel matrimonio, nel fidanzamento, nel lavoro, ovunque; "una sola cosa ci manca" per essere felici davvero, perché la gioia si
stabilisca nel nostro intimo senza evaporare. Ci manca essere cristiani, ciò per cui siamo nati e chiamati; ci manca amare sino a perdere la vita per ritrovarla senza fine. Per questo Gesù ci indica l'orma decisiva da seguire per essere "perfetti", senza mancare di nulla secondo il senso originale del termine: "vendere i
nostri beni per avere un tesoro in
Cielo", e vivere così da cristiani, liberi come Figli di Dio. Ci manca consegnarci a Lui, completamente. Gesù è concreto e per questo
ci dice che, per essere cristiano, è necessario "vendere quello
che abbiamo” e impedisce all'amore di prendere dimora in noi: che cosa abbiamo
oggi che, il solo pensare di darlo via, ci intristisce? Il denaro? Un oggetto? I
progetti? La nostra volontà? Ecco, oggi è il giorno buono per “venderli”, per
trafficarli e consegnarli a Cristo. Il denaro è la base su cui gli altri beni si fondano per impedirci di "seguire" Gesù. Cominciamo con lui. Ora, basta prendere e dar via,
appoggiati sulla Parola di Gesù, che ha il potere di compiere ciò che annuncia.
Noi non possiamo, anzi “è impossibile”. Non
importa! Proprio la nostra impotenza è pronta per accogliere la sua
onnipotenza, perché un cristiano autentico è chi sperimenta e testimonia che, nella debolezza, opera la potenza di Dio. Gesù è qui e ci fissa con amore infinito! Fissiamolo anche noi per sperimentare la gioia della fede che scaccia la
tristezza dell'idolatria.
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