Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario






Lo zelo che divora


Il Signore si accende di zelo nel cortile del Tempio, riservato ai "gentili" che non avevano accesso al luogo separato per gli ebrei. Quel cortile costituiva la ragione d'essere del Tempio: Il Santo dei Santi era separato e inaccessibile proprio per proteggere dalla profanazione dei compromessi l'Arca della presenza di Dio, dove era custodita la Torah, la Parola creatrice e liberatrice che il Popolo aveva ascoltato come una primizia perché la facesse conoscere alle Nazioni. Allo stesso modo, la santità dettata dalla Legge che separava Israele dai pagani e dal loro modo di vivere, avrebbe dovuto custodire integra la fede e la primogenitura perché ogni uomo potesse incontrare in quel Popolo santo e così "diverso da tutte le Nazioni"  il volto misericordioso di Dio. La santità, infatti, non è mai segregazione narcisistica ed esclusione sprezzante. Per questo l'ira di Gesù si scatena sui venditori che, disprezzando il cuore della Legge, avevano piantato i loro traffici impuri nel luogo decisivo per l'annuncio del suo amore, sulla porta della fede, della salvezza e della vita. Egli entra nei cortili dove la santità s'era fatta mercato, e la "casa di preghiera" e di incontro con Dio per tutti i popoli era divenuta una "spelonca di ladri" che rubavano la speranza ai piccoli e ai pagani lucrando sulle cose sante. Con un gesto profetico Gesù getta luce su quel disordine che aveva pervertito la santità del Tempio, in vista della purificazione che avrebbe portato a compimento sulla Croce preparata per Lui dai "sommi sacerdoti, dai notabili del popolo e dagli scribi" che "cercavano di farlo perire" perché aveva smascherato la loro ipocrisia. Anche la castità, la sincerità, la sobrietà e tutte le virtù che il Signore dona ai cristiani sono i segni della vita nuova e santa che certificano l'autenticità del Vangelo che la Chiesa, nuovo Israele, è chiamata ad annunciare al mondo: "Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili” dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio" perché al loro "servizio sta la vita interna della Chiesa" (Benedetto XVI). La nostra vita rinnovata dal Vangelo è come il cortile dei gentili, l'incarnazione della ferita del costato di Cristo, la porta del suo cuore dischiusa ad accogliere i peccatori. La formazione che riceviamo nella Chiesa attraverso la Parola di Dio e i sacramenti è "al servizio" dell'umanità, affinché in ogni relazione ed evento, con le parole e le opere della fede adulta, possiamo annunciare la Buona Notizia attraverso la quale chi ci è accanto possa "agganciarsi a Dio". Per questo chi non annuncia il Vangelo optando per le mediazioni mondane annacquando la fede, riduce la Chiesa ad una "spelonca di ladri" che rubano i tesori della Grazia offerti ad essa per far conoscere agli uomini l'amore di Dio. E' necessaria allora la fedeltà quotidiana al Vangelo, lottando per preservare incontaminato il deposito della fede, senza dimenticare che appartenere a Cristo significa anche appartenere ad ogni uomo. Può accadere, infatti, anche a noi di commerciare ciò che è gratuito profanando così il Tempio che è la nostra vita destinata a custodire la presenza di Dio. Commerciare i doni santi di Dio per ricattare e legare a noi le persone vendendo o prestando a usura affetto, stima, pazienza e addirittura il perdono, approfittando della fragilità dell'altro, fa di noi uno scandalo che impedisce al Vangelo di "agganciare" i più deboli. Lo stesso che induce a fare del ministero presbiterale un business dell'ego: iniziative e riunioni per accalappiare la gente e comprare la loro stima; annunciando un vangelo senza Cristo che inganna le persone. Per questo lo zelo del Signore geloso della "sua casa", irrompe allora nelle nostre esistenze e le stravolge purificandole. Anche per questo le Chiese sono sempre più vuote! Pensate che il Signore, che ama davvero gli uomini, li lasci ingannare da chi commercia le sue cose per avere la chiesa piena dimenticando la ragione stessa dell'esistenza di quella chiesa? Per questo, in ogni nostra giornata è nascosto l'imprevisto, un mal di testa, un tamponamento, un fallimento, un'incomprensione, la Croce. Attraverso di essa Gesù "scaccia" i demoni - come recita il verbo originale del vangelo identico a quello "tecnico" utilizzato negli esorcismi - per ridonarci la santità perduta. Ma il suo zelo per noi rivela anche il suo amore per ciascun uomo. Purifica noi per salvare il mondo, perché "ogni giorno" questa generazione possa ascoltarlo "insegnare nel Tempio" del nostro corpo e della nostra vita, e così "pendere dalle sue labbra" che annunciano il perdono e la pace.










L'ANNUNCIO
In quel tempo, Gesù entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori, dicendo: "Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!".
Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.
 (Dal Vangelo secondo Luca 19, 45-48)



Il Signore si accende di zelo in quel luogo particolare che erano i cortili del Tempio, riservati a coloro che non avevano accesso diretto al Santo, al luogo separato, dove offrire il sacrificio. Nel suo Vangelo, Marco si riferisce al solo Cortile dei gentili. Luca parla di cortili in generale, i luoghi per i piccoli, per gli ultimi, per quanti non potevano avere parte al culto. Si tratta quasi di un rovesciamento, ed è quello che percorre tutto il Vangelo: quei cortili costituiscono l'unica ragione d'essere del Tempio. Il Santo dei Santi esisteva per i pagani, per i peccatori! L'esatto contrario di quanto avevano finito per interpretare gli scribi: la purezza, la santità di Israele e del suo culto non erano autoreferenti, fondamento per escludere il resto delle Nazioni. 


La santità, la separazione, il non contaminarsi era proprio per aprirsi, per servire i popoli, per offrire la Verità senza compromessi. La purezza che Dio aveva insegnato a Israele era amore, non segregazione ed esclusione. E questo è un criterio importante per la Chiesa e per ciascuno di noi. Difendere la fede perché non si annacqui non significa erigere steccati, delimitare il confine per una pretesa, latente e inconfessabile superiorità. La fede è gemella della carità, sempre. L'apertura amorevole della santità è direttamente proporzionale alla sua integrità. Non vi è morale fine a stessa, ripiegata in un narcisismo sprezzante. 


La castità, la sincerità, la sobrietà, tutte le virtù sono la realizzazione di un abbraccio d'amore verso ogni uomo. Un prete che viva la castità come uno sforzo e un impegno dovuto al suo ministero, senza ravvisarvi, e vivere, la fecondità del dono che essa suppone, il segno incontaminato di una vita oltre la morte, del potere di Gesù sulla concupiscenza, è un prete frustrato che difenderà posizioni, schemi e progetti. Così anche di un giovane che lotta per essere casto, se non vive la lotta nell'orizzonte autentico dell'amore, cadrà rovinosamente adirandosi come un animale ferito. 

La Chiesa non insegna la castità come una legge pesante, ma come un servizio d'amore ad ogni uomo: un giovane casto impara ad amare, a rispettare e a far presente, nella propria esperienza, il Cielo. Per questo Gesù manda innanzi tutto i suoi discepoli alle pecore perdute della casa di Israele, per ricondurre ogni suo figlio alla sua identità, che è quella di segno di salvezza per le Nazioni. Così anche la Chiesa ha bisogno continuo di purificazione, di rinnovare la propria primogenitura. Così ciascuno di noi.


Scrive Benedetto XVI nel suo primo volume su Gesù di Nazaret: "che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio" (p. 73). Gesù ha abbattuto, nella sua carne crocifissa, "il muro di separazione che era frammezzo", l'inimicizia tra giudei e pagani. Lui ha dato compimento pieno alla volontà di Dio, che prevede la salvezza di ogni uomo. 


Il Tempio esisteva per mostrare che non c'è più giudeo né greco, né uomo né donna, né schiavo né libero, ma che tutti sono uno in Cristo Gesù. Non si tratta di comunismo di bassa lega. Niente ideologie. E' l'opera di Cristo, abbattere le barriere, il peccato che è innanzi tutto inimicizia con Dio, e poi divisione tra gli uomini. Per questo non vi saranno più due popoli, non vi saranno due ma uno solo, come, in Adamo ed Eva, Dio aveva mostrato l'immagine perfetta della sua volontà originaria e mai smentita. Anzi, dopo il peccato, durante tutta la storia della salvezza, Egli è andato compiendo la ricreazione di questa comunione, immagine della comunione che regna nella Trinità, nel cuore stesso di Dio. 

E' l'amore, sine glossa. L'amore che fonde ma non confonde, e fa dei due una carne sola: la cosa molto buona deturpata dal peccato, ha ritrovato la bellezza originaria in Cristo e la sua Chiesa. Le nozze messianiche con le quali si conclude la Rivelazione nel Libro dell'Apocalisse è la chiamata che Dio fa ad ogni uomo attraverso i suoi primogeniti, i figli della Chiesa. E' lo zelo incontenibile che scaturisce dall'amore geloso di Dio per ogni uomo. Per questo l'ira di Gesù si scatena sui venditori che avevano piantato i loro traffici nel luogo decisivo, sulla porta della fede, della salvezza e della vita.


E' l'ira santa che si avventa su ogni tentativo di fare della Chiesa un luogo di mercato, una spelonca di ladri. Di chi, come profetizzava Geremia, si fa forte dell'appartenenza al Popolo e di avere il Tempio, come un'assicurazione sulla vita, mentre essa scorreva tra idolatria e adulterio. 

Ma l'appartenenza significa primogenitura di una moltitudine di popoliIsraele esiste per i popoli, esattamente come la Chiesa e come la vita di ciascuno di noiAppartenere a Cristo significa appartenere ad ogni uomo, perché "Egli è venuto ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito". 


Appartenere a Cristo e alla sua Chiesa significa essere tutto a tutti, come ha mostrato San Paolo, e poi San Francesco Saverio, e tutti gli apostoli che hanno sciolto la propria vita nell'annuncio del Vangelo, sino all'offerta del proprio sangue. La vita della Chiesa e di ogni discepolo di Cristo si identifica in questi cortili del Tempio, immagine e profezia della ferita del costato di Cristo, la porta del suo cuore dischiusa ad ogni uomo. Cortili dove gli uomini possano presentarsi a Dio nello stesso Spirito d'amore.

E' nel cortile dei gentili che si compie la nostra vita, come quella della Chiesa. Scambiare e commerciare ciò che è gratuito è profanare il Tempio, gli affetti, il lavoro, l'amicizia, il fidanzamento. Il matrimonio infatti è dato proprio come un cortile del Tempio, dove i piccoli, i pagani, immagini delle debolezze dell'altro, trovino il luogo dove incontrare la misericordia di Dio. 


Fare della debolezza dell'altro, dei suoi difetti e dei suoi peccati un luogo di mercato, una spelonca di ladri significa consegnare il Tempio alla distruzione, prendere in odio la primogenitura, e quindi la propria vita. Ricattare e prestare a usura affetto, stima, pazienza e addirittura il perdono, approfittando della fragilità dell'altro, è pervertire quanto Gesù ha amato e guardato con compassione e tenerezza. 



Abbiamo ridotto la Casa di Dio, la nostra vita, una spelonca di ladri; rubiamo le persone, le mettiamo sotto chiave perché possano saziare il nostro cuore. Inganniamo, come ogni venditore di fumo. Anche quando urliamo ai quattro venti d'esser coerenti, di dire le cose in faccia, d'essere liberi, di fatto stiamo indossando l'ennesima maschera, quella del "puro", del "sincero sino alle estreme conseguenze". 


Maschera buona, di solito, quando le altre, quelle più luccicanti e ammalianti, non hanno funzionato a dovere. Anche quella di "chi non guarda in faccia a nessuno" è, spesso, una maschera che ci mettiamo, così, per identificarci e staccarci dalla massa informe dei proni ai piedi degli altri. Comunque maschere. Comunque carnevale. Comunque insegne luminose, cartelloni pubblicitari, spot ben lanciati nell'etere ad attirare l'attenzione su di noi. 




E far soldi, accumulare fascine d'affetto, di stima, "manager dei sentimenti" nella calca della "borsa dei sentimenti", sperando e travagliando perché alla fine della giornata l'indice degli scambi mostri, finalmente, il segno "più". E soffriamo. Immensamente. Senza lo straccio di un solo bilancio in attivo. Sempre tutto in rosso. E sempre più soli. Già, la nostra solitudine di fronte all'invincibile gelosia di Dio, lo zelo del Figlio che irrompe nelle nostre esistenze e le stravolge, le purifica. Per questo in ogni giornata è nascosto l'imprevisto, un mal di testa, un tamponamento, un fallimento, un'incomprensione, qualcosa che, come un ago, fora il pallone gonfiato dai nostri sogni che è la nostra vita senza di Lui.

Ma noi siamo suoi, Lui ha consegnato la Sua vita per questi "zombi" sperduti nel mondo che siamo, vomitati dall'infernale macchina del commercio di affetti e sentimenti. Siamo del Signore, nonostante tutto. Anzi proprio perchè soli, perduti, stanchi e feriti, siamo suoi, le sue braccia distese, ora per noi. La sua casa, la sua famiglia, il suo luogo, il suo riposo, la sua gioia, il suo tempio siamo noi. Lui ci ha raccolti forse addirittura lontani dal Tempio, neanche dentro il cortile dei gentili. I suoi occhi folli d'amore hanno intercettato, nel nostro dimenarci tra peccati e dolori, un cortile più grande, il cui perimetro abbraccia la nostra esistenza intera; il cortile dove il nostro cuore, errando, cercava il volto di Dio. Il suo amore ci ha aperto il passaggio al Santo dei Santi, al suo cuore, il luogo dove sperimentare che la vita non è un affannato e tragico commercio. La nostra vita è stare con Lui, in Lui amare, donare e non rubare e accaparrare, in Lui perderci per essere persi in ogni "altro" che si appresta alla porta della nostra casa, la sua casa.


Lo zelo del Signore per noi riassume il Suo amore per ciascun uomo. La nostra vita fa parte della vita più grande della Chiesa, la sua casadove ha fissato l'appuntamento di salvezza per tutti i popoli. Dentro ad ogni evento vi è dunque il disegno di salvezza di Dio. Purifica noi per salvare il mondo. Caccia dalle nostre vite la paccottiglia che impedisce la liturgia di lode pensata per le nostre vite. Scaccia i demoni, secondo il verbo originale del vangelo identico a quello "tecnico" utilizzato negli esorcismi. Il Signore scaccia dal nostro cuore il traffico malefico innescato dal demonio, che, in cambio di una felicità avvelenata, ci ha sempre richiesto l'anima. Il Signore ci fa santi, ci "esorcizza" e "purifica" proprio attraverso gli inconvenienti, i dolori, le sofferenze. 
La Croce ci fa veri, cioè suoi, per attirare e salvare tutti quelli che ancora non lo sono, o meglio, che ancora non sanno di esserlo. Amore infinito per noi, amore infinito per tutti

Così con la Chiesa. Le difficoltà, le persecuzioni, la Croce la rendono bella, scacciano i mercanti di anime dal Tempio e la rinnovano perché sia un cortile dove accogliere ogni uomo. A questo proposito Benedetto XVI ha detto: "Come primo passo dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di tenere desta la ricerca di Dio negli uomini; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde. Mi viene qui in mente la parola che Gesù cita dal profeta Isaia, che cioè il tempio dovrebbe essere una casa di preghiera per tutti i popoli. Egli pensava al cosiddetto cortile dei gentiliche sgomberò da affari esteriori perché ci fosse lo spazio libero per i gentili che lì volevano pregare l’unico Dio, anche se non potevano prendere parte al mistero, al cui servizio era riservato l’interno del tempio. Spazio di preghiera per tutti i popoli – si pensava con ciò a persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano; che sono scontente con i loro dèi, riti, miti; che desiderano il Puro e il Grande, anche se Dio rimane per loro il “Dio ignoto”. Essi dovevano poter pregare il Dio ignoto e così tuttavia essere in relazione con il Dio vero, anche se in mezzo ad oscurità di vario genere. Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili” dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa" (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, Dicembre 2009). 


Gesù continuerà sempre a scacciare i demoni che tentano di annidarsi nella Chiesa per rendere impossibile l'aggancio. Chi non annuncia il Vangelo riduce la Chiesa ad una spelonca di ladri che rubano i tesori di Grazia, la Parola e l'amore di Dio offerti ad essa per agganciare gli uomini. Moralismi, potere, prestigio, denari, parole vane, slogan e progetti mondani sono i mattoni che riedificano il muro abbattuto dal Signore. Ma Lui tornerà ogni giorno a distruggerlo, per l'amore immenso che ha per ogni uomo. 

Gesù dopo la purificazione del Tempio vi insegna e il Popolo pende dalle sue labbra, avendo incontrato la Verità che il loro cuore cercava. Ma i notabili, i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire. Si avvicinava la purificazione definitiva. E così per la Chiesa, e ciascuno di noi: non ci si può sedere, mai; se così fosse, ci trasformeremmo di nuovo e in un baleno, in avidi mercanti. Per questo, come già accaduto ad Israele insediatosi nella Terra Promessa, vi sarà sempre qualcuno a minacciarci, a voler far perire Cristo e la sua Chiesa. Perché la sua autenticità, come quella del Tempio, risiede nel divenire, giorno dopo giorno, un cortile dove gli uomini possano agganciarsi a Dio! 



Così la nostra vita è un "gancio" offerto ad ogni uomo, e tutto di noi è indispensabile perché lo diventi davvero. Ed il gancio è stato e sarà sempre, sino alla consumazione dei secoli, l'annuncio che Gesù Cristo è il Signore, che ha vinto il peccato e la morte, salvezza gratuita offerta ad ogni uomo. 

Che il Signore ci conceda oggi e ogni giorno occhi di fede per vedere, in ogni evento della nostra vita l'incarnazione della sua mano distesa verso i poveri, i deboli, i peccatori. Ogni istante delle nostre esistenze è santo, parte della Storia di salvezza che cerca ogni uomo. Perch Dio sia tutto in tutti.





αποφθεγμα Apoftegma






Credo che la rievangelizzazione dell’Occidente, 
chiestaci con sacrosanta insistenza da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, 
non sia che questo: 
non, innanzitutto, complesse dottrine, bensì il ricominciare dal kérygma, 
dalla base su cui tutto si regge. 
Tornare a proclamare un semplice e al contempo scandaloso: 
Jesùs estì kyrios, Gesù è il Signore.

Vittorio Messori



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