Martedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario



Masaccio. Il battesimo dei neofiti




L'ANNUNCIO
In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!». 
Allora, riunita la folla disse: «Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!». 
Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: «Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?». 
Ed egli rispose: «Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata. Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».
 (Dal Vangelo secondo Matteo 15,1-2.10-14)



Che cosa oggi mi "rende impuro"? Che cosa, cioè, mi impedisce di presentarmi al cospetto di Dio per celebrare la liturgia di lode che a Lui conviene? Per Israele, infatti, la purificazione non era solo una smacchiatura; le impurità contratte tagliavano fuori dalla comunità, erano un impedimento alla partecipazione piena alla vita santa del popolo santo del Dio santo. Bastava uscire di casa e toccare qualcosa di impuro per mischiarsi con il mondo pagano e impuro, perdendo così la "santità", ovvero l'essere separato per appartenere a Dio, il totalmente altro. Non era uno scherzetto... Avere contatto con determinate cose e persone faceva perdere la propria identità, la ragione che determinava il proprio modo di vivere e di stare sulla terra unito al Popolo eletto da Dio per testimoniare la sua esistenza e la sua unicità alle Nazioni. Per noi oggi difficile comprenderlo, ma era qualcosa di profondo, tanto radicato che le abluzioni, riassunte nel brano di oggi dal "lavarsi le mani", partivano in automatico. E i farisei ne erano i campioni, cercando di tenersi lontani da cose, animali, persone o luoghi impuri; e, soprattutto, purificando ciò che ha relazione con la nascita, la morte, l’alimentazione, la sessualità. Era qualcosa di simile al farsi una doccia dopo una corsa. Al ritorno dal mercato, ad esempio, ci si sentiva impuri, ed era una necessità immergere le mani nell'acqua. Per questo, attraverso i rituali di purificazione, era come se si fosse riammessi a partecipare della vocazione unica di Israele. Un ebreo era cosciente di essere stato chiamato a far parte di un Popolo diverso da tutte le Nazioni, destinato a ridestare sulla terra la memoria dell'Eden perduto a causa del peccato. Il mondo, infatti, a causa del peccato di Adamo era divenuto impuro; ma Dio aveva scelto un piccolo popolo insignificante per far risplendere, nell'impurità, la purezza della sua presenza, del suo amore misericordioso. Per questo, uno dei comandamenti più importanti che Dio ha dato a Israele è quello di costruire un santuario: "Essi mi faranno un santuario, affinché io possa abitare fra loro" (Es 25,8). Durante l'esodo nel deserto esso fu un tabernacolo, che divenne il Tempio Santo di Gerusalemme quando il popolo si stabilì nella Terra Promessa. Nel santuario il male, ovvero l'impurità, non sarebbe dovuta entrare: "il santuario doveva essere come un giardino dell'Eden in miniatura, dedicato totalmente al servizio di Dio, e ne sarebbe stata esclusa qualsiasi cosa appartenente allo stato decaduto dell'uomo" (A. Kaplan). Per questo, non poteva entrare nel Tempio chi si trovava in stato di impurità. Tumah, l'impurità rituale, era dunque originata dal peccato; quindi, si diventava impuri a partire dal cuore. Esattamente quello che affermava Gesù. Egli non stava abolendo nulla, ma portava tutto a compimento. Gesù pensava al battesimo, al lavacro che avrebbe rigenerato il cuore! Tutto ciò che è esterno ad esso non lo rende impuro; non "quello che entra nella sua bocca", non il contatto con un cadavere, non un utensile costruito da un pagano, ma "quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!". Le parole generate da un cuore impuro rendono l'uomo incapace di un culto sincero a Dio; il peccato che abita in noi ci separa da Dio, rigettandoci nell'impurità del mondo. Le "tradizioni" e i precetti esteriori, che Gesù non condanna assolutamente, sono segni che rendono visibile una realtà interiore, esplicitano un contenuto. Immergersi nell'acqua della "mikvah", la piscina rituale presente nelle case ebree, è un segno che esprime il desiderio sincero di convertirsi, di rompere con il peccato. Così come con il "lavarsi le mani", o con il compimento degli altri precetti di purificazione, ogni ebreo era chiamato a "versare i propri cuori come acqua" (Lam 2,19). Allora perché i farisei si erano scandalizzati? Perché "i discepoli di Gesù trasgredivano la tradizione degli antichi, poiché non si lavavano le mani quando prendevano cibo"? Questa era la ragione ufficiale... Ma non era qui il punto. Essi sapevano bene quale fosse lo spirito della tradizione. Ma lo avevano pervertito, idolatrando il fare a danno dell'essere, privilegiando l'esteriore sull'interiore. Per questo Gesù e i suoi discepoli, con il loro operare, compiono un gesto profetico, come quelli compiuti dal loro Maestro, che mangiava con i peccatori, toccava i lebbrosi e i morti, frequentava i pagani. Rompono il velo d'ipocrisia che nascondeva la verità sui farisei; essi recitavano un copione di purificazione che non rispondeva alla realtà del loro cuore, come facevano gli attori, chiamati appunto "ipocriti", nel grande teatro di Sefforis, vicino a Nazaret: "Gli ipocriti sono operatori di finzioni sul tipo dei presentatori dell'altrui personalità nelle rappresentazioni teatrali" (S. Agostino). Se non esprime un contenuto di autentico e sincero pentimento, se non c'è conversione, qualsiasi rito resta un'ipocrisia, una menzogna che afferma qualcosa che non esiste. Le abluzioni che servono a delimitare l'ambito del sacro manifestano un'elezione, una chiamata e una consacrazione, un essere messo da parte per una missione. E tutto ciò è opera di Dio. E' vero per Israele, è altrettanto vero per i discepoli di Gesù. La chiamata è divina, la vocazione è celeste, l'elezione è gratuita. Non si compra con i propri sforzi; non c'è opera nella carne che renda puro l'uomo! L'amore, come l'elezione, si accolgono, umilmente, con un cuore contrito e umiliato che ha conosciuto la propria indegnità, la propria impurezza. Non è lottando contro le strutture impure della società, non è eliminando l'impurezza del mondo che ci si appicica addosso che diventiamo puri. Chi è stato purificato dalla misericordia di Dio, chi è entrato nelle acque del battesimo e ha ricevuto una nuova natura e un cuore nuovo, non resta contaminato dal mondo. Anzi, ci si getta dentro, ci si sporca, per annunciare il Vangelo di Cristo risorto, perché "“Tutto è puro per chi è puro”, omnia munda mundis (Tt 1, 15)! Questo annunciava il "non lavarsi le mani dei discepoli" di Gesù, l'avvento del Messia che avrebbe purificato il cuore. Certo, occorre lottare ed essere vigilanti perché il mondo, la carne e il demonio non tornino ad infilarsi nel cuore; ma non si costruisce una casa dal tetto... Anche i discepoli di Gesù si laveranno le mani, eccome, attingendo alle fonti d'acqua viva che sono i sacramenti. Ma sarà sempre perché essi camminano ogni giorno in conversione, rinnovando ad ogni passo le rinunce a satana e le promesse battesimali, per difendere nel cuore la Grazia della vita celeste ricevuta nel battesimo. Questo, infatti, nella Chiesa primitiva, sigillava un miracolo che si era "già" dato: la fede ricevuta, accolta, maturata, che si esprimeva in frutti con il sapore della vita eterna. Senza la fragranza dell'amore al nemico, della libertà dai beni di questo mondo, senza la carità visibile nella vita, la Chiesa primitiva non amministrava il battesimo. San Paolo esortava i cristiani di Roma ad offrire i propri corpi come sacrificio vivente santo e gradito a Dio. La vita come un'oblazione, la vita crocifissa con Cristo. Una vita diversa, santa, separata dai lacci del mondo, della carne e del demonio, per far risplendere nel mondo la presenza amorevole di Dio. S. Ignazio d’Antiochia scriveva ai Romani: “Il mio amore è stato crocifisso e non c’è in me fuoco di passione… non mi attirano il nutrimento di corruzione e i piaceri di questa vita”. Questa vita nasce da un cuore nuovo, nel quale è scritta la Parola viva e operante in un corpo preparato per essere offerto: "Entrando nel mondo, Cristo dice: ‘Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo — poiché di me sta scritto nel rotolo del libro — per fare, o Dio, la tua volontà’. Dopo aver detto prima, non hai voluto e non hai gradito né offerte né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (Eb, 10). Vi è dunque un sacrificio nuovo, un culto nuovo, in Spirito e verità, che è la vocazione di ogni cristiano. La nuova liturgia di lode che Cristo ha inaugurato nell'offerta del suo corpo. Nello Spirito Santo ogni nostro pensiero e azione acquista senso, e autenticità; in Cristo ogni istante della nostra vita diviene un'oblazione d'amore. E' il compimento dell'amore umano nell'amore celeste: "Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino: l'amore non è mai « concluso » e completato; si trasforma nel corso della vita, matura e proprio per questo rimane fedele a se stesso. Idem velle atque idem nolle — volere la stessa cosa e rifiutare la stessa cosa, è quanto gli antichi hanno riconosciuto come autentico contenuto dell'amore: il diventare l'uno simile all'altro, che conduce alla comunanza del volere e del pensare. La storia d'amore tra Dio e l'uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono dall'esterno, ma è la mia stessa volontà, in base all'esperienza che, di fatto, Dio è più intimo a me di quanto lo sia io stesso. Allora cresce l'abbandono in Dio e Dio diventa la nostra gioia" (Benedetto XVI). Così, nell'amore, siamo chiamati ad essere santi nel Santo; a far parte di un popolo celeste che cammina sulla terra facendo visibile la vita eterna, l'amore e l'unità. Le abluzioni e ogni altra tradizione, ogni precetto e comandamento aiutano chi li compie a ricordare la propria appartenenza, ma non la realizza. Essa è un fatto di cuore, mente e corpo. E' la Parola dello Shemà che si compie, per Grazia, nella vita concreta di ogni giorno: amore con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze. Un'appartenenza che non disperde un istante, un pensiero, uno sguardo, una parola. Ciò scaturisce dall'essere completamente immersi nel mistero Pasquale di Cristo, come in un battesimo che si rinnova ad ogni centimetro del cammino, e ci fa appartenere a Lui. E' questo il cuore della Legge, del desiderio di totalità e assolutezza che gli stessi farisei tentavano di esprimere con le abluzioni e i precetti con i quali speravano di imbrigliare la carne purificandola in una rigida disciplina. Ma la malizia non è al di fuori dell'uomo, è un veleno che si porta dentro. E' il segreto del nostro intimo che ha bisogno di purificazione, dell'acqua della misericordia e del fuoco dello Spirito Santo. E chi non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ha un altro spirito, per quante abluzioni compia; ha lo spirito del mondo e del padre della menzogna, e compie le opere del suo padre. Rivestire un cuore malato e perverso di tradizioni e riti che annunciano la santità è quanto di peggio possa accadere. E' il trionfo dell'ipocrisia che cela e imbriglia la verità. E' il triste segno dal quale si riconoscono la "piante che non sono state piantata dal Padre celeste" del Signore. E qui Gesù è durissimo, come poche altre volte. Altro che buonismo, e occhiucci dolci, e amore di Nutella. Attenzione ai "ciechi e guide di ciechi"! Conducono quelli che legano a sé nell'oscurità del mondo; ma come, la Chiesa è "luce", e questa parrocchia chiude nel buio i suoi figli e quelli che bussano alle sue porte? Dovrebbe essere come la luna, un riflesso di Cristo "lumen gentium" e invece, è un'eclisse totale, e le famiglie si rompono, e i ragazzi si perdono, perché nessuno ha tempo e voglia di andare a cercare la pecora perduta. "Lasciateli" dice il Signore. "Lasciateli", non li seguite, per non "cadere" con loro, "nella fossa" della morte. Che significa? Che ci sono "ciechi" tra quelli che "guidano" il popolo di Dio. E chi sono? Gli "ipocriti" ai quali non importa il cuore ma l'esterno. I superficiali che, concentrati su se stessi, giudicano Gesù Cristo e i suoi discepoli! Gli "ipocriti" vestiti da pastori che allontanano i poveri, i piccoli, i peccatori che "non si lavano le mani". I pastori e i fedeli che non riconoscono i discepoli di Gesù e li cacciano, li scandalizzano. Ma guai a loro, è meglio che si mettano una corda al collo e si gettino nel mare. Vuoi sapere chi sono i discepoli del Signore? Guardati intorno, guarda chi stai disprezzando, quelli che hai già cancellato. Guarda i più deboli, gli "affaticati e oppressi" dai peccati e da una Legge che non riescono a compiere. Ma bisognerebbe avere uno sguardo puro per vedere oltre le apparenze, e intercettare i loro cuori feriti, spezzettati, che non ce la fanno più e non hanno nessuno che li chiama a sé per trovare ristoro. Leggi, ancora leggi, e mai nessuno che gli annunci che il giogo di Cristo è l'unico leggero, perché con la sua resurrezione ha reso gloriosa ogni croce. Guarda quanti di questi sono scacciati dalle parrocchie, che i parroci costruiscono come scatole dettandone le misure a suon di regole e progetti pastorali, le "tradizioni di uomini" troppo piccole per accogliere questa ciurma di straccioni. Guarda quanti, idolatrando le loro regole, si fissano sui loro principi, sui loro libri, su quello che gli hanno insegnato, sulla loro cultura, sul nazionalismo, e soffocano la ricchezza dei carismi che Dio dona alla Chiesa, chiudendo le porte al soffio dello Spirito Santo che il Padre manda per "piantare la sua pianta!"... Guarda come si "scandalizzano" i farisei di quanti "non si lavano le mani" come vorrebbero loro; sono schiavi della carne, che esige saziarsi di persone che compiano i loro progetti e ideali di Chiesa, parrocchia, fraternità, carità... E invece questi "discepoli di Gesù" che vengono a rompere gli schemi, che hanno bisogno di un pane che essi non hanno e non sanno dare. Ma come, si chiede così? Non sapete che bisogna fare così, così e così? Dovete mangiare quando, come e quello che dico io, qui sono tutti uguali, altro che particolarismi... Qui non ci sono figli e figliastri... Ah sì, in una famiglia per caso non ci sono un figlio più debole, malato, e uno più forte e sano? No secondo loro, perché in Chiesa tutti uguali, a "lavarsi le mani"! E così impediscono alle persone di incontrare Cristo, l'unico che salverebbe il loro matrimonio, che li strapperebbe dalla droga, dagli inganni mondani, perché purificherebbe il loro cuore; e chi ha il cuore puro è beato perché vede Dio operare per il suo bene e può convertirsi... Mai nessun piano pastorale ha mai curato il cuore di un peccatore... E così, questi pastori che ingrassano se stessi come i farisei che facevano tutto per essere ammirati, fanno "cadere" i piccoli "nel fosso" della morte insieme a loro. Guardateli, infatti, come sono sempre polemici, attenti all'orologio e al portafoglio, le luci per carità, e le sale, servono anche alle feste di compleanno, se no come pago i lavori di restauro... Eccoli pronti a fustigare, a giudicare il moscerino nell'occhio del fratello e di chi non ha ancora conosciuto l'amore di Dio. Sono ipocriti che vivono nel buio di un fosso senza misericordia, e "saranno sradicati", perché non è stato il Padre a piantarli... Come spesso anche noi, che ci troviamo senza radici per aver creduto alla menzogna del demonio, che ci ha detto di essere come Dio... Noi che, per questo, orgogliosi e moralisti, scandalizziamo i nostri coniugi, i figli, dei quali siamo "guide cieche" che li trasformano in "ciechi" come noi. Abbiamo la luce da offrire anche a loro? No, vero? Brancoliamo nel buio, accettiamolo e andiamo a farci illuminare... Entriamo seriamente in conversione, per diventare "fotomenozoi", portatori di luce, come erano chiamati i neofiti, i cristiani appena battezzati. Allora, per essere liberati dall'ipocrisia, abbiamo bisogno di un vestito nuovo, di indossare la bianca e luminosa tunica della Grazia, la vita divina donata per pura misericordia. Altro che le toppe di qualche regola, che invece di significare il Cielo mostrano l'orgoglio della carne. No, la storia che Dio prepara per noi, illuminata dalla sua parola, ci conduce alla libertà, che nasce da un cuore circonciso, umiliato, piccolo, triturato nella misericordia; il cuore di Cristo. Lo abbiamo oggi? Oppure è malato, avvelenato e reso impuro da pensieri e criteri mondani? Forse cerchiamo, senza costrutto, di compensare l'impurità con alcune pratiche più o meno religiose, o con la durezza legalistica che nasconde il disprezzo di se stessi e l'insicurezza, l'incredulità e l'incapacità di accettare la precarietà spirituale che ci obbliga a implorare pietà ogni secondo. Guardiamoci, guardiamo Cristo, e convertiamoci. Affidiamo al Signore le nostre tante impurità, lasciamoci amare, e perdonare. Che lavi i nostri occhi nei suoi, illuminati dall'amore; Lui i "ciechi" li guarisce e li guida nella luce verso il Cielo. A questo siamo chiamati anche noi per mezzo della nostra vita immersa nelle acque dell'autentica abluzione, di cui ogni altra era solo una profezia. La Grazia del battesimo che abbiamo ricevuto è preparata per noi anche oggi, nella confessione e negli altri sacramenti, nell'ascolto della Parola e della predicazione della Chiesa. Nelle viscere di nostra Madre possiamo purificare il nostro cuore, affinché la nostra vita sia trasformata in una liturgia di lode, un'abluzione per noi e per il mondo: "Tutte le nostre azioni sono oneste e gradite alla presenza di Dio, se sono compiute con il cuore schietto, ossia con l’intenzione verso l’alto nella finalità dell’amore…Quindi non si deve considerare tanto l’azione che si compie, quanto l’intenzione con cui si compie" (S. Agostino). Ecco che cos'è la purezza autentica! E' un cuore mosso da una retta intenzione, purificato alla radice; è come una fonte pura, perché batte nel cuore stesso di Cristo. Da esso sorgeranno pensieri e gesti che cercheranno il Regno di Dio prima di ogni cosa, e occhi puri che vedranno il Padre condurre la storia; questo cuore retto indicherà il sentiero della vita a chi lo possiede, il discernimento per riconoscere in tutto e tutti l'occasione per amare. Per questo il Padre ci ha eletti, il Figlio ha perdonato ogni nostro peccato e lo Spirito Santo ha preso dimora in noi: perché ogni uomo possa lavare i propri peccati nella stessa acqua della misericordia che ci purifica. Preghiamo allora, perché in ogni istante, il fiume d'acqua viva che sgorga dal fianco di Cristo, attraverso il seno della Chiesa, bagni la nostra vita; e così giunga a ogni uomo perché "possa lavarsi" e "prendere in cibo" l'amore di Dio.


αποφθεγμα Apoftegma


Nel battesimo c'era una forza stupenda, 
in questa vita dei primi cristiani c'era una forza 
che poteva in un periodo avverso, del tutto contrario, come quello delle persecuzioni, 
del paganesimo, di una cultura pagana e molto mondana direi 
(sappiamo bene quale fosse la vita della Roma dei primi anni dell'era cristiana),
 poteva animare una cristianizzazione profonda 
che si diffondeva non solo tra le persone, tra le famiglie, 
ma si allargava alle nazioni intere.

Giovanni Paolo II


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