10 Dicembre. Beata Vergine Maria di Loreto. Documentari, spiritualità, storia e testi bellissimi di Benedetto XVI

















DOCUMENTARI










SPIRITUALITA'






PREGHIERE







BENEDETTO XVI E LORETO







Un’omelia del cardinale Joseph Ratzinger (1991) 

La Casa della Madonna: “Casa aperta alla famiglia di Dio” 

Pubblichiamo l’omelia che il cardinal Joseph Ratzinger – ora Benedetto XVI - ha tenuto a Loreto l’8 settembre 1991, durante il solenne pontificale, in occasione della festività della Natività di Maria, alla presenza di numerosi pellegrini, provenienti anche da Altötting per il gemellaggio della città bavarese con Loreto. Il testo è tratto fedelmente da una bobina registrata, parola per parola (vedi Messaggio della S. Casa, novembre 1991, pp. 266-268).

Il giorno della Natività della Vergine Maria non è un compleanno come tanti altri. Celebrando il compleanno di una grande personalità della storia pensiamo ad una vita passata, pensiamo a cose passate, a fatti compiuti da tale personalità e all’eredità da essa lasciata
Pensiamo, in una parola, a cose di questo mondo. Con la Madre di Dio non è così. Maria non parla di se stessa. Dal primo momento della vita lei è totalmente trasparente per Dio, è come un’icona raggiante della bontà divina. Maria, con la totalità della sua persona, è un messaggio vivo di Dio per noi. Perciò Maria non appartiene al passato, Maria è contemporanea a noi tutti, a tutte le generazioni. Con la sua disponibilità alla volontà di Dio ha quasi trasferito, consegnato il tempo umano della sua propria vita nelle mani di Dio e, così, ha unito il tempo umano con il tempo divino. Con il suo presente permanente, perciò, Maria trascende la storia ed è presente sempre nella storia, presente con noi.
Maria impersona il messaggio vivo di Dio. Ma cosa ci dice di più precisamente la vita di Maria oggi, nel giorno della sua nascita? Mi sembra che proprio il santuario di Loreto, costruito attorno alla Casa terrena di Maria, costruito attorno alla Casa di Nazareth, possa aiutarci a capire meglio il messaggio della vita della Madonna. Queste pareti conservano per noi il ricordo del momento nel quale l’angelo venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, il ricordo della sua risposta: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Questa Casa umile è una testimonianza concreta, palpabile dell’avvenimento più grande della nostra storia che è l’incarnazione del Figlio di Dio.
Il Verbo si è fatto carne. Maria, la serva di Dio, è divenuta la “porta” per la quale Dio è potuto entrare in questo mondo. Anzi, non solo la “porta”, è divenuta “dimora”del Signore, “casa vivente”, dove ha abitato realmente il Creatore del mondo. Maria ha offerto la sua carne perché il Figlio di Dio diventasse come noi. E qui ci viene in mente la parola con la quale secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita umana dicendo al Padre: “Non hai voluto né sacrifici né offerta, un corpo invece mi hai preparato [...]. Allora io ho detto: ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà” (Ebr 10, 5-7).

La serva del Signore dice proprio la stessa cosa: mi hai preparato un corpo, ecco io vengo. In questa coincidenza della parola del Figlio con la parola della Madre si toccano, anzi si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa “casa vivente” del Signore, “tempio” dove abita l’Altissimo. E qui sopraggiunge un’altra considerazione: dove abita Dio, tutti noi siamo “a casa”; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono stranieri. Così è anche con la Casa di Maria e con la vita stessa di lei: è aperta per tutti noi. La madre di Cristo è anche la nostra Madre, di tutti quanti sono divenuti corpo di Cristo e costituiscono la famiglia di Cristo Gesù. Essi sono con Cristo e con la Madre, costituiscono la “sacra famiglia” di Dio.

Maria ci ha aperto la sua vita e la sua Casa perché, aprendosi a Dio, si è aperta a tutti noi e ci offre la sua Casa come Casa comune dell’unica famiglia di Dio. Possiamo dire: dove c’è Maria c’è la Casa; dove c’è Dio, siamo tutti “a casa”. La fede ci dà una casa in questo mondo, ci riunisce in una unica famiglia. Qui però nasce una domanda seria: la fede ci dice che siamo tutti fratelli e sorelle di Cristo, quindi un’unica famiglia; noi dobbiamo chiederci se questo è vero, se siamo realmente un’unica famiglia e, se non è vero, perché non è vero, perché le opposizioni, le lotte, l’egoismo lacerante?

La Casa di Nazareth non è una reliquia del passato, essa ci parla nel presente e ci provoca a un esame di coscienza. Dobbiamo domandarci se siamo realmente aperti anche noi al Signore, se vogliamo offrirgli la nostra vita perché sia una dimora per lui; oppure se abbiamo un po’ di paura della presenza del Signore, se abbiamo paura che essa possa limitare la nostra dignità, se vogliamo forse riservarci una parte della nostra vita che vorremmo appartenesse solo a noi e non fosse conosciuta da Dio, che non dovrebbe avvicinarsi ad essa.
Mi sembra che questa Casa di Nazareth conservi, anche sotto questo punto di vista, un simbolismo molto prezioso. Come sapete, questa Casa ha solo tre pareti: è una Casa aperta, dunque, è come un invito, è come un abbraccio aperto. Essa, cosi, ci dice: aprite anche voi le vostre case, le vostre famiglie, la vostra vita alla presenza del Signore.

Questa Casa sia aperta alla famiglia di Dio, a tutti i figli di Dio, ai fratelli e alle sorelle di Cristo! Lasciamoci sfidare, accettiamo la parola della Madre che ci dice: venite, venite nella mia Casa e diventate anche voi, ogni giorno della vostra vita, realmente dimora del Signore.
Questa Casa diventa così come una famiglia aperta, nella quale tutti i figli di Dio, tutte le creature di Dio sono anche fratelli e sorelle nostri. Maria, dunque, è “casa vivente” del Signore; la Casa di Nazareth è casa comune di tutti noi, perché, dove abita Dio tutti siamo “a casa”.
Questa Casa nazaretana nasconde un altro messaggio. Finora abbiamo detto che Dio non è un Dio astratto, puramente spirituale, lontano da noi: Dio si è legato alla terra, Dio ha una storia comune con noi, una storia palpabile, visibile, qui, in questi segni della sua storia e soprattutto nella Santa Chiesa e nei sacramenti.
La fede ci fa “abitare” ma ci fa anche “camminare”. Anche su questo punto la Casa nazaretana conserva un insegnamento importante. Quando i crociati hanno trasferito le pietre della Casa nazaretana dalla Terra Santa qui sulla terra italiana, hanno fissato il nuovo posto della Casa sacra su una strada. È una casa - mi sembra - molto strana, perché casa e strada sembrano escludersi: o casa o strada, vogliamo dire. Ma proprio così si esprime il messaggio vero di questa Casa, che non è una casa privata di una persona, di una famiglia, di una stirpe, ma sta sulla via di noi tutti: è una Casa aperta di noi tutti. La stessa Casa ci fa “abitare” e ci fa “camminare”.

La vita stessa è la casa della famiglia di Dio che è in pellegrinaggio con Dio, verso Dio, verso la casa definitiva e verso la “città nuova”. E qui possiamo essere ancora più concreti.
Tutti i santuari, i grandi santuari del mondo, hanno offerto sempre a persone di nazioni diverse, di razze, di professioni diverse questa esperienza preziosa della casa nuova della famiglia comune di tutti i figli di Dio. Questa esperienza della casa però presuppone l’esperienza di un cammino, l’esperienza del pellegrinaggio. Il pellegrinaggio è una dimensione fondamentale dell’esistenza cristiana.
Solo camminando, pellegrinando possiamo superare le frontiere delle nazioni, delle professioni, delle razze. Possiamo diventare uniti solo andando insieme verso Dio. Il significato di questo gemellaggio tra Loreto e Altötting si inserisce in questa realtà: ci dice lo stesso che dobbiamo andare insieme, dobbiamo divenire pellegrini dell’eterno, dobbiamo alzarci sempre di nuovo verso Dio, verso la pace divina, verso l’unità con Dio e la sua unica famiglia. 



OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Piazza della Madonna di Loreto
Giovedì, 4 ottobre 2012



Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle!


Il 4 ottobre del 1962, il Beato Giovanni XXIII venne in pellegrinaggio a questo Santuario per affidare alla Vergine Maria ilConcilio Ecumenico Vaticano II, che si sarebbe inaugurato una settimana dopo. In quella occasione, egli, che nutriva una filiale e profonda devozione alla Madonna, si rivolse a lei con queste parole: «Oggi, ancora una volta, ed in nome di tutto l’episcopato, a Voi, dolcissima Madre, che siete salutata Auxilium Episcoporum, chiediamo per Noi, Vescovo di Roma e per tutti i Vescovi dell’universo di ottenerci la grazia di entrare nell’aula conciliare della Basilica di San Pietro come entrarono nel Cenacolo gli Apostoli e i primi discepoli di Gesù: un cuor solo, un palpito solo di amore a Cristo e alle anime, un proposito solo di vivere e di immolarci per la salvezza dei singoli e dei popoli. Così, per la vostra materna intercessione, negli anni e nei secoli futuri, si possa dire che la grazia di Dio ha prevenuto, accompagnato e coronato il ventunesimo Concilio Ecumenico, infondendo nei figli tutti della Santa Chiesa nuovo fervore, slancio di generosità, fermezza di propositi» (AAS 54 [1962], 727).

A distanza di cinquant’anni, dopo essere stato chiamato dalla divina Provvidenza a succedere sulla cattedra di Pietro a quel Papa indimenticabile, anch’io sono venuto qui pellegrino per affidare alla Madre di Dio due importanti iniziative ecclesiali: l’Anno della fede, che avrà inizio tra una settimana, l’11 ottobre, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, da me convocata nel mese di ottobre sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Cari amici! A voi tutti porgo il mio più cordiale saluto. Ringrazio l’Arcivescovo di Loreto, Mons. Giovanni Tonucci, per le calorose espressioni di benvenuto. Saluto gli altri Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Padri Cappuccini, ai quali è affidata la cura pastorale del santuario, e le Religiose. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, Dott. Paolo Niccoletti, che pure ringrazio per le sue cortesi parole, al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari presenti. E la mia riconoscenza va a tutti coloro che hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la realizzazione di questo mio Pellegrinaggio.
Come ricordavo nella Lettera Apostolica di indizione, attraverso l’Anno della fede «intendo invitare i Confratelli Vescovi di tutto l’orbe perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede» (Porta fidei, 8). E proprio qui a Loreto abbiamo l’opportunità di metterci alla scuola di Maria, di lei che è stata proclamata «beata» perché «ha creduto» (Lc 1,45). Questo Santuario, costruito attorno alla sua casa terrena, custodisce la memoria del momento in cui l’Angelo del Signore venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, ed ella diede la sua risposta. Questa umile abitazione è una testimonianza concreta e tangibile dell’avvenimento più grande della nostra storia: l’Incarnazione; il Verbo si è fatto carne, e Maria, la serva del Signore, è il canale privilegiato attraverso il quale Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). Maria ha offerto la propria carne, ha messo tutta se stessa a disposizione della volontà di Dio, diventando «luogo» della sua presenza, «luogo» in cui dimora il Figlio di Dio. Qui possiamo richiamare le parole del Salmo con le quali, secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita terrena dicendo al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”» (10,5.7). Maria dice parole simili di fronte all’Angelo che le rivela il piano di Dio su di lei: «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). La volontà di Maria coincide con la volontà del Figlio nell’unico progetto di amore del Padre e in lei si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa «casa vivente» del Signore, tempio dove abita l’Altissimo. Il Beato Giovanni XXIII cinquant’anni fa, qui a Loreto, invitava a contemplare questo mistero, a «riflettere su quel congiungimento del cielo con la terra, che è lo scopo dell’Incarnazione e della Redenzione», e continuava affermando che lo stesso Concilio aveva come scopo di estendere sempre più il raggio benefico dell’Incarnazione e Redenzione di Cristo in tutte le forme della vita sociale (cfr AAS 54 [1962], 724). E’ un invito che risuona oggi con particolare forza. Nella crisi attuale che interessa non solo l’economia, ma vari settori della società, l’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice quanto l’uomo sia importante per Dio e Dio per l’uomo. Senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni ad essere uomo. Con Dio anche nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna.

Ma il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo «a casa»; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del suo Figlio. È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fratelli e sorelle. Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi vogliamo essere aperti al Signore, se vogliamo offrire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà, e se vogliamo riservarci una parte della nostra vita, in modo che possa appartenere solo a noi. Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione.

La fede ci fa abitare, dimorare, ma ci fa anche camminare nella via della vita. Anche a questo proposito, la Santa Casa di Loreto conserva un insegnamento importante. Come sappiamo, essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, la casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta (cfr Ap 21,3).

C’è ancora un punto importante del racconto evangelico dell’Annunciazione che vorrei sottolineare, un aspetto che non finisce mai di stupirci: Dio domanda il «sì» dell’uomo, ha creato un interlocutore libero, chiede che la sua creatura Gli risponda con piena libertà. San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «L’angelo attende la tua risposta, perché è ormai tempo di ritornare a colui che lo ha inviato… O Signora, da’ quella risposta, che la terra, che gli inferi, anzi, che i cieli attendono. Come il Re e Signore di tutti desiderava vedere la tua bellezza, così egli desidera ardentemente la tua risposta affermativa… Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» (In laudibus Virginis MatrisHom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, p. 53s). Dio chiede la libera adesione di Maria per diventare uomo. Certo, il «sì» della Vergine è frutto della Grazia divina. Ma la grazia non elimina la libertà, al contrario, la crea e la sostiene. La fede non toglie nulla alla creatura umana, ma ne permette la piena e definitiva realizzazione.

Cari fratelli e sorelle, in questo pellegrinaggio che ripercorre quello del Beato Giovanni XXIII - e che avviene, provvidenzialmente, nel giorno in cui si fa memoria di san Francesco di Assisi, vero «Vangelo vivente» - vorrei affidare alla Santissima Madre di Dio tutte le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca di serenità e di pace, i problemi di tante famiglie che guardano al futuro con preoccupazione, i desideri dei giovani che si aprono alla vita, le sofferenze di chi attende gesti e scelte di solidarietà e di amore. Vorrei affidare alla Madre di Dio anche questo speciale tempo di grazia per la Chiesa, che si apre davanti a noi. Tu, Madre del «sì», che hai ascoltato Gesù, parlaci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo sulla via della fede, aiutaci ad annunciarlo perché ogni uomo possa accoglierlo e diventare dimora di Dio. Amen!





TELEFONATA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL
 36° PELLEGRINAGGIO A PIEDI MACERATA-LORETO
Sabato, 7 giugno 2014


Cari giovani che fate il pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto!

Anche quest’anno ho voluto farmi presente in mezzo a voi, almeno virtualmente. E’ una gioia; sono davvero felice che il vostro pellegrinaggio quest’anno si svolga proprio nella notte che precede la festa dello Spirito Santo - la Pentecoste - e dell’incontro di preghiera che si terrà domani, in Vaticano, per invocare il dono della pace in Terra Santa, nel Medio Oriente e in tutto il mondo. Vi chiedo per favore: unitevi a noi e chiedete a Dio, per l’intercessione della Madonna di Loreto, di far risuonare nuovamente in quella terra il cantico degli angeli: “Gloria a Dio nel cielo e pace agli uomini” (cfr Lc 2,14).

Cari giovani, il vostro tema è: “Dio è il Signore delle sorprese!”, e questo è vero! Per questo non abbiate paura di sognare un mondo più giusto; di domandare, di cercare e di approfondire. Voi sapete che la fede non è un’eredità che riceviamo dagli altri, la fede non è un prodotto che si compra, ma è una risposta d’amore che diamo liberamente e costruiamo quotidianamente con pazienza, tra successi e fallimenti.

Non temete di gettarvi tra le braccia di Dio. Dio non vi chiederà nulla se non per benedirlo e ridonarvelo moltiplicato cento volte tanto!

Non lasciatevi scoraggiare dai perdenti o dai paurosi che vi vogliono togliere il sogno, che vi vogliono rinchiudere nelle loro mentalità buie invece di lasciarvi volare nella luce della speranza! Per favore, non cadete nella mediocrità! In quella mediocrità che abbassa e che ci fa rende grigi, ma la vita non è grigia, la vita è per scommetterla per i grandi ideali e per le cose grandi.

La negatività è contagiosa ma anche la positività è contagiosa; la disperazione è contagiosa ma anche la gioia è contagiosa: non seguite persone negative ma continuate a irradiare intorno a voi luce e speranza! E sapete che la speranza non delude, non delude mai!

Nulla si perde con Dio ma senza di Lui tutto è perduto; aprite a Lui il vostro cuore e abbiate fiducia in Lui e i vostri occhi vedranno le sue vie e le sue meraviglie (cfr Pr 23,26).

Questa notte, pregando per la pace a Loreto, vicino alla Madonna, non dimenticate di fare una preghiera anche per me, ne ho bisogno!
Grazie tante, avanti e buon cammino!
Pregate a favore e non contro!
Buonanotte. Il Signore vi benedica e andate in pace!
Vi benedica Dio Onnipotente: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo! Che la Madonna vi accompagni! Grazie!



STORIA




Hic Verbum caro factum est

Fede, storia e "mistero" della Santa Casa di Loreto


di padre Mario Piatti icms, direttore del mensile “Maria di Fatima”


ROMA, lunedì, 10 dicembre 2012 (ZENIT.org) - Come in uno scrigno prezioso, intessuto di fede, di arte e di devozione, il Santuario di Loreto custodisce la “Casa Santa” di Nazareth, dove l’Angelo annunciò alla Vergine Maria la sua divina maternità. L’antica tradizione parla di Angeli che portarono miracolosamente, in volo, la venerata dimora, prima a Tersatto (nell’attuale Croazia) e poi, dopo altre “tappe”, il 10 dicembre del 1294, a Loreto.
Gli studi più recenti hanno confermato l’origine palestinese dell’edificio, caratterizzato da tre pareti, alte circa tre metri (la parte superiore dei muri e la copertura sono aggiunte di materiale locale, marchigiano), prive di fondamenta, di manifattura orientale e recanti anche numerosi graffiti, incisi sulle pietre, di evidente attribuzione giudeo-cristiana, equiparabili ad altre simili, scoperte a Nazareth.
La storia e la archeologia, ancora una volta, non contraddicono, anzi avvalorano e sostengono quanto trasmessoci nei secoli. Rimangono certamente aperti numerosi interrogativi sulle modalità del “trasporto”, ritenuto oggi, dai più, opera della nobile famiglia “Angeli”, che avrebbe sottratto ai Musulmani tale reliquia, unica e insigne, traferendola, via mare, in Italia.
La Santa Casa – le tre pareti originarie, fino appunto all’altezza dei tre metri circa - proprio per la sua configurazione e per la pietra utilizzata, sconosciuta nel territorio marchigiano, denuncia la sua ascendenza medio-orientale, con particolare riferimento alla tecnica dei Nabatei, ben attestata, in Galilea, agli inizi dell’era cristiana.
Il confronto con la Grotta di Nazareth ha rivelato una innegabile continuità tra l’edificio di Loreto e la parte, scavata nella roccia, rimasta in Palestina. Gli studi hanno consentito, perciò, di togliere qualsiasi dubbio sulla provenienza della Casa, senza risolverne, d’altra parte, del tutto i problemi.
Anche il trasferimento della abitazione “per mano d’uomo” lascia in sospeso diverse domande: circa, a esempio, la mancanza di una documentazione più precisa; circa le oggettive difficoltà di scomporre e ricostruire la Casa stessa, che non pare riportare i segni di una simile “operazione”. Forse – mi si perdoni l’accostamento un po’ azzardato - come la Sacra Sindone di Torino, non si giungerà mai a una definitiva chiarificazione di ogni aspetto, perché di “mistero” comunque si tratta (cioè di realtà che oltrepassano i limiti della nostra immediata comprensione).
Per chi non crede, qualunque “prova” risulterà sempre insufficiente, contestabile, provvisoria; per chi crede, la venerazione, colma di stupore, del Lenzuolo funerario di Cristo o l’immergersi nel silenzio orante della Casa Santa di Loreto sono già la risposta più bella, che fuga dubbi e sospetti di ogni genere e suggerisce allo spirito: digitus Dei hic est”.
Tra le pareti di quella umile e semplicissima dimora avvenne il mistero più grande che si possa immaginare. Jahvé ha visitato il suo popolo: attraverso il “sì” generoso di una fanciulla, Dio è penetrato nella Storia, dando un significato nuovo a tutta la nostra complessa realtà umana. Il Verbo si fa carne nel silenzio di Nazareth, dentro il segreto di un Cuore illuminato dalla Grazia e reso dimora dell’Eterno.
L’Annuncio dell’Angelo rivela l’attitudine contemplativa di Maria Santissima, il suo trattenersi volentieri in intimo dialogo con Dio, amato e cercato in ogni cosa. L’iconografia cristiana ha prodotto una gamma infinita di capolavori, che raffigurano la Vergine nel suo incontro con il messo celeste. La straordinarietà di quell’evento, in realtà, è stata preparata da tutta la sua vita, nascosta in Dio e quotidianamente offerta all’Altissimo.
Chi prega, chi prega bene, permette a Dio di illuminare la sua coscienza e le sue scelte; è sostenuto dalla Grazia a ricercare, in tutto, il vero Bene della sua anima, dei suoi fratelli, del mondo intero; è aiutato oggi,adesso, ad affrontare la fatica del suo presente, senza dimenticare tuttavia la meta definitiva, “l’eschaton”, le ultime realtà.
La vera “prudenza cristiana” tiene conto di tutto; inserisce le scelte nel quadro più ampio e articolato della propria vita e della vita di un popolo, peregrinante nel tempo, verso la Eternità. La vera prudenza sa guardare oltre le difficoltà contingenti, perché considera il più vasto orizzonte del suo destino. Chi non prega abitualmente, chi non sa più riflettere né meditare, può avere larghe competenze nel suo campo, ma perde di vista il tutto, la meta, la destinazione finale.
Maria Santissima rivela la sua capacità di ascoltare la voce di Dio e di affrontare poi i problemi concreti, correttamente e coraggiosamente, lasciandosi guidare dalla Grazia, che opera in Lei e dallo Spirito Santo. Un Cuore, che si immerge volentieri nel mistero di Dio, sa poi essere capace di deliberare in fretta e saggiamente, di prendere decisioni giuste, per realizzare quel fine buono che il Signore affida a ciascuno, nel suo disegno universale di salvezza.
Tutto questo avviene in quella povera dimora di Nazaret, venuta – chissà come e chissà per quale misteriosa trama di eventi - fin sulle nostre dolcissime colline marchigiane, per essere un faro di Verità, di luce e di pace, per la nostra amata e travagliata nazione e per il mondo intero. A noi spetta il compito di raccogliere i “messaggi del Cielo”, di custodirli – come la Madre di Dio - nel cuore e di trasmetterli, generosamente e coraggiosamente, al mondo. 


LA VERIDICITA’ STORICA DELLA MIRACOLOSA TRASLAZIONE
DELLA SANTA CASA DI NAZARETH A LORETO”

del Prof. Giorgio Nicolini


LA “RIVELAZIONE SOPRANNATURALE”
DI SANTA CATERINA DA BOLOGNA


Nel “Rosarium” di Santa Caterina da Bologna (1413-1463), un testo redatto dalla Santa nel 1440 (circa trenta anni prima della narrazione stampata della “Translatio miraculosa” riportata dal Beato Giovanni Spagnoli, detto il Mantovano, e da Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano), viene riportato “per rivelazione soprannaturale del Signore” la vicenda storica della “miracolosa traslazione” della Santa Casa di Nazareth.
Santa Caterina da Bologna in quel testo mostra di colloquiare direttamente con Gesù, apparsogli “per grazia”; ella infatti scrive: “In questo giorno (il 25 marzo 1440), tu, o Signore, hai rivelato a me, apparendomi per grazia… ”. Poi, dopo aver riportato “la rivelazione soprannaturale” che fra quelle Sacre Pareti della Santa Casa di Loreto la Vergine Maria fu “concepita” Immacolata ed ivi anche “nacque”, descrive sinteticamente le varie successioni del “trasporto angelico” della Santa Casa di Nazareth, secondo come “rivelatogli” da Gesù durante l’apparizione.
(testualmente): “Alla fine questa dimora, consacrata prima dai tuoi apostoli che vi hanno celebrato i divini misteri con miracoli, per l’idolatria di quella gente fu trasportata in Dalmazia da uno stuolo di angeli. Quindi, per le stesse e per altre ragioni, portarono questa degnissima chiesa in vari luoghi. Finalmente, portata dai santi angeli, fu collocata stabilmente a Loreto e posta nella provincia d’Italia e nelle terre della Santa Chiesa” (“Rosarium”, I Mist. Gaud., vv.73 ss.- Da una traduzione dal testo latino pubblicata in “Messaggio della Santa Casa”, 2001, n.7, p.211).
Si può dubitare di “una testimonianza” così straordinaria?… Santa Caterina da Bologna è l'unica Santa che, avendo il corpo incorrotto, rimane “seduta” da ormai sei secoli - contro ogni legge naturale - per un atto di obbedienza compiuto “dopo la sua morte”. Ciò è da tutti constatabile recandosi a visitarla direttamente a Bologna, in Via Tagliapietre n°23, presso il Monastero “Corpus Domini”. Si può, perciò, dubitare di questa Santa, riguardo alla verità del colloquio diretto avuto da lei con Gesù e a riguardo delle “rivelazioni” a lei fatte dal Signore, che confermano in modo straordinario la “tradizione” - ininterrottamente “approvata” dalla Chiesa - della “miracolosa traslazione” della Santa Casa ad opera degli spiriti celesti (o “angeli”)?
Dal breve testo di Santa Caterina si può, infatti, dedurre:
• il motivo della traslazione della Santa Casa (l'idolatria delle popolazioni locali);
• la miracolosità della traslazione (avvenuta per il ministero degli angeli);
• il trasporto a Tersatto, in Dalmazia (nel 1291);
• il trasporto “in vari luoghi” (come in Ancona, località Posatora, nel 1295, per nove mesi, e altrove);
• la collocazione stabile a Loreto tra il 1295 e il 1296 (con tre traslazioni “in loco”: nel punto ove si trova ora la "traslazione" è del 1296);
• il motivo della scelta (perché “terre della Santa Chiesa”).


LE RIVELAZIONI DELLA BEATA CATERINA EMMERICK
SULLE MIRACOLOSE TRASLAZIONI DELLA SANTA CASA
E IL RITROVAMENTO DELLA CASA DI MARIA AD EFESO

A conferma, ancora, della “veridicità storica” delle “miracolose traslazioni” della Santa Casa vi sono, poi, anche altri Santi che hanno dato la stessa importantissima testimonianza, sempre “per rivelazione soprannaturale”: come, ad esempio, la mistica tedesca Beata Anna Caterina Emmerich (1774-1824), che con le sue “descrizioni minuziose”, e tutte - nel riscontro - corrispondenti al vero, di “luoghi” in cui mai si era recata, fece ritrovare (dopo secoli di dimenticanza) anche la casa di Efeso ove la Vergine Maria trascorse gli ultimi anni di vita e ove morì e fu assunta in Cielo in anima e corpo. Anche lei costituì un autentico “miracolo vivente” per la gente a lei contemporanea, poiché, costretta dalla malattia all’immobilità, dal 1813 in poi si alimentò fino alla morte, per undici anni, della sola Comunione Eucaristica. Può un essere umano vivere senza nutrirsi per undici anni, vivendo della sola Comunione Eucaristica? Ed era anche “stigmatizzata”, come San Pio da Pietrelcina. Può “la scienza” spiegare “questi” “miracoli”?…
Nel caso della Beata Caterina Emmerich si può dire che, ancora di più che della rivelazione di Santa Caterina da Bologna, l’autenticità e veridicità delle sue “rivelazioni” e “visioni” avute (oltre che dal riscontro oggettivo fatto nella realtà), sono state avallate in modo straordinario proprio da Dio stesso, con il “miracolo vivente” della sua “sussistenza miracolosa” mediante il solo “nutrimento” della sola Comunione con Gesù Eucaristia. Non può perciò ella aver ingannato nessuno, se Dio stesso ne comprovava la veridicità di quanto affermava con il “miracolo vivente” che la sua vita stessa costituiva presso i suoi contemporanei.
In proposito, Gesù stesso dice nel Vangelo (e ciò forse non vale anche per i suoi Santi?…): “Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere…” (Gv.10,37-38). E anche “Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace” (Gv.5,31-32). E ancora: “Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza; chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero” (Gv.3,32-33).
A riguardo della Santa Casa di Loreto, la Beata Caterina Emmerich - per anni immobile nel letto - la descrive con esattezza, pur senza averla mai vista, dichiarando che ivi avvenne l’Annunciazione dell’Angelo a Maria; e afferma anch’ella che la Santa Casa fu portata via da Nazareth proprio dagli “angeli” (quelli “veri”, quelli “spirituali”), e proprio “in volo”, e affermando risolutamente (e testualmente): “Le pareti della Santa Casa di Loreto sono assolutamente le stesse di Nazareth” (cfr. “Le Rivelazioni di Caterina Emmerick”, ed. Cantagalli, Siena, 1968, I°, p.140).
Questa è la descrizione del “trasporto angelico” della Santa Casa come ha avuto “in visione” – e più volte! - la Beata: “Ho visto spesso, in visione, la traslazione della Santa Casa di Loreto. (…) Ho visto la Santa Casa trasportata sopra il mare da sette angeli. Non aveva alcun fondamento (…). Tre angeli la tenevano da una parte e tre dall’altra; il settimo si librava di fronte: una lunga scia di luce sopra di lui (…)” (Beata Anna Caterina Emmerich, “Vita di Gesù Cristo e rivelazioni bibliche”, cap. IV, par.2°). La Beata Caterina Emmerich, nel testo sopra riportato, “rivela” persino il numero degli angeli deputati da Dio a questo “miracoloso trasporto”: esattamente sette angeli. … (omissis)…
Per quanto mi riguarda - checché se ne dica e se ne pensi da chicchessia - a me basta già solo “la testimonianza” e “le rivelazioni” di Santa Caterina da Bologna e, in aggiunta, “le visioni” e “le rivelazioni” ancor più esplicite e dettagliate della Beata Anna Caterina Emmerich (ma anche di altri Santi!…), per “accettare” il fatto della “veridicità storica” della “miracolosa traslazione” della Santa Casa di Nazareth a Loreto e “rifiutare” ogni altra interpretazione riguardo “al modo” di tale traslazione. Tutto ciò che non collima con tali “rivelazioni” (che sono però, ovviamente, solo di “fede umana” e non di “fede divina”) per me è comunque sicuramente “sbagliato” e “falso” già “alla radice”, anche se asserito in “buona fede” (ma talvolta - da certi autori - anche in “mala fede”, contro ogni più ovvia “evidenza” “documentale”!). E ciò perché se una realtà è “vera” in un modo (perché è stata così “rivelata” da Dio ai suoi Santi), non può essere vero il suo contrario. Né la scienza potrà mai contraddirla in alcun modo: al contrario, non potrà che avallarla!… E così è anche riguardo alla “veridicità storica” della “miracolosa traslazione” della Santa Casa di Nazareth a Tersatto (in Dalmazia), poi “in vari luoghi” (e quindi non solo a Tersatto e a Loreto) e, infine, a Loreto. … (omissis)…
Dal libro “LA VERIDICITA’ STORICA DELLA MIRACOLOSA TRASLAZIONE
DELLA SANTA CASA DI NAZARETH A LORETO” del Prof. GIORGIO NICOLINI
Cfr. indirizzo Internet wwwlavocecattolica.it/la.miracolosa.traslazione.html

SE SI ACCETTA E SI E’ REALMENTE CONSTATATO CHE LE VISIONI MISTICHE DELLA BEATA ANNA CATERINA EMMERICH HANNO FATTO RITROVARE LA CASA DI MARIA AD EFESO, OVE SI SONO RECATI ANCHE I PAPI GIOVANNI PAOLO II E BENEDETTO XVI, NON SONO PERCIO’ VERE ANCHE LE SUE “VISIONI” DELLE “TRASLAZIONI MIRACOLOSE” DELLA SANTA CASA DI NAZARETH SINO A LORETO, AD OPERA DI SETTE ANGELI?... E COME HA FATTO A DESCRIVERE LA CASA DI EFESO E LA SANTA CASA DI LORETO IN MODO COSI’ MINUZIOSO SENZA AVERLE MAI VISTE SE LE SUE RIVELAZIONI NON FOSSERO AUTENTICHE E QUINDI SE NON FOSSERO AUTENTICHE – NELLA REALTA’ STORICA - ANCHE LE MIRACOLOSE TRASLAZIONI?... Prof. GIORGIO NICOLINI



“LA VENUTA”
OSSIA LA TRASLAZIONE MIRACOLOSA DELLA SANTA CASA “IN VARI LUOGHI”
SECONDO LA TRADIZIONE E LA RELIGIOSITA’ POPOLARE


Qualche anno fa, il 23 dicembre, mi trovai per caso a passare per Cascia, dove sostammo qualche ora per attendere l’orario della corriera che da Roma ci portava a Loreto. Era freddo e nella conca stretta della patria di Santa Rita, e molto più nei circostanti monti, vi era la neve. Eravamo sul mezzogiorno, il cielo era limpido e un lucente sole riscaldava sensibilmente gli angoli riparati della piccola cittadina. In uno di questi angoli vidi un ragazzo sui dodici anni che si godeva appunto i bei raggi del sole. Osservai che aveva una mano fasciata. Con senso di umanità mi avvicinai a lui e gli chiesi: “Che cosa ci hai fatto alla mano?”. “Mi sono ferito la notte del “passaggio””, mi rispose. Non capii; e gli domandai che cosa era questo “passaggio” di cui parlava. Egli mi guardò con una certa meraviglia e mi disse: “Ma lei non sa che il 10 dicembre è IL PASSAGGIO della Madonna di Loreto?”.
In realtà la Festa della Traslazione della Santa Casa in Umbria si chiama la Festa del PASSAGGIO, come nelle Marche si dice invece la Festa della VENUTA. Così è infatti che la tradizione popolare vuole che la Santa Casa PASSASSE per l’Umbria prima di venire nelle Marche. Anche in Umbria in realtà si fa gran festa per il 10 dicembre: verso le ore tre antimeridiane suonano le campane, la gente si alza, e, se non può andare in chiesa, recita le Litanie Lauretane. In fatto di tradizioni popolari, mi si dice che, mentre la traslazione nelle Marche si qualifica con la parola “VENUTA” e nell’Umbria con quella di “PASSAGGIO”, in qualche zona della Toscana si chiama “IL GRAN TRAGITTO”.
Questa radicatissima tradizione popolare, in gran parte dell’Italia Centrale, fa veramente riflettere; e a ben considerare non è altro che la riconferma della prodigiosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Tersatto presso Fiume (1291) e da Tersatto sul Colle dei Lauri, a Loreto, nel 1294 (1296). In tale data sul colle fortunato apparve una modestissima cappella, costruita in pietra rozzamente tagliata, che prima non c’era, e che i bravi e intelligenti Recanatesi (i Loretani allora non c’erano), per le verifiche fatte e per i prodigi avvenuti, qualificarono per la Casetta natale della Vergine Maria.
Tale fatto avvenne e tale tradizione si formò non già in epoca preistorica e nemmeno nel primo oscuro medioevo, ma nel medioevo luminoso, e proprio contemporaneamente all’Alighieri, tanto che allusivi a Loreto sono ritenuti i versi:
In quel loco fu’ io Pier Damiano
E Pietro Pescator fu nella Casa
Di nostra Donna in sul lito adriano (adriatico)
(Paradiso, XXI).
In quello scorcio del secolo XIII si avevano bene gli occhi aperti e la Chiesa era ben presente nelle Marche con i suoi Vescovi e con i suoi visitatori; e quindi un inganno tanto colossale – se il fatto della traslazione non esistesse – sarebbe stato impossibile.
Da allora sorse il prodigio di Loreto: si forma una Città, ove nulla esisteva; milioni e milioni di pellegrini affluiscono, anche dall’Estero; Papi e principi si rendono pellegrini a Loreto; sorge un magnifico poema d’arte, di rara bellezza e forza; i prodigi sono all’ordine del giorno, ieri come oggi; un centinaio di Santi confermarono quello che il popolo pensa e crede; i Papi confermarono in pieno la verità della traslazione, anche con una liturgia speciale.
E’ questo il miracolo di Loreto, che dura ormai da quasi sette secoli.
Dinanzi a questo continuato grandioso fenomeno religioso si sono inchinati i geni della nostra letteratura, e di Loreto, con senso di venerazione, parlano tra gli altri, oltre Dante, il Tasso, l’Aleardi nei “Fuochi dell’Appennino” e nell’“Ave Maria”, il Carducci e il D’Annunzio.
Il Tasso, dopo la sua prigionia di Ferrara, peregrinò a Loreto, sia per ringraziare la Vergine, sia per ottenere perdono dei suoi trascorsi e ci lasciò i bei versi: “Il tuo splendor m’affida, o chiara Stella (Maria) – Stella, onde nacque la serena Luce (Cristo), - Luce di non creato e sommo Sole, - Sol, che non seppe occaso, e me rappella – teco da lunghi orrori, e mi conduce – all’Alta Rupe (Loreto), ov’in marmorea mole – l’umil tua Casa il mondo onora e cole”.
In quest’ultimo periodo il movimento loretano anziché affievolirsi si è andato rafforzando. A nulla hanno approdato i negatori recenti, tanto partigiani da non degnarsi nemmeno di venire a esaminare con i propri occhi il venerando documento archeologico della Santa Casa, che pur prescindendo dai documenti storici, contiene in sé i dati della propria identità.
Ad aumentare il movimento Lauretano hanno concorso particolarmente due fatti: i pellegrinaggi dei Treni Bianchi, organizzati dall’UNITALSI dal 1936, ed il documento di Benedetto XV che nel 1920 dichiarava la Vergine Loretana PATRONA PRINCIPALE DELL’AVIAZIONE DI TUTTO IL MONDO.
Il sacro fascino della Vergine Lauretana, celeste viaggiatrice per la prodigiosa traslazione, ha dei riflessi anche in D’Annunzio, che il 10 Dicembre 1937 scriveva al Generale Valle quanto segue: “Oggi, dieci dicembre, ricorre la Traslazione della Santa Casa di Loreto, che nel primo ardore della guerra fu da me proposta (sic!) al riconoscimento degli Aviatori e dichiarata Tutelare degli Aviatori, in guerra ed in pace. Sono certo che in tutti i miei fedeli compagni vige l’onoranza alla Vergine Alata, che “in Dalmatiam prius, deinde in Agrum Lauretanum translata fuit”… Io oso oggi, ricordarti la data miracolosa perché tu richiami i nostri Aviatori a mirare irraggiate di tanta gloria votiva le acque dell’Adriatico nostro in perpetuo”… Le parole di D’Annunzio – a parte la sua interpretazione – valgono come espressione di un’ondata spirituale verso la Vergine Bruna, che, anziché affievolirsi, sempre più aumenta.
Ritornerà il 10 Dicembre; dall’Appennino al mare, o ovunque nelle Marche, nell’Umbria, nella Toscana, nelle Montagne d’Abruzzo e altrove si accenderanno alla vigilia i fuochi o “i focaracci”, come li chiamano qui; verranno alte Dignità Ecclesiastiche e Civili; verranno gli Avieri a rendere corteo d’onore alla loro Celeste Patrona; verranno decine di migliaia di pellegrini, grati e imploranti, che nella loro fede grande e sincera e ardente spesso strappano dalla Vergine Bruna il prodigio.
Questa è la realtà di ogni anno. Che pensarne? E’ il miracolo di Loreto che si perpetua ormai da quasi sette secoli.

Padre ANGELO MARIA D’ANGHIARI

(Dal libro monumentale “IL SANTUARIO DI LORETO”, pp.127-129, edito dalla “Congregazione Universale della Santa Casa, Loreto, 1957)






Nuovi studi archeologici confermano l’autenticità della Santa Casa di Maria a Loreto

LORETO, martedì, 28 gennaio 2006 (ZENIT.org).- Secondo uno studio archeologico condotto dall'architetto Nanni Monelli e da padre Giuseppe Santarelli, Direttore della Congregazione generale della Santa Casa di Loreto, le pietre che si trovano nella grotta dell'Annunciazione a Nazareth hanno la stessa origine delle pietre dell'altare dei Santi Apostoli della Santa Casa di Loreto.

Questa scoperta ha riaperto la discussione sulla validità storica della traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto e sul mistero di come sia avvenuta questa traslazione.

Per approfondire la conoscenza e la storia del santuario mariano dove si conserva e venera la Santa Casa di Nazareth della Vergine Maria, che secondo la tradizione fu trasportata miracolosamente da Nazareth a Tersatto nel 1291 e infine a Loreto, ZENIT ha intervistato il prof. Giorgio Nicolini, un esperto in materia, autore del libro “La veridicità storica della miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto” (www.lavocecattolica.it ).

Il libro illustra con prove documentali del tutto inedite, la verità storica delle “cinque traslazioni miracolose” della Santa Casa di Nazareth avvenute “in vari luoghi” e infine sul colle di Loreto: “traslazioni miracolose” avvenute tra il 1291 e il 1296, “approvate” “ufficialmente” nella loro “veridicità storica” da tanti Papi, per sette secoli. Il libro contiene anche il testo della “benedizione” di Giovanni Paolo II, spedita in data 11 gennaio 2005 all’autore del libro dal Pontefice stesso. 

Secondo un recente studio condotto dall'architetto Nanni Monelli e da padre Giuseppe Santarelli, Direttore della “Congregazione Universale della Santa Casa”, le pietre dell’Altare degli Apostoli (uno dei più antichi dell’età paleocristiana) che si trova nella Santa Casa di Loreto ha la stessa origine delle pietre che si trovano nella grotta di Nazareth, davanti alla quale si trovavano le tre Pareti della Santa Casa di Maria. E’ un'altra conferma dell’autenticità della Casa di Loreto come la Casa nazaretana di Maria?

Nicolini: Sull’autenticità della Santa Casa di Loreto come la “vera Casa nazaretana” di Maria non ci sono mai stati dubbi, se non per chi non ne conosce i secolari studi relativi; tanto che tutti i Sommi Pontefici, per sette secoli, ne hanno comprovato l’autenticità con solenni atti canonici di “approvazione”. 

Tale studio dell’Altare degli Apostoli è invece importante perché, oltre a fornire una ulteriore prova dell’autenticità della Santa Casa di Loreto come la “Casa nazaretana” di Maria, fornisce anche una “prova” ancora più eclatante a riguardo della “miracolosità” della “traslazione” della Santa Casa di Nazareth.

Infatti la “tradizione” ha sempre attestato che, tra il 1291 e il 1296, le tre Pareti della Santa Casa di Nazareth furono trasportate “miracolosamente”, per “il ministero angelico”, in “vari luoghi”, e insieme alle tre Pareti fu trasportato “miracolosamente”, “in vari luoghi”, anche l’Altare degli Apostoli. Ciò è attestato da antichi documenti, nei quali si parla della presenza di tale Altare unitamente alle tre Sante Pareti, come a Tersatto, in Dalmazia, ove la Santa Casa vi sostò tra il 10 maggio 1291 e il 10 dicembre 1294. 

Quindi, in un certo senso, si potrebbe dire che “il miracolo” fu “duplice”, perché furono trasportate “miracolosamente” non solo le tre Sante Pareti “integre”, ma insieme ad esse, edistinto da esse, anche l’Altare degli Apostoli.

Che cosa hanno detto la storia, la tradizione, i Sommi Pontefici, sulla “traslazione” della Santa Casa di Nazareth della Vergine Maria, che si trova ora a Loreto?

Nicolini: Nel libro che ho scritto in proposito, dimostro che dal punto di vista storico e archeologico sono accertate, in modo indiscutibile, “almeno” cinque “traslazioni miracolose”, tra il 1291 e il 1296: a Tersatto (nell’ex-Jugoslavia), ad Ancona (località Posatora), nella selva della signora Loreta nella pianura sottostante l’attuale cittadina di “Loreto” (il cui nome deriva proprio da quella signora di nome “Loreta”); poi sul campo di due fratelli sul colle lauretano (o Monte Prodo) e infine sulla pubblica strada, ove ancor oggi si trova, sotto la cupola dell’attuale Basilica.

Tutti questi fatti soprannaturali furono tramandati dai “testimoni oculari” dell’epoca, nei vari luoghi ove si compirono, e furono rigorosamente controllati dai Vescovi locali dell’epoca, i quali emisero dei pronunciamenti “canonici” di “veridicità”, come attestano delle “chiese” dell’epoca consacrate a tali “eventi miracolosi” dai Vescovi di Fiume, di Ancona, di Recanati, di Macerata, di Napoli… Così pure tanti Sommi Pontefici, impegnando la loro Suprema Autorità Apostolica, hanno “approvato” ininterrottamente, sin dalle origini, la “veridicità storica” delle “miracolose traslazioni” della Santa Casa: da Nicolò IV (1292) sino a Giovanni Paolo II (2005).

In proposito, così scriveva il grande Pontefice Beato Pio IX, nella Bolla “Inter Omnia”, del 26 agosto 1852: “A Loreto si venera quella Casa di Nazareth, tanto cara al Cuore di Dio, e che, fabbricata nella Galilea, fu più tardi divelta dalle fondamenta e, per la potenza divina, fu trasportata oltre i mari, prima in Dalmazia e poi in Italia”. E il Santo Pontefice aggiunse ancora: “Proprio in quella Casa la Santissima Vergine, per eterna divina disposizione rimasta perfettamente esente dalla colpa originale, è stata concepita, è nata, è cresciuta, e il celeste messaggero l’ha salutata piena di grazia e benedetta fra le donne. Proprio in quella Casa ella, ripiena di Dio e sotto l’opera feconda dello Spirito Santo, senza nulla perdere della sua inviolabile verginità, è diventata la Madre del Figlio Unigenito di Dio”.

C’è però chi sostiene la tesi secondo cui furono alcuni Crociati, con la nave, a trasportare a Loreto solo delle “pietre” della Casa di Maria, che vennero poi ivi riassemblate sotto forma di “casa”. Lei che ne pensa?

Nicolini: Intanto è opportuno precisare che a Loreto ci sono solo le tre Pareti che costituivano in realtà “la Camera” di Maria, comunemente denominata come “la Santa Casa”, ove avvenne l’Annunciazione, e che sorgeva a Nazareth dinanzi ad una grotta e faceva un sol corpo con essa. Attualmente a Nazareth sono rimaste “la grotta” e “le fondamenta” della Casa “in muratura” dell’Annunciazione, mentre a Loreto è venerata l’autentica Casa “in muratura”, “senza fondamenta”, che stava a Nazareth davanti alla grotta. Detto più semplicemente: a Nazareth ci sono “le fondamenta” senza la Casa, a Loreto c’è “la Casa” senza le fondamenta.

L’“ipotesi” di un trasporto umano, avanzata recentemente da alcuni studiosi, oltre ad essere priva di ogni documentazione al riguardo, è “insostenibile” ed “impossibile”, sia per le ragioni “storiche” sopraddette, nonché per ragioni “architettoniche” e “scientifiche”. Ad esempio, l’ipotesi di un trasporto umano mediante la scomposizione dei muri della Casa in singoli blocchi di pietra effettuata a Nazareth e ricomposta prima in Dalmazia e poi per altre quattro volte sulla costa adriatica, dopo duemila chilometri di peregrinazione per terra e per mare, è del tutto impossibile anche dal punto di vista “temporale”. Ciò lo attesta la “simultaneità” delle date di partenza da Nazareth (sicuramente nel maggio 1291) e di arrivo a Tersatto (9-10 maggio 1291), come riportato da una lapide dell’epoca. 

Così pure risulterebbe “impossibile” una simile operazione di “smontaggio” e “rimontaggio”, eseguita per di più in cinque luoghi diversi, in Dalmazia e in Italia. L’analisi chimica della malta, infatti, nei punti dove attualmente tiene unite le pietre, presenta caratteristiche chimiche particolari, proprie della zona di Nazareth, con una omogeneità della tessitura muraria, che esclude ogni possibilità di un tale ipotetico “smontaggio” e “rimontaggio” delle pietre. Infatti la malta che tiene unite le pietre è uniforme in tutti i punti e risulta costituita da solfato di calcio idrato (gesso) impastato con polvere di carbone di legna secondo una tecnica dell’epoca, nota in Palestina 2000 anni fa, ma mai impiegata in Italia. Quindi, la Santa Casa non fu mai “scomposta” in blocchi, ma è giunta a Loreto - dopo altre precedenti “traslazioni miracolose” - con le pietre “murate” con la stessa malta usata oltre 2000 anni fa a Nazareth, così come oggi ancora si presenta.

La collocazione finale poi su una pubblica strada, a Loreto, ove ancor oggi si trova, è ugualmente umanamente “impossibile”, come hanno attestato tutti gli archeologi ed architetti che hanno esaminato nei secoli il sottosuolo della Santa Casa e la strada pubblica su cui “si è posata”. L’architetto Giuseppe Sacconi (1854-1905), ad esempio, dichiarò di aver constatato che “la Santa Casa sta, parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo” . Disse inoltre che, senza entrare in questioni storiche o religiose, bisognava ammettere che la Santa Casa non poteva essere stata fabbricata, come è, nel posto ove si trova (“Annali Santa Casa”, anno 1925, n.1). Un dato da rilevare, in proposito, a dimostrazione che le tre Sante Pareti “si posarono” sulla strada, e non che vi furono ricostruite, è la singolarità di un cespuglio spinoso che si trovava sul bordo della strada al momento dell’impatto e che vi è rimasto imprigionato.

Un altro insigne architetto, Federico Mannucci (1848-1935), incaricato dal Sommo Pontefice Benedetto XV di esaminare le fondamenta della Santa Casa, in occasione del rinnovo del pavimento, dopo l’incendio scoppiatovi nel 1921, scrive e asserisce perentoriamente, nella sua “Relazione” del 1923, che “è assurdo solo pensare” che il sacello possa essere stato trasportato “con mezzi meccanici” (F. Mannucci, “Annali della Santa Casa” , 1923, 9-11), e rivelò che “è sorprendente e straordinario il fatto che l’edificio della Santa Casa, pur non avendo alcun fondamento, situato sopra un terreno di nessuna consistenza e disciolto e sovraccaricato, seppure parzialmente, del peso della volta costruitavi in luogo del tetto, si conservi inalterato, senza il minimo cedimento e senza una benché minima lesione sui muri” (F. Mannucci, “Annali della Santa Casa”, 1932, 290). 

L’architetto Mannucci trasse, in sintesi, queste conclusioni: i muri della Santa Casa di Loreto sono formati con pietre della Palestina, cementati con malta ivi usata; è assurdo solo il pensare ad un trasporto meccanico; la costruzione della Santa Casa nel luogo ove si trova si oppone a tutte le norme costruttive ed alle stesse leggi fisiche. Quindi, se l’intera Santa Casa di Nazareth non possono averla “trasportata” gli uomini, non può essere stata trasportata che “miracolosamente”, per opera della Onnipotenza Divina, mediante “il ministero angelico”… come sempre “testimoniato” e “tramandato” dalla “tradizione” e “approvato” come “veridico” da tutti i Sommi Pontefici, per 700 anni, dalle origini sino ad oggi.

Recentemente lei ha rivolto alcune domande sulla “questione lauretana” al Santo Padre Benedetto XVI. Quali sono state le risposte?

Nicolini: Ho richiesto al Santo Padre Benedetto XVI un intervento proprio perché venisse “ristabilita” in modo “definitivo” la “veridicità storica” della “miracolosa traslazione” della Santa Casa di Nazareth a Loreto, scalzando così tante moderne “fuorvianti” e “secolaristiche” interpretazioni. Il Santo Padre è subito intervenuto per la celebrazione Liturgica della “Miracolosa” traslazione del 10 dicembre dello scorso anno, facendo pervenire al Vescovo di Loreto una relativa “inequivoca” e bellissima preghiera da recitarsi nel Santuario. Tale preghiera, ed un mio commento ad essa, la si può leggere all’indirizzo del mio Sito Internet www.lavocecattolica.it/preghiera.benedetto.XVI.htm).

In questa preghiera il Sommo Pontefice Benedetto XVI – così come tutti i suoi Predecessori – “riconosce” di nuovo “espressamente”, “ripetutamente” e “inequivocabilmente” che le Sante Pareti, venerate nel Santuario di Loreto, sono proprio la “Santa Casa” di Nazareth, di Maria, di Giuseppe e di Gesù. Egli infatti, tra l’altro, scrive nella preghiera: “Santa Maria, Madre di Dio, ti salutiamo nella tua casa… qui hai vissuto… qui hai pregato con Lui… qui avete letto insieme le Sacre Scritture… siete tornati in questa casa a Nazareth… qui per molti anni hai sperimentato…” 

La Santa Casa di Loreto, quindi, viene ancora “confermato” – dal nuovo Pontefice – che è proprio “la Casa di Maria”, quella che “proprio” “era” a Nazareth. Perciò, anche nel “pronunciamento” del nuovo Sommo Pontefice, a Loreto non ci sono delle semplici “sante pietre” portate dagli uomini e “riassemblate” e “ricostruite” a Loreto dagli uomini (come sostengono certi “studiosi” contro gli stessi rilievi scientifici): perché, altrimenti, il Santo Padre non identificherebbe la Santa Casa di Loreto con quella che era “proprio” e “realmente” a Nazareth, ove avvenne l’annuncio dell’angelo a Maria e l’Incarnazione in lei del Figlio di Dio, e ove Maria, Giuseppe e Gesù hanno vissuto “per molti anni”… A Loreto, perciò, vi è proprio l’intera Santa Casa di Nazareth (nelle sue tre Pareti), ivi giunta “miracolosamente”, per “il ministero angelico”, dopo molteplici “traslazioni miracolose”, come sempre insegnato dalla “tradizione”, attestato dagli studi storici, archeologici e scientifici, come quelli sopra accennati, e confermato innumerevoli volte - lungo i secoli - dal Magistero “ordinario” e “solenne” dei Sommi Pontefici.

Forse giova qui ricordare le sempre attuali e bellissime parole del santo Pontefice Leone XIII, scritte nella sua Enciclica “Felix Lauretana Cives” (del 23 gennaio 1894): “Comprendano tutti, e in primo luogo gli Italiani, quale particolare dono sia quello concesso da Dio che, con tanta provvidenza, ha sottratto (prodigiosamente) la Casa ad un indegno potere e con significativo atto d’amore l’ha offerta ad essi. Infatti in quella beatissima dimora venne sancito l’inizio della salvezza umana, con il grande e prodigioso mistero di Dio fatto uomo, che riconcilia l’umanità perduta con il Padre e rinnova tutte le cose”. Ed anche: “Dio volle a tal punto esaltare l’invocato nome di Maria da dare compimento, in questo luogo (Loreto), a quella famosa profezia: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata”.




Le cinque traslazioni miracolose della Santa Casa di Loreto


Il Prof. Giorgio Nicolini in diverse pubblicazioni ha esposto le principali documentazioni storiche, archeologiche e scientifiche che comprovano la “veridicità storica” di “almeno” cinque “traslazioni miracolose” della Santa Casa di Nazareth, avvenute tra il 1291 e il 1296: aTersatto  (nell’ex-Jugoslavia, dal 9-10 maggio 1291 al 9-10 dicembre 1294), ad Ancona (località Posatora, nel 1295, per nove mesi), nella selva della signora Loreta (nel 1295-1296, per otto mesi, nella pianura sottostante l’attuale cittadina di “Loreto”, il cui nome deriva proprio da quella signora di nome “Loreta”); poi sul campo di due fratelli sul colle lauretano (o Monte Prodo, nel 1296, per quattro mesi) e infine sulla pubblica strada, ove ancor oggi si trova, sotto la cupola dell’attuale Basilica (probabilmente il 2 dicembre 1296).
Dopo aver postato l’articolo del professore sulla Traslazione di Tersatto ( QUI  )  proponiamo ora quella di Ancona.

La traslazione miracolosa di Ancona

Nel “Rosarium” di Santa Caterina da Bologna (1413-1463), un testo redatto dalla santa nel 1440 (circa trenta anni prima della narrazione della “Translatio miraculosa” riportata dal Beato Giovanni Spagnoli e da Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano), viene riportato "per rivelazione soprannaturale del Signore" la vicenda storica della “miracolosa traslazione” della Santa Casa di Nazareth.
Santa Caterina da Bologna in quel testo mostra di colloquiare direttamente con Gesù, apparsogli “per grazia”; ella infatti scrive: “In questo giorno (il 25 marzo 1440), tu, o Signore, hai rivelato a me, apparendomi per grazia… ”. 
Poi, dopo aver riportato “la rivelazione” che fra quelle Sacre Pareti di Loreto la Vergine Maria fu “concepita” Immacolata ed ivi “nacque”, descrive sinteticamente le varie successioni del “trasporto angelico” della Santa Casa di Nazareth, secondo come “rivelatogli” da Gesù durante l’apparizione. Testualmente: "Alla fine questa dimora, consacrata prima dai tuoi apostoli che vi hanno celebrato i divini misteri con miracoli, per l’idolatria di quella gente fu trasportata in Dalmazia da uno stuolo di angeli. 
Quindi, per le stesse e per altre ragioni, portarono questa degnissima chiesa in vari luoghi. Finalmente, portata dai santi angeli, fu collocata stabilmente a Loreto e posta nella provincia d’Italia e nelle terre della Santa Chiesa” (“Rosarium”, I Mist. Gaud., vv.73 ss.- Da una traduzione del testo latino pubblicata in “Messaggio della Santa Casa”, 2001, n.7, p.211).
Gesù rivelò perciò a Santa Caterina da Bologna, in maniera chiarissima, che gli angeli, dopo aver portato in Dalmazia la Santa Casa, “da quel luogo” (per l’infedeltà anche di quelle popolazioni di Tersatto e “per altre ragioni” non specificate) la portarono anche “in (altri) vari luoghi”: e questo avvenne - come si deduce dal testo - prima di portarla a Loreto, perché “la rivelazione di Gesù” afferma che ciò avvenne “dopo” essere stata portata a Tersatto e “prima” di essere stata collocata definitivamente a Loreto. Quindi, vi è da sottolineare ancora che Gesù stesso ha rivelato a Santa Caterina che la Santa Casa fu trasportata anche “in vari luoghi” (non specificati), oltre che a Tersatto e a Loreto.
Riguardo al trasporto “in vari luoghi” (e quindi, non solo a Tersatto e a Loreto), vi è da ricordare al riguardo l’indubitabile “traslazione miracolosa” in Ancona, nel 1295.
In Ancona, infatti, secondo la Tradizione locale, la Santa Casa, “portata via” da Tersatto, prima di giungere a Loreto fu trasportata nel 1295 - per “il ministero angelico” - su una collina di questa città, ove vi è rimasta per nove mesi, e poi… è ancora “volata” via!… 
“Così” è “testimoniato” e “scritto” in un documento di un sacerdote contemporaneo all’epoca dei fatti, di nome “don Matteo”. In quel documento è così scritto: “Io, don Matteo, rettore e plebano di Sant’Onofrio fora della Porta di Campo di Marte della città di Ancona, per mia devozione lascio questa memoria di questo miracolo, ch’è dell’anno 1295. Nella selva in Contrada di Posatore si posò per nove mesi la Santa Casa della Madre di Dio, e perché semo tanto costernati et restati in tanto poco numero di persone, per le gran guerre e pestilenze patite, ho voluto mettere questa scrittura per ricordo sotto la pietra sacra della Chiesa di Santa Caterina, acciò piacendo alla Madonna Santissima al suo tempo si ritrovi. Umilissimo servo di Dio”.
La verità di tale “traslazione miracolosa” in Ancona, nel 1295, è anche attestata da tre chiese costruite in Ancona - di cui due ancora esistenti - “a ricordo” di quell’anno della “sosta” della Santa Casa in Ancona, su una collina prospiciente il porto, chiamata poi - come ancor oggi - “POSATORA”, dal latino “posat et ora” (cioè a ricordo della Santa Casa ivi “posatasi” e ove “ha pregato” per la città ed “è stata pregata” dalla città).
Esiste, inoltre, anche una lapide, che è ancora esistente nella Chiesa di Posatora. Tale lapide riporta scritto: “In questa Selva/Qui posò la S(anta) Casa/Della madre di Dio/P(er) nove mesi/MCCXCV”. 
Tale lapide era “la traduzione” e “la copia” di un’altra LAPIDE, antichissima, che riportava scritto - in latino “volgare” antichissimo della fine del XIII secolo - le seguenti parole “QUITA FUTA REPOSATA LA MADONA DE LORETA…” (e altro, forse con la data, attualmente però non documentabile).
Il significato delle parole incise sulla lapide è: “da qui” (= quita: cfr. Zingarelli, 1962, p.1282) è fuggita (= futa: cfr. op. cit., p.601, nel dialetto anconitano “fujta”) dopo essersi posata (= reposata: cfr. op. cit., p.1363) la Madona de Loreta… (così denominata, perché portata successivamente dagli angeli nella selva recanatese di una signora di nome “Loreta”).
Tale lapide, da un filologo datata della fine del XIII secolo, esisteva, nella suddetta Chiesa (contemporaneamente all’altra più recente e ancora esistente) fino a circa il 1950-1960. 
Venne rimossa per restauri alla Chiesa e purtroppo – causa l’incuria umana - non fu più ritrovata. La sua reale esistenza è provata indiscutibilmente da testimoni ancor oggi viventi. Anche mons. Francesco Lasca, canonico della Cattedrale di Ancona (recentemente scomparso), mi dichiarò che la lapide era murata in basso, a sinistra, appena entrati nella Chiesa. Anche una signora novantenne, ancor oggi vivente, e che circa cinquant’anni fa abitava davanti alla Chiesa di Posatora, ha attestato che entrando nella Chiesa esistevano alla sua epoca entrambe le lapidi: quella antica della fine del XIII secolo (andata smarrita) era murata in basso a sinistra e quella del XVI secolo (ancora esistente) era murata in basso a destra, ai lati di chi entrava in Chiesa dalla porta centrale. 
E così attestano anche altri testimoni ancor viventi, ad Ancona e a Porto Recanati.
In un libro del famoso storico e artista locale Sanzio Blasi (“Terra Marchigiana”), si parla della lapide più recente ancora esistente nella Chiesa di Posatora, e si riporta l’informazione di un’antica nicchia (“parvula cella in qua erat”) ove era stata collocata la lapide antichissima e la statua della Madonna di Loreto ivi venerata (ora nel Museo Diocesano). Nel libro è scritto (pag.75): “Il suo più antico ricordo l’abbiamo dal 1391 in cui si nomina Santa Maria “de pusatorio”, con l’indicazione che l’informazione è tratta dal “Libro de’ Consigli del Comune dell’anno 1391”, tutt’oggi esistente nell’Archivio di Stato di Ancona (in Via Maggini, n.80). 
Quindi l’epoca di composizione della lapide antichissima e della statua della Madonna di Loreto, collocati nella “parvula cella” esistente prima della costruzione dell’attuale Chiesa di Posatora, è senz’altro almeno della fine del XIV secolo.
La lapide, risalente perciò davvero alla fine del XIII secolo, o comunque agli inizi del XIV secolo, costituisce anche “un reperto importantissimo” per “confermare” “il fatto storico” che la Santa Casa ha “davvero” sostato nella “selva della signora Loreta”, prima di essere collocata sul colle lauretano ove ancor oggi si trova, poiché vi si parla della “Madona de Loreta”, che era il modo consueto all’epoca di indicare il successivo luogo di sosta della Santa Casa, cioè nella selva recanatese della signora di nome “Loreta” (da cui prese il nome in seguito la cittadina dal nome “Loreto”).
Riguardo alle date delle “traslazioni miracolose” bisogna ricordare che nella lapide di Tersatto, ancor oggi esistente, e che riporta la prima traslazione miracolosa ivi avvenuta, è scritto: “Venne la Casa della Beata Vergine Maria da Nazarette a Tersatto l’anno 1291 allì 10 di maggio et si partì allì 10 di dicembre 1294”. Da tale lapide di Tersatto si deduce che la data di arrivo della Santa Casa nella zona di Recanati come oggi si celebra - il 10 dicembre 1294 - è stato un errore di interpretazione fatto da parte di un archivista di Recanati, Girolamo Angelita, che nel XVI secolo fissò erroneamente quella data come quella di arrivo nella zona recanatese, confondendola con quella di partenza da Tersatto. Infatti tale data (il 10 dicembre 1294) riguardava “la partenza” o “scomparsa” delle tre “Sante Pareti” della Santa Casa da Tersatto, da cui poi fu portata dagli angeli del Cielo “in vari luoghi” (tra cui Ancona), secondo come Gesù stesso rivelò a Santa Caterina da Bologna nella apparizione mistica del 25 marzo 1440.
Nella zona recanatese probabilmente la Santa Casa vi è giunta (secondo altri autori) forse il 2 dicembre 1295. Ciò lo attesterebbe proprio il fatto che l’anno 1295 ad Ancona è indicato come quello della “sosta” in quella città della Santa Casa: evento che fu precedente all’arrivo nella zona recanatese. Infatti ad Ancona – come sopra documentato - è accertato in maniera indiscutibile che la Santa Casa si fermò anche lì, per nove mesi, su una collina prospiciente il porto, nell’anno 1295. E quindi è logico pensare che sia giunta nella zona recanatese alla fine di quell’anno.
Infine, ancor più probative dei documenti scritti sopra riportati, riguardo alla “verità” di tali fatti “miracolosi”, sono le tre chiese fatte costruire all’epoca dai Vescovi di Ancona: quella di Posatora (come scritto sopra), per onorare il luogo della sosta per nove mesi della Santa Casa su quella collina, quella di Barcaglione, tra Falconara ed Ancona (in ricordo del fatto che da quella collina fu “vista” dagli abitanti del luogo arrivare la Santa Casa “in volo” dal mare, proveniente da Tersatto) ed infine la Chiesa di “Santa Maria di Nazareth”, che è importantissima dal punto di vista storico, perché fu forse la prima in assoluto che venne edificata in contemporanea dei fatti miracolosi avvenuti e perché furono proprio i Vescovi di Ancona che, all’inizio del XIV secolo, vollero edificare tale Chiesa proprio accanto alla Cattedrale della loro città, per onorare “tutte le “traslazioni miracolose” avvenute (a Tersatto, ad Ancona e nella zona recanatese), e ove si compivano a tale scopo celebrazioni liturgiche pubbliche ed ufficiali in ricordo di tali “miracolose traslazioni”.
Tutto ciò costituisce una evidentissima “prova” delle “approvazioni canoniche” da parte dei Vescovi locali contemporanei riguardo alla verità delle “traslazioni miracolose”.
E’ dunque da ritenersi “sicurissimo” - come attestano sia la Tradizione locale che i documenti e reperti sopra indicati - che la Santa Casa di Nazareth sia stata per nove mesi in Ancona, sulla collina di “Posatora”, nell’anno 1295.

Prof. GIORGIO NICOLINI




La Santa Casa

Santa Casa di Loreto
Santa Casa di Loreto
"La Santa Casa di Loreto è il primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità" (Giovanni Paolo lI). Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un'antica tradizione, oggi comprovata dalle ricerche storiche e archeologiche, la casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazaret era costituita da due parti: da una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica dell'Annunciazione a Nazaret, e da una camera in muratura antistante, composta da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta (vedi fig. 2). Secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina, le pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate "per ministero angelico", prima in Illiria (a Tersatto, nell'odierna Croazia) e poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294). Oggi, in base a nuove indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici a Nazaret e nel sottosuolo della Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che regnava sull'Epiro. Infatti, un documento del settembre 1294, scoperto di recente, attesta che Niceforo Angeli, despota dell'Epiro, nel dare la propria figlia Ithamar in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo II d'Angiò, re di Napoli, trasmise a lui una serie di beni dotali, fra i quali compaiono con spiccata evidenza: "le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio". Murate tra le pietre della Santa Casa sono state trovate cinque croci di stoffa rossa di crociati o, più probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano i luoghi santi e le reliquie. Vi sono stati trovati anche alcuni resti di un uovo di struzzo, il quale subito richiama la Palestina e una simbologia riferentesi al mistero dell'Incarnazione. La Santa Casa inoltre, per la sua struttura e per il materiale in pietra non reperibile in zona, è un manufatto estraneo alla cultura e agli usi edilizi marchigiani. D'altra parte i raffronti tecnici della Santa Casa con la Grotta di Nazaret hanno messo in luce la coesistenza e la contiguità delle due parti (vedi fig. 2). A conferma della tradizione è di grande importanza un recente studio sul modo in cui sono lavorate le pietre, cioè secondo l'uso dei Nabatei, diffuso nella Galilea ai tempi di Gesù (vedi fig. 1). Di grande interesse risultano anche numerosi graffiti incisi sulle pietre della Santa Casa, giudicati dagli esperti di chiara origine giudeo-cristiana e assai simili a quelli riscontrati a Nazaret (vedi fig. 3). La Santa Casa, nel suo nucleo originario è costituita solo da tre pareti perché la parte orientale, ove sorge l'altare, era aperta verso la Grotta (vedi fig. 2). Le tre pareti originarie - senza fondamenta proprie e poggianti su un'antica via - si innalzano da terra per tre metri appena. Il materiale sovrastante, costituito da mattoni locali, è stato aggiunto in seguito, compresa la volta (1536), per rendere l'ambiente più adatto al culto. Il rivestimento marmoreo, che avvolge le pareti della Santa Casa, fu voluto da Giulio II e fu realizzato su disegno del Bramante (1507 c). da rinomati artisti del Rinascimento italiano. La statua della Vergine col Bambino, in legno di cedro del Libano, sostituisce quella del sec. XIV, distrutta da un incendio nel 1921. Grandi artisti si sono succeduti lungo i secoli per abbellire il Santuario la cui fama si è diffusa rapidamente in tutto il mondo divenendo meta privilegiata di milioni di pellegrini. L'insigne reliquia della Santa Casa di Maria è per il pellegrino occasione e invito per meditare gli alti messaggi teologici e spirituali legati al mistero dell'Incarnazione e all'annuncio della Salvezza.
Le tre pareti della Santa Casa di Loreto
Le tre pareti della Santa Casa di Loreto
La S. Casa, nel suo nucleo originario, è costituita da sole tre pareti, perché la parte dove sorge l'altare dava, a Nazaret, sulla bocca della Grotta e, quindi, non esisteva come muro. Delle tre pareti originarie le sezioni inferiori, per quasi tre metri di altezza, sono costituite prevalentemente da filari di pietre, per lo più arenarie, rintracciabili a Nazaret, e le sezioni superiori aggiunte successivamente e, quindi spurie, sono in mattoni locali, gli unici materiali edilizi usati nella zona.
Un graffito sul muro della Santa Casa
Un graffito sul muro della Santa Casa
Alcune pietre risultano rifinite esternamente con tecnica che richiama quella dei nabatei, diffusa in Palestina e anche in Galilea fino ai tempi di Gesù. Vi sono stati individuati una sessantina di graffiti, molti dei quali giudicati dagli esperti riferibili a quelli giudeo-cristiani di epoca remota, esistenti in Terra Santa, compresa Nazaret. Le sezioni superiori delle pareti, di minor valore storico e devozionale, nel secolo XIV furono coperte da dipinti a fresco, mentre le sottostanti sezioni in pietra furono lasciate a vista, esposte alla venerazione dei fedeli.
Rivestimento Marmoreo della S.Casa
Rivestimento Marmoreo della S.Casa
Il rivestimento marmoreo è il capolavoro dell'arte lauretana. Esso custodisce l'umile Casa di Nazareth come lo scrigno accoglie la perla. Voluto da Giulio II ed ideato dal sommo architetto Donato Bramante, che nel 1509 ne approntò il disegno, fu attuato sotto la direzione di Andrea Sansovino (1513-27), di Ranieri Nerucci e di Antonio da Sangallo il Giovane. In seguito furono collocate nelle nicchie le statue delle Sibille e dei Profeti.
Rivestimento Marmoreo della S.Casa
Rivestimento Marmoreo della S.Casa
Il rivestimento è costituito da un basamento con ornamentazioni geometriche, da cui si diparte un ordine di colonne striate a due sezioni, con capitelli corinzi che sostengono un cornicione aggettante. La balaustra è stata aggiunta da Antonio da Sangallo (1533-34) con lo scopo di nascondere la goffa volta a botte della S. Casa e di circoscrivere con elegante riquadratura tutto il mirabile recinto marmoreo.

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