Martedì della XXV settimana del Tempo Ordinario











L'ANNUNCIO
In quel tempo, andarono a trovare Gesù la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fu annunziato: “Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti”.
Ma egli rispose: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.
 (Dal Vangelo secondo Luca 8,19-21)







Anche noi oggi, probabilmente, come "i suoi fratelli", desideriamo vedere il Signore vivo e all'opera nel matrimonio, nel fidanzamento, nel lavoro, nello studio. Lo "andiamo a trovare", ma sperimentiamo piuttosto la sua lontananza, proprio nelle cose più importanti e che non cambiano mai. Oggi comprendiamo il perché: una barriera ci impedisce di avvicinarlo. Tra noi e Gesù vi è la "folla" delle immagini di Lui che la carne con i suoi desideri, progetti e speranze ci ha disegnato e presentato; una "folla" tanto numerosa quanti sono i fatti e le relazioni che vorremmo cambiare e addomesticare. È una "folla" anonima di rapporti fondati sulla carne che ci esauriscono, scippandoci le energie fisiche e spirituali; e ora anche tutti quelli virtuali, troppi e falsi da prosciugarci l'anima; e il denaro, e i progetti, come una massa di individui che ogni giorno ci attrae "fuori" dalla casa di Gesù, dall'intimità vivificante con Lui, come accadde ad Adamo ed Eva, allontanati dalla vita piena e felice del paradiso. Frustrati senza i miracoli che vorremmo da Cristo come correttivi ai nostri fallimenti, sempre affamati di affetto e realizzazione, vaghiamo in cerca di cibo come il figlio prodigo, "fuori" dalla nostra casa, lontani dalla famiglia, orfani e soli: sudando, lavoriamo per pochi spiccioli, vorremmo amare, ma l'istinto egoista sporca e ferisce tutto. E dubitiamo, ogni giorno di più.

Ma la Chiesa, anche oggi, "annunzia" al Signore la nostra sofferenza; essa si accorge che siamo "fuori" perché manchiamo al suo appello: "tua madre e i tuoi fratelli sono fuori e desiderano vederti". E così offre a Gesù di illuminarci sulla verità e la nostra identità: siamo chiamati ad essere gli amati fratelli di Gesù che la Chiesa ha generato, i suoi figli inviati a darLo alla luce in questa generazione. La Chiesa ha a cuore la nostra primogenitura, che si rivela nel nostro essere "dentro" la casa con Cristo; Egli è la Parola generata nella carne dalla Parola annunciata a Maria. "Vedere Gesù" all'opera e sperimentare il suo potere, significa proprio essere "suoi fratelli", generati dalla stessa Parola, partecipi della stessa natura, che si riceve accogliendo umilmente l'annuncio del Vangelo: "Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,28). E come l'immagine si conforma all'Originale? Ascoltandolo e contemplandolo. Anche i greci volevano vedere Gesù: era il "segno" che l' "ora" era giunta, il seme, per non restare solo, dove cadere in terra e morire... Ecco, l'ascolto ci conduce ad essere l'immagine crocifissa di Cristo, a cadere nella famiglia, al lavoro e ovunque, per morire... 

Esattamente come una madre che, per dare alla luce suo figlio, deve morire a se stessa e passare per dolori lancinanti. Per questo, siamo chiamati ad essere anche "madri" di Gesù, fecondati dalla stessa Parola che ha generato Lui nel seno di Maria. Ma questo è infinitamente più grande di ogni desiderio che la nostra carne e la nostra mente così limitate osano pensare: essere madri, e vedere Cristo somigliare a noi perché "quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (ibid). E così ogni nostra parola, ogni nostro gesto somiglieranno a quelli di Cristo; e coloro ai quali giungeranno queste parole e questi gesti, genereranno, nell'ascolto e nella contemplazione, altri fratelli a Cristo. Questa è la vita alla quale siamo chiamati, seminare e gestare il Signore in tutti e in tutto.

Non è male voler vedere Cristo, anzi. Ma c'è un cammino per giungere a contemplarlo, ed è la conversione che, invece di porre la visione della carne come meta si lascia sorprendere da una gratuità sconosciuta. La carne è un mezzo, perché Dio si è fatto carne, e con la carne giungeremo in Cielo. Ma per vedere Cristo risorto che prende dimora nella carne occorre uno sguardo diverso, trasformato dalla Grazia. Esattamente quello che accadde alla Maddalena accorsa al sepolcro. Non riconobbe il Signore sino a quando Egli, da quella carne reale eppure diversa da quella familiare a Maria, non le parlò tanto personalmente da incendiare il suo cuore. Solo allora, da quell'incandescenza innescata dalla Parola che ricordava e riannunciava un amore unico e infinito, gli occhi della Maddalena si aprirono e potè riconoscere il suo Signore. E' dunque la gratuità dell'amore che dischiude gli occhi su Gesù. E, in questo sguardo innamorato perché fisso sull'Amore, si sperimenta l'essere fratelli e madri dell'Amato desiderato. E' molto, molto di più di un semplice sguardo: è l'essere trasformati in creature nuove in una nuova e compiuta relazione con Gesù. In essa, come diceva Papa Francesco, sono importanti le lacrime, che segnano e autenticano l'apertura della carne alla Grazia: "A volte, nella nostra vita gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime. Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo sentito la gioia, la tristezza, il dolore ma nei momenti più oscuri, abbiamo pianto? Abbiamo avuto quella bontà delle lacrime che preparano gli occhi per guardare, per vedere il Signore? Di fronte alla Maddalena che piange possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime. Piangere per tutto: per il bene, per i nostri peccati, per le grazie, per la gioia, anche. Il pianto ci prepara a vedere Gesù. E il Signore ci dia la grazia, a tutti noi, di poter dire con la nostra vita: “Ho visto il Signore”, non perché mi è apparso, ma perché “l’ho visto dentro al cuore”. E questa è la testimonianza della nostra vita: “Vivo così perché ho visto il Signore”.

L'ascolto dunque è lo sguardo del cuore che vede in Gesù il Signore. Come Maria sulla via del Calvario. Non a caso, all'ascolto del primo kerygma, del primo annuncio di Pietro il giorno di Pentecoste, gli abitanti si sentirono trafiggere il cuore: in quelle parole avevano "visto" il Signore "dentro al cuore" e avevano deciso di "fare" qualcosa per rispondere a quella Notizia. E Pietro rispose che l'unica opera era credere al Messia per ricevere lo Spirito Santo che ci apre gli occhi sulla Verità; solo così, anche noi,  potremo vivere come Lui "perché avremo visto il Signore". Questo sguardo della fede che Dio vuole donarci trapassa la "folla" di idee, pensieri, concupiscenze, ansie e nevrosi. L'ascolto umile "fa" la volontà di Dio, la realizza in noi perché ci consegna la Parola che ha il potere di creare, come al principio: "E Dio disse: Sia la luce e la luce fu". Così oggi, se Gesù pronuncia il tuo nome è per ricrearti nella bellezza e nella perfezione della sua somiglianza. La sua Parola si compie nel momento in cui è accolta e creduta, come accadde alla Vergine Maria, Madre e sorella di Gesù come nessun altro. Allora tutto quello che ci accade assume un aspetto e una sostanza nuova: diviene parte di una creazione che Dio rinnova ogni giorno. Questo significa che la speranza si dilata all'infinito, che non c'è situazione, per quanto compromessa, che non possa rinnovarsi e divenire feconda; non c'è relazione che debba ineluttabilmente conoscere solo la fine. Al contrario, l'ascolto apre all'obbedienza alla volontà di Dio, al bene che Egli vuole donare, al miracolo della Pasqua che vuole compiere. 

Ecco, di fronte a un matrimonio che sembra disintegrarsi, a un'amicizia ferita a morte dall'invidia e dalla gelosia, a un figlio scivolato nella droga, a questa società che, come un buco nero, sembra assorbire i giovani in uno stordimento assassino; di fronte ad ogni situazione siamo come Maria nella sua stanza a Nazaret. Certo, siamo anche "fuori" e desideriamo vedere la salvezza, ma la realtà è la nostra "umiliazione", la piccolezza e l'impotenza, la "verginità" che non può dare alla luce una nuova vita; anche noi, nonostante lo vorremmo, "non conosciamo uomo", non possiamo dare la vita e la salvezza. Ma Dio sì, a Lui nulla è impossibile: e questa è la sua volontà, questa è la Parola che attende di essere compiuta in noi. "Nulla" è impossibile al suo amore, nulla!!!! Mentre tutto è possibile, anche ora! Puoi perdonare, ora, tuo marito. Puoi scusare il vicino di casa. Puoi aprirti alla vita. Puoi lasciare quella amicizia che ti sta rovinando. Puoi abbandonare alcool o droga. Basta ascoltare davvero, e accogliere la sua Parola. 

Quanto è importante l'annuncio del Vangelo, la stoltezza di una predicazione semplice della notizia, la piu stolta per il mondo: Cristo è risorto, e oggi ti ama infinitamente, perdona ogni tuo peccato, e ti chiama. Come ha chiamato sua Madre, come ha chiamato la Maddalena. Questa notizia è la volontà meravigliosa di Dio per ogni uomo. A noi ascoltarla, crederla, accoglierla e annunciarla a tutti coloro che, attendono la nostra obbedienza. Le stesse parole di San Bernardo ha rivolto a Maria sono oggi per noi: "Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso. Non sia, che mentre tu sei titubante, Egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso". Leviamoci allora, e apriamo il nostro cuore a Cristo consegnandogli la nostra vita.



APPROFONDIMENTI



San Giovanni Paolo II: "Redemptoris Mater"

Il vangelo di Luca registra il momento in cui «una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse», rivolgendosi a Gesù: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!» (Lc 11,27). Queste parole costituivano una lode per Maria come Madre di Gesù secondo la carne. La Madre di Gesù non era forse conosciuta personalmente da questa donna; infatti, quando Gesù iniziò la sua attività messianica, Maria non lo accompagnava e continuava a rimanere a Nazareth. Si direbbe che le parole di quella donna sconosciuta l'abbiano fatta in qualche modo uscire dal suo nascondimento. Attraverso quelle parole è balenato in mezzo alla folla, almeno per un attimo, il vangelo dell'infanzia di Gesù. È il vangelo in cui Maria è presente come la madre che concepisce Gesù nel suo grembo, lo dà alla luce e lo allatta maternamente: la madre-nutrice, a cui allude quella donna del popolo. Grazie a questa maternità, Gesù - Figlio dell'Altissimo (Lc 1,32) - è un vero figlio dell'uomo. È «carne», come ogni uomo: è «il Verbo (che) si fece carne» (Gv 1,14). È carne e sangue di Maria! Ma alla benedizione, proclamata da quella donna nei confronti della sua genitrice secondo la carne, Gesù risponde in modo significativo: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11,28). Egli vuole distogliere l'attenzione dalla maternità intesa solo come un legame della carne, per orientarla verso quei misteriosi legami dello spirito, che si formano nell'ascolto e nell'osservanza della parola di Dio. Lo stesso trasferimento nella sfera dei valori spirituali si delinea ancor più chiaramente in un'altra risposta di Gesù, riportata da tutti i Sinottici. Quando viene annunciato a Gesù che «sua madre e i suoi fratelli sono fuori e desiderano vederlo», egli risponde: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,20). Questo disse «girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno», come leggiamo in Marco (Mc3,34) o, secondo Matteo (Mt 12,49), «stendendo la mano verso i suoi discepoli». Queste espressioni sembrano collocarsi sulla scia quel che Gesù dodicenne rispose a Maria e a Giuseppe, quando fu ritrovato dopo tre giorni nel tempio di Gerusalemme. Ora, quando Gesù partì da Nazareth e diede inizio alla sua vita pubblica in tutta la Palestina, era ormai completamente ed esclusivamente «occupato nelle cose del Padre» (Lc 2,49). Egli annunciava il Regno: «Regno di Dio» e «cose del Padre», che danno anche un; nuova dimensione e un nuovo senso a tutto ciò che è umano e, quindi, ad ogni legame umano, in relazione ai fini e ai compiti assegnati a ogni uomo. In questa nuova dimensione anche un legame, come quello della «fratellanza», significa qualcosa di diverso dalla «fratellanza secondo la carne», derivante dalla comune origine dagli stessi genitori. E persino la «maternità», nella dimensione del Regno di Dio, nel raggio della paternità d Dio stesso, acquista un altro senso. Con le parole riportate da Luca Gesù insegna proprio questo nuovo senso della maternità. Si allontana per questo da colei che è stata la sua genitrice secondo la carne? Vuole forse lasciarla nel l'ombra del nascondimento, che ella stessa ha scelto' Se così può sembrare in base al suono di quelle parole si deve però rilevare che la nuova e diversa maternità di cui parla Gesù ai suoi discepoli, concerne proprio Maria in modo specialissimo. Non è forse Maria la prima tra «coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica»? E dunque non riguarda soprattutto le quella benedizione pronunciata da Gesù in risposta alle parole della donna anonima? Senza dubbio, Maria è degna di benedizione per il fatto che è divenuta Madre di Gesù secondo la carne («Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte»), ma anche e soprattutto perché già al momento dell'annunciazione ha accolto la parola di Dio, perché vi ha creduto, perché fu obbediente a Dio, perché «serbava» la parola e «la meditava nel suo cuore» (Lc 1,45); (Lc 2,19) e con tutta la sua vita l'adempiva. Possiamo dunque affermare che la beatitudine proclamata da Gesù non si contrappone, nonostante le apparenze, a quella formulata dalla donna sconosciuta, ma con essa viene a coincidere nella persona di questa Madre-Vergine, che si è chiamata solo «serva del Signore» (Lc 1,38). Se è vero che «tutte le generazioni la chiameranno beata» (Lc 1,48), si può dire che quell'anonima donna sia stata la prima a confermare inconsapevolmente quel versetto profetico del Magnificat di Maria e a dare inizio al Magnificat dei secoli. Se mediante la fede Maria è divenuta la genitrice del Figlio datole dal Padre nella potenza dello Spirito Santo, conservando integra la sua verginità, nella stessa fede ella ha scoperto ed accolto l'altra dimensione della maternità, rivelata da Gesù durante la sua missione messianica. Si può dire che questa dimensione della maternità apparteneva a Maria sin dall'inizio, cioè dal momento del concepimento e della nascita del Figlio. Fin da allora era «colei che ha creduto». Ma a mano a mano che si chiariva ai suoi occhi e nel suo spirito la missione del Figlio, ella stessa come Madre si apriva sempre più a quella «novità» della maternità, che doveva costituire la sua «parte» accanto al Figlio. Non aveva dichiarato fin dall'inizio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38)? Mediante la fede Maria continuava ad udire ed a meditare quella parola, nella quale si faceva sempre più trasparente, in un modo «che sorpassa ogni conoscenza» (Ef 3,19), l'autorivelazione del Dio vivo. Maria madre diventava così, in un certo senso, la prima «discepola» di suo Figlio, la prima alla quale egli sembrava dire: «Seguimi», ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque altro (Gv 1,43). 







αποφθεγμα Apoftegma






Apri, Vercasa beata, il cuore alla fede,
le labbra all'assenso,
il più  mbo al Creatore.
Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti
batte fuori alla porta.
Non sia, che mentre tu sei titubante,
egli passi oltre e tu debba, dolente,
ricominciare a cercare colui che ami.
Levati su, corri, apri!
Levati con la fede, corri con la devozione,
apri con il tuo assenso.
San Bernardo

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