Mercoledì della II settimana del Tempo Pasquale





L'ANNUNCIO
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. 
 (Dal Vangelo secondo Giovanni 3, 16-21)



"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna"




In mezzo a tante chiacchiere sulla moralità e la giustizia, il Vangelo di oggi ci inchioda tutti alla verità: le nostre opere "in chi" sono fatte? Scrive San Giacomo che la fede senza le opere è morta. Per dire che se non si esplicita in un agire concreto è una fede senza vita, ferma a uno stadio intellettuale o pseudo-mistico, ma priva del soffio dello Spirito. Nel Vangelo di Giovanni fede e opere quasi coincidono: l’opera per eccellenza, infatti, è credere. E’ l’opera "fatta in Dio", che spalanca le porte della vita alla luce. Credere è appoggiarsi, credere è rimanere nel SignoreTutto nel Vangelo di Giovanni conduce a una relazione di intimità con Gesù. Vedere è credere, e credere è essere uniti profondamente e indissolubilmente a Lui. Credere in Cristo coincide con l'essere in Lui. In Giovanni non v’è nulla di gnostico, intellettuale o ideale. Giovanni è concretissimo, nelle note storiche di cui si serve per il suo vangelo, come nel mostrare la relazione di Gesù con i suoi discepoli. Il discepolo amato appare come colui che riposa sul petto di Gesù, e ne percepisce i sentimenti più profondi sino ad identificarvisi. E credere significa anche vedere Gesù dove non lo si vede più nella carne, nei momenti bui dell’esistenza, dove neanche un briciolo di sentimento può consolare. Nella solitudine della notte, dove ragione e sentire non rispondono all’appello, camminare illuminati dalla sola fede, dall’intimità che supera ogni barriera, come una madre che ha il figlio in guerra e non sa se sia vivo oppure no, che non riceve lettere e notizie, ma che non per questo smette di amarlo, anzi, nella totale incertezza, nella precarietà che fagocita tutto, l’amore si moltiplica a dismisura rompendo gli argini del tempo e dello spazio. Questo amore è, per Giovanni, la fede. Esso sgorga dal cuore di Dio rivelato nel dono del suo unigenito Figlio. L’amore di Dio che cerca ogni uomo per attirarlo a sé attraverso la Croce innalzata di Gesù. Guardare Cristo crocifisso, fissare quell’amore trafitto dai miei peccati, restarne coinvolto perché Lui si è legato a me al punto di farsi peccato, di lasciarsi stritolare dalle conseguenze dei miei delitti; guardare Cristo crocifisso e vedere l’amore di Dio per me: questa è la fede. Credere che l’amore che ho sempre sperato è possibile, è ora qui davanti ai miei occhi. Ma che significa questo concretamente? Significa che Dio ci dona l'Unigenito suo Figlio nella persona che ci viene incontro, che è accanto a noi. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio" significa che Dio ti ha tanto amato da dare a te suo Figlio incarnato in ogni fratello, anche nel nemico. Anche nel marito insopportabile, anche nella moglie che non te ne fa passare una, anche nel figlio distratto e infantile anche nelle persone che ti rubano l'onore, che ti calunniano, che non ti accettano. Dio ti ama tanto da darti suo Figlio ogni istante, in ogni evento, in ogni persona. Credere questo significa non morire nelle relazioni, tra i tentacoli delle difficoltà, ma avere già oggi la vita eterna. Ma come posso credere questo se l'evidenza mi dice il contrario? se i peccati dell'altro mi stanno dinanzi e tutto sembra meno che Gesù Cristo, tutto mi fa pensare meno che all'amore di Dio? E' possibile solo per chi rinasce dall'alto, ovvero per chi ha sperimentato di essere stato guardato dall'alto, dagli occhi celesti e misericordiosi di Dio. La carne può solo giudicare secondo la carne, non c'è posto per la fede nel cuore e nella mente schiacciati sulla carne. Ma chi è rinato in Cristo, chi si è sentito amato così come è, chi ha accolto lo sguardo di Dio che cercava la sua opera in mezzo ai peccati, può incontrare e accogliere in chiunque il Figlio donato per amore. Credere è, dunque, lasciarmi amare e perdonare. Credere è smettere di discutere, giustificarmi, scappare nelle tenebre per contraffare le opere malvagie, alla ricerca di rifugi ipocriti e alienanti. Credere è abbandonare ogni pretesa di autosufficenza e autogiustificazione e lasciarmi giudicare dal "giudizio" di Dio, la "luce" che "viene nel mondo" per diffondere la sua misericordia. Credere è possibile solo dove l'amore consente alle persone di uscire allo scoperto senza timore, a "svelare le sue opere", proprio quelle "malvagie"; credere è possibile nella Chiesa che è il corpo di Cristo dove possiamo "venire alla luce" anche se le nostre azioni sono corrotte e incarcerate in una tomba, perché in essa si posa lo sguardo di Gesù che ci vede addormentati, mai morti. Nella Chiesa possiamo imparare a "preferire" la luce alle tenebre, consegnando le opere malvagie alla misericordia di Dio. Nella comunità possiamo "venire fuori" come Lazzaro dal sepolcro, chiamati da Gesù che è venuto per amarci e non per condannarci: "Proprio per la fede nell’amore sovrabbondante donatoci in Cristo Gesù, noi sappiamo che anche la più piccola forza di amore è più grande della massima forza distruttrice e può trasformare il mondo, e per questa stessa fede noi possiamo avere una "speranza affidabile", quella nella vita eterna e nella risurrezione della carne" (Benedetto XVI). Così, in chi crede tutto viene alla luce perché tutto risplende dall’interno come nelle icone orientali, di una luce nuova e celeste, quella della vita divina che ha preso possesso di lui. In una famiglia che ha fede nulla resta nascosto, vi è limpidezza e libertà nei rapporti, fiducia nell'opera di Dio in ciascuno. Una famiglia che ha fede è un luogo dove ciascuno può "venire alla luce" per quello che è, senza dover sempre scappare nella notte, per paura delle proprie opere. Dove si posa lo sguardo di Gesù un padre guarda oltre l'apparenza il proprio figlio, non lo giudica, ma ama in Lui Cristo, già all'opera per liberarlo dal peccato. "Venire alla luce" e operare la "verità" è il primo passo nella conversione: anche se ci sono crisi e scontri, liti e problemi, tutto viene estratto dal buio della menzogna per risplendere alla luce della Verità. Ciò significa che, anche se la carne continua a offrire i suoi parametri per guardare e giudicare l'altro, la luce della fede smaschera uno ad uno i loro limiti, ricollocando ciascuno nella Verità dell'amore. Gli errori e i peccati ci fanno male, ma non hanno più il potere di cancellare la speranza, perché la fede tiene sempre aperto lo spiraglio a una nuova possibilità, all'opera della Grazia che riconduce, piano piano, al compimento della volontà di Dio. Se abbiamo fede guardiamo agli altri cercando l'opera di Dio e non l'opera, fragile e corruttibile, dell'uomo. Questa è l'opera "fatta in Dio", che viene alla luce, e brilla più forte di ogni peccato. Non c'è più giudizio e condanna, ma solo amore gratuito, nei riguardi di ogni parola e gesto di chi ci è accanto! Anche quando ci facciamo del male, sì, anche allora, è celato il Figlio, è vivo Cristo che il Padre ci dona per essere accolto nella fede e sperimentare, in ogni evento, la Vita eterna, l'amore oltre la morte e il peccato. Che famiglie, che matrimoni, che fidanzamenti, che amicizie quando si cammina insieme nella Chiesa che ci gesta alla fede! Essa, infatti, trasfigura l’esistenza, e la rende un luogo dove oltrepassare la barriera del peccato; ovunque e con chiunque, come il "vento" che abbraccia tutto senza condizioni. Ma "chi non crede è già condannato" a cercare vita in cisterne screpolate e senz'acqua, obbligato a darsi sempre più piacere, a soddisfare parossisticamente esigenze vecchie e nuove, perché il male non sazia mai, affama sino a uccidere. Chi rifiuta Cristo è "già" nell'inferno e "rimane nelle tenebre" che lo allontanano da Dio e dal fratello. E’ vero che portiamo l’esperienza dell’incredulità: tante volte abbiamo preferito le tenebre dei nostri sotterfugi, dei nostri desideri, delle nostre concupiscenze, dei nostri progetti da portare a termine a tutti i costi, a costo di passare sulla vita di chi ci è accanto. E’ vero che abbiamo tanto giudicato e rifiutato l'altro, incapaci di riconoscervi il volto di Cristo. E' vero, abbiamo sperimentato tante volte la condanna di chi non crede: separazioni, divorzi, dolori, divisioni, lacerazioni e solitudine. Forse anche oggi siamo in una situazione di condanna, ma proprio per noi sono le parole del Vangelo, per noi è l’amore infinito di Dio. Ora. Lasciamoci allora abbracciare da Gesù, così come siamo, fissiamo il suo sguardo che non ci giudica, che desidera solo di farci una cosa con Lui e trasformare la nostra condanna in assoluzione, la morte in vita. Desidera la nostra felicità, essere in Lui e Lui in noi, rimanere da ora e per l’eternità nel suo amore.



APPROFONDIMENTI



MISTERO PASQUALE


Giovanni Paolo II:L’amore misericordioso di Dio si rivela pienamente e definitivamente nel Mistero pasquale.
Paolo VI. Il Mistero Pasquale
H. U. Von Balthasar. Mysterium Paschale. La Consegna
J. Ratzinger. La fede nella Risurrezione
J Jeremias La Pasqua
Mons. Caffarra. Testi sulla Pasqua
La pasqua dei primi secoli
Sant''Agostino. "Fides christianorum resurrectio Christi est"
Catechesi di Giovanni Paolo II sulla Resurrezione
Meditazione di Don Divo Barsotti sulla Pasqua
Ignace DE LA POTTERIE. Testi sulla Risurrezione di Gesù in Giovanni
La Pasqua dell''ebreo Gesù
I giorni della Pasqua

J Jeremias La Pasqua
Ratzinger - Benedetto XVI. Meditazione sulla La Pasqua
Tutti i passi della storia varcano il sepolcro vuoto
Meditazione di Don Divo Barsotti sulla Pasqua
Mons. Caffarra. Testi sulla Pasqua
J. Galot. Il sepolcro vuoto: Da piccoli indizi, lo stupore della fede
LA TOMBA VUOTA E LA SINDONE DI TORINO
Presenza di Maria nel mistero pasquale
tomba vuota e panni sepolcrali
Padre Raniero Cantalamessa. La storicità della risurrezione di Cristo
Sant''Agostino. "Fides christianorum resurrectio Christi est"
Marc Chagall. Il mistero della Pasqua

A. Socci. Ipotesi su Gesù e la sua resurrezione.
Don Giussani: Cristo contro il nulla
Paul O’Callaghan. Resurrezione. Teologia
LE APPARIZIONI «UFFICIALI» DEL RISORTO AL GRUPPO APOSTOLICO (GV 20,19-31)


αποφθεγμα Apoftegma



L'amore appassionato di Dio per il suo popolo — per l'uomo —
è nello stesso tempo un amore che perdona.
Esso è talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso,
il suo amore contro la sua giustizia.
Il cristiano vede, in questo, 
già profilarsi velatamente il mistero della Croce:
Dio ama tanto l'uomo che, facendosi uomo Egli stesso,
lo segue fin nella morte
e in questo modo riconcilia giustizia e amore.

Benedetto XVI, Deus caritas est

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