Sabato della XI settimana del Tempo Ordinario





Non si scappa. Il nostro cuore non può sopravvivere ai compromessi. Anche se la nostra vita ne è piena, non possiamo servire a due padroni: amare mammona, il denaro, significa odiare Dio. Basta questo per inchiodarci. Amare e odiare. Se il cuore è attaccato al denaro, ovvero lo "ama", sta odiando Dio. Odiare. Non è un caso se Giuda appare nel Vangelo come l'apostolo che teneva la borsa... Non si scherza. Chi ha conosciuto davvero il Signore e gli appartiene non può legarsi in nessun modo al denaro e agli idoli di questo mondo. Pena la schizofrenia, e finire strappati nell'anima, lacerati nel cuore, folli nella mente: vivere da pagani avendo ricevuto il seme della vita divina ed eterna. Come camminare sulle mani, o fiondarsi a retromarcia in autostrada. Moriamo noi e muoiono gli altri. Perché un cristiano che ama mammona è uno scandalo che uccide, impedendo di vedere e accogliere Cristo. Un cristiano che cerca di assicurarsi il domani, che vive nell'angoscia del futuro, che accumula, che guarda tutto con gli occhi di un agente di borsa, e' lo scandalo piu' grande. Odia Dio, odia il suo amore, la sua misericordia, odia la croce. Non crede nel potere di Gesu', e ogni suo rapporto sara' viziato dal sospetto, dal timore, dalla ricerca spasmodica di una sicurezza che, comunque, la carne e il denaro non potranno offrirgli. Ma Gesù ci annuncia ancora una volta chi siamo, per aiutarci a scoprire che peso abbia oggi mammona nella nostra vita. E' la via più semplice per scoprire quello riservato invece a Dio. Il mondo è mosso dal denaro: i voti delle elezioni politiche si spostano a seconda delle politiche economiche, e premiano chi promette abbassamenti delle tasse e buste paga più robuste, bastano ottanta euro al mese, anche se poi legifereranno a favore delle nozze gay, dei diritti che tolgono i diritti ai più deboli, e divorzi più rapidi, e fecondazione eterologa, e aborto ed eutanasia. Il mondo e chi gli appartiene guarda innanzi tutto al portafoglio. E' li' il suo cuore. Non cosi' per chi ha conosciuto il Signore. Chi ha fatto esperienza della sua misericordia non ci pensa due volte a spargere olio di nardo costosissimo, la propria vita consegnata totalamente al Signore. Chi ha conosciuto l'amore di Dio getta via tutto quanto ha per vivere perche' sa che la propria vita non viene dai beni, ma da Dio. Un cristiano e' diverso dai "pagani", da ogni altro uomo perche' ha dentro un'altra vita, perche' vive nascosto con Cristo in Dio e sperimenta, nella precarieta' di ogni giorno, la mano provvidente di suo Padre.  Amare Cristo oggi e' vendere tutto, lasciare vuoto il nostro cuore per Lui. Impossibile per le nostre forze, per le nostre menti. Ma possibile a Lui. Cerchiamo Lui, il Regno di Dio, la sua giustizia crocifissa che dona e perdona; oggi, e ogni istante, in ogni evento, in ogni decisione, in ogni pensiero, in ogni parola. Accostiamoci allora al Signore, con cuore contrito, e supplichiamo che compia in noi questa parola, che ci faccia quello per cui siamo stati eletti ancor prima di venire al mondo. Cristiani come San Francesco che, colmo dell’amore di Cristo che aveva imparato a riconoscere, s’era ritrovato a denudarsi dinanzi al padre della carne: aveva ormai odiato mammona per rivestirsi della veste più bella, la misericordia del Padre celeste capace di operare l’impossibile. L’amore di Cristo che, rinato libero come un passero e bello come i gigli, ha annunciato lieto al mondo intero.



QUI IL COMMENTO APPROFONDITO

  




L'ANNUNCIO
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammóna.
Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito?
Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena».
 
 (Dal Vangelo secondo Matteo 6, 24-34)





Non si scappa. Il nostro cuore non può sopravvivere ai compromessi. Anche se la nostra vita ne è piena, non possiamo servire a due padroni. Le parole di Gesù sono chiarissime: amare mammona, il denaro, significa odiare Dio. Basta questo per inchiodarci. I fiori del campo e gli uccelli del cielo sono esempi che declinano queste parole. Soffermiamoci oggi sui termini usati da Gesù. Amare e odiare. Il denaro è potere, prestigio, gloria. Con il denaro compriamo gli affetti, leghiamo le persone. Il denaro si sovrappone alla nostra stessa persona, e ne diventiamo i suoi docili servitori. L'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali. Non contano le messe, l'appartenenza ai gruppi, l'impegno in parrocchia. Non conta neanche essere prete o vescovo. Gesù punta diritto al cuore e, come sempre, non concede margini alle giustificazioni. Se il cuore è attaccato al denaro, ovvero lo "ama", sta odiando Dio. Odiare. Non è un caso se Giuda appare nel Vangelo come l'apostolo che teneva la borsa... Non si scherza. Chi ha conosciuto davvero il Signore e gli appartiene non può legarsi in nessun modo al denaro e agli idoli di questo mondo. Pena la schizofrenia, ovvero la follia. Preoccuparsi del domani, affannarsi per il denaro è cosa dei “pagani”, di quelli che non conoscono Dio. Ma forse dobbiamo ammettere che siamo “pagani”, neanche noi conosciamo Dio, non abbiamo l'esperienza del suo potere sul peccato, su ogni evento di morte. O abbiamo dimenticato che Dio compie l’impossibile. Perché un ragazzo dovrebbe entrare in un seminario e diventare prete se non per servire l’onnipotenza di Dio? Perché due giovani decidono di consegnarsi l’uno all’altro per tutta la vita, se non per sperimentare che Dio risusciterà il loro rapporto rinnovandolo ogni giorno? La crisi delle vocazioni e quella gemella della famiglia hanno le radici nella mancanza di fede. In ebraico il termine “mammona” ha la stessa radice di “amen”. Significa infatti quello che è degno di fede, credibile, su cui si può fondare la vita. Se l’amen del cuore è dato ai beni, perde senso consegnarsi a Dio rispondendo alla sua chiamata al sacerdozio o al matrimonio. Oppure, quando nel ministero o nel matrimonio, appaiono gli “affanni” della vita, la precarietà e i fallimenti,  non ci si converte a Dio rivolgendo l’amen alla sua volontà, ma a mammona, e così si abbandona il presbiterato e ci si divorzia. L’affetto femminile di una sposa di cui sentirebbe la mancanza un prete è lo stesso di quello che, nella barca di un matrimonio in tempesta, tra incomprensioni e incompatibilità umane, sente un uomo sposato. Parlando dei beni Gesù parla della fede e dell’antropologia che essa rivela. Non a caso, infatti, oppone il “voi” della comunità ai “pagani”: nei primi è all’opera la fede, nei secondi l’inganno del demonio. Altro che bisogno di affetto! In esso si nasconde la fame insaziabile generata dall’idolatria, che è l’opposto della fede. Ogni volta che il Popolo di Israele ha abbandonato Dio cedendo all’incredulità, e si è rivolto agli idoli, perdeva in battaglia, subendo disfatte clamorose. Lo stesso Popolo che, in numero nettamente inferiore, unito a Dio e obbedendo alla sua Parola, incuteva timore nei popoli più numerosi e infinitamente più attrezzati di lui, voltando le spalle a Dio ritornava ad essere più piccolo e debole di tutti, e finiva sconfitto. Ecco, un prete che dubita di Dio e comincia ad appoggiarsi alle Nazioni potenti ha già cominciato ad odiare Dio nelle persone che gli sono affidate: è preda dello scandalo e il demonio ha buon gioco per strappargli la fede. E cadrà nei peccati, e lascerà il sacerdozio, illudendosi che sia perché si sente incompleto senza una donna al fianco. Attenzione allora, di fronte a situazioni difficili, a quelle limite nelle quali un prete è chiamato ad immergersi, adulteri e relazioni intricate e dolorose, giovanissimi e adulti schiavi di droghe e sesso, povertà e malvagità, mafia e ingiustizie: attenzione ad abbandonare Dio e chiudere con supponenza e arroganza le porte della parrocchia, del cuore e le labbra all’annuncio del Vangelo e al suo potere; il prete che lo farà servirà mammona, dirà amen agli inutili rimedi del mondo e li offrirà ai piccoli e ai peccatori. Tradirà Cristo, ferirà la Chiesa, ingannerà gli uomini e si perderà: non si può amare Dio e il denaro, si finirà con l’odiare Dio e amare il mondo, proprio quello al quale un pastore è inviato, per vincerne le seduzioni con il potere di Cristo risorto! Allo stesso modo accade in un matrimonio: due giovani deboli, fragili, diversi e in molte cose incompatibili, potranno decidere di sposarsi responsabilmente non solo perché si piacciono, hanno un lavoro e una casa, ma perché hanno ben chiara la loro inadeguatezza e rivolgono tutto se stessi a Dio, abbandonandosi insieme in un amen alla sua volontà buona di Padre. Anche tra i marosi delle crisi, anche se litigheranno ogni giorno per anni, anche se appariranno i peccati, questo matrimonio non si sfascerà, anzi. Sarà una luce che splende nelle tenebre, un segno della santità di Dio che ha voluto prendere dimora nella precarietà della carne umana. Sarà rinnovato ogni giorno, perché la fede dei due sposi, crescendo e facendosi adulta nella Chiesa, offrirà a Dio la possibilità di fare il suo mestiere, ovvero compiere quello che gli uomini non possono, il perdono invece del rancore, la pazienza invece dell’ira, il dono di se stessi nelle piccole come nelle grandi cose, invece della chiusura egoistica. Questo matrimonio sarà una primizia del Cielo, del Regno da cui il peccato ha scacciato l’umanità e che Dio, attraverso suo Figlio e i suoi apostoli, ha rimesso a portata di mano di ogni uomo. Questi due sposi saranno come “gli uccelli del cielo” e “i gigli del campo”, si compirà in loro la volontà di Dio, “come in Cielo, così in terra”. Sapranno volare liberi oltre gli angusti spazi della terra, riuscendo così a raggiungersi e incontrarsi dove la carne appesantita dalle angustie per il “cibo” non può arrivare. Non dovranno “seminare” ipocrisie e compromessi di parole, promesse, regali, per “mietere” l’affetto, la stima e la considerazione. Per fede sapranno e sperimenteranno che il “Padre loro li alimenta” gratuitamente dello Spirito Santo e del Pane quotidiano nel quale potranno amarsi nella libertà e nella verità, senza cercare nell’altro il “cibo” per sfamare il loro cuore. Potranno guardarsi con amore e stupore, contemplando nell’altro un riflesso della bellezza che risplende sul volto di Cristo, anche quando è noioso, nevrotico e insopportabile. Per la fede che illumina ragione ed esperienza, sapranno che non sono loro a “tessere e a filare” le trame di cui è intessuta la relazione. E’ opera di Dio che sa “vestirli” di splendore, cucendo ogni giorno un vestito nuovo, unendo nella misericordia anche i difetti e le mancanze. E’ Dio che li riveste dell’unica bellezza capace di rapire il cuore ogni giorno di nuovo, il segreto che rende possibile, e fonte di gioia, l’indissolubilità che il mondo ritiene impossibile e dannosa. Quello preparato da Dio, infatti, è un vestito che neanche l’uomo più potente e più sapiente come era Salomone, può vestire. Un vestito diverso da quello indossato dai “pagani”, pura apparenza opera del demonio, il sarto dell’effimero: superficialità e immaturità di cose e parole cucite senza gusto, ma con lo stile, le linee, le forme e i colori così simili a quelli brutti tristi usati da molti stilisti e brand di moda per sfigurare e svestire della dignità corpi e anime di giovani e adulti. Il “vestito” che il Padre ha preparato per gli sposi è la veste bianca del battesimo, lavata ogni giorno nel sangue dell’Agnello: essa riveste di gloria anche il marito e la moglie più deboli, incoerenti, peccatori. Il “vestito” dell’uomo nuovo, la carne nuda e indifesa di Cristo crocifisso offerta loro perché si possano donare nella stessa libertà. Uniti a Cristo nel suo sì alla volontà di Dio, potranno ripetere al Padre ogni giorno il loro amen intriso di fede, che li farà “cercare prima il Regno di Dio e la sua Giustizia”: in una discussione, anche se in prima battuta la carne susciterà ira, giudizi, e parole che non si vorrebbero dire, la rettitudine del cuore che ha il suo tesoro in Dio, si farà strada e riporterà i due a “cercare” nell’altro, così com’è, “il Regno di Dio”; anche nelle debolezze e nei peccati commessi, perché in lui si compia la “Giustizia” della Croce. Nella consapevolezza che non c’è altro habitat per l’uomo che la precarietà, e di essere come i fiori del campo che oggi sbocciano e domani appassiscono, attraverso la via celeste inaugurata da Cristo, planeranno nei lati oscuri e incomprensibili dell’altro non per cambiarli e strumentalizzarli, ma per accettarli e accoglierli. Un matrimonio così è l’impossibile che nel suo Figlio Dio ha reso possibile. E’ la vita santa dei figli di Dio, ogni istante un evento impossibile da affrontare, una situazione assurda da assumere, una croce da portare. Ogni istante uniti a Cristo che dato tutto se stesso, e, senza compromessi tra il Dio e mammona, ha “odiato” tutto ciò che Dio non era e di Lui era nemico. Ha guardato ogni uomo, tu ed io, come a un figlio del Padre, nonostante i peccati più atroci. E per questo ha odiato tutto quello che non era Dio in te e tu in Dio. Ha odiato le menzogne del demonio e i peccati che ti snaturavano gettandoti nel dolore del sepolcro. Ha odiato tutto quello che ti faceva “pagano”, per amare tutto quanto, invece, ti faceva figlio di Dio: ha amato sino alla fine la tua vita, la tua famiglia, i tuoi figli, il tuo lavoro, il tuo ministero e le persone a te affidate. Per tutto questo ha consegnato se stesso, affinché tu possa vivere in pienezza amando Dio e odiando mammona. Ti ha perdonato, liberato, lavato per farti comparire, insieme alla sua Chiesa, senza macchia né ruga davanti a se nell’amore! Ha provveduto alla tua anima, ha saziato il tuo cuore, ti ha donato una Chiesa dove sperimentare la sua Pasqua e le primizie della vita eterna. Ti ha strappato al paganesimo e ti sta facendo cristiano! Allora, come non abbandonarsi completamente a chi ti ha salvato? Come facciamo a chiedere ancora a mammona quello che non può darci? Come possiamo ancora odiare Dio, detestare la sua opera nei fratelli, e prostrarci agli idoli di menzogna? Le parole di Gesù ci chiamano a conversione annunciandoci ancora che non siamo “pagani”! Che se continuiamo a vivere come chi non conosce Dio moriremo, non di fame o di freddo, ma perché frustreremo la nostra elezione e primogenitura, nella quale siamo stati pensati e creati. Abbiamo una missione nel mondo, fra risplendere il Cielo. Tu, tua moglie, i tuoi figli, la tua parrocchia, la tua comunità. La morte è vivere combattendo questa missione. E’ restare stritolati nella schizofrenia dello spirito e della mente, un suicidio lento e inesorabile. Come camminare sulle mani, o fiondarsi a retromarcia in autostrada. Moriamo noi e muoiono gli altri. Perché un cristiano che ama mammona è uno scandalo che uccide, impedendo di vedere e accogliere Cristo. Ma davvero pensiamo di “valere meno degli uccelli”? Pensi ancora che la vita di tuo figlio valga meno dei “Gigli del campo”? No! Siamo preziosi, per noi Cristo ha dato la sua vita, come potrà mancarci il vestito, il cibo, la vita piena, se ci ha dato tutto, tutto, tutto! Gesù non è un politico buonista, non predica uno stolto e vanaglorioso pauperismo. Ci parla del nostro destino, della felicità, del Cielo per noi e per l’umanità, illuminando il rapporto che ciascuno di di noi ha con il denaro, perché è il primo nemico di Dio. Certo che occorre essere prudenti; anche una presunta generosità spesso maschera un rapporto malato con il denaro. Gesù ci parla per aiutarci a scoprire che peso abbia oggi mammona nella nostra vita. E' la via più semplice per scoprire quello riservato invece a Dio. Il mondo è mosso dal denaro: i voti delle elezioni politiche si spostano a seconda delle politiche economiche, e premiano chi promette abbassamenti delle tasse e buste paga più robuste, bastano ottanta euro al mese, anche se poi legifereranno a favore delle nozze gay, dei diritti che tolgono i diritti ai più deboli, e divorzi più rapidi, e fecondazione eterologa, e aborto ed eutanasia. Il mondo e i “pagani” che gli appartengono guardano innanzi tutto al portafoglio. E' lì il loro cuore. Non così per chi ha conosciuto il Signore. Chi ha fatto esperienza della sua misericordia non ci pensa due volte a spargere olio di nardo costosissimo, la propria vita consegnata totalmente al Signore. Un cristiano e' diverso dai “pagani" perché ha dentro un'altra vita, inesauribile, che lo collega in diretta, istante dopo istante, con il Cielo, il suo destino. Vive nascosto con Cristo in Dio e sperimenta, nella precarietà di ogni giorno, la mano provvidente di suo Padre. Un cristiano che cerca di assicurarsi il domani, che vive nell'angoscia del futuro, che accumula, che guarda tutto con gli occhi di un agente di borsa, e' lo scandalo più grande. Odia Dio, odia il suo amore, la sua misericordia, perché odia la croce. Ogni suo rapporto sarà viziato dal sospetto, dal timore, dalla ricerca spasmodica di una sicurezza che, comunque, la carne e il denaro non potranno offrirgli. Per questo oggi il Signore ci chiama seriamente a conversione, a gettarci tra le sue braccia, a disfarci dei beni, di tutti quei beni che si frappongono tra noi e Lui. Buttare via tutto quello che, nel nostro cuore, usurpa il posto di Dio, avvelenandoci e facendoci oggetto di scandalo. La condizione di un cristiano è la precarietà, l'incertezza che accompagna ogni istante, perché sono il seno benedetto dove Dio depone il suo potere. Come nel seno vergine di Maria, come nella debolezza inerme dei martiri, come nella boria frustrata ed entrata in crisi di San Francesco. Aveva camminato molto nel catecumeno che Dio aveva preparato per lui, scendendo i gradini dell’umiltà tra fallimenti, prigione e malattia. Non capiva cosa gli stava succedendo, solo stava sperimentando la vanità di tutto quanto non fosse quell’amore che gli premeva nel petto e lo lasciava inquieto. Sino al giorno che, colmo dell’amore di Cristo che aveva imparato a riconoscere, s’era ritrovato a denudarsi dinanzi al padre della carne: aveva ormai odiato mammona per rivestirsi della veste più bella, la misericordia del Padre celeste capace di operare l’impossibile. L’amore di Cristo che, rinato libero come un passero e bello come i gigli, ha annunciato lieto al mondo intero.


APPROFONDIMENTI




αποφθεγμα Apoftegma

Tra le mani di Dio tutto riesce, tutto si volge in bene.
Bisogna che un'anima di fede cammini sempre con sicurezza,
prendendo tutto come velo e travestimento di Dio.
Non c'è niente di più generoso di un cuore che ha la fede,
che sa scorgere la vita divina nei travagli e nei pericoli più mortali.
Anche se si dovesse inghiottire del veleno,
esporsi sulla breccia,
fare da schiavo a degli appestati,
si trova in tutto ciò una pienezza di vita divina
che non si dà soltanto a goccia a goccia,
ma che in un istante inonda l'anima e la sommerge.

Jean Pierre de Caussade

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