Giovedì della II settimana di Avvento







Violenza



"I nati di donna" sono concepiti nel peccato. Anche Giovanni il Battista, il "più grande" tra tutti i profeti. Per questo giungono sulle soglie del Regno dei Cieli, ma non vi possono entrare. Non a caso Gesù scende agli inferi proprio per liberarli e condurli in Cielo nella Grazia del suo Mistero Pasquale. Chi non rinasce dall'alto e in acqua e Spirito, infatti, non può vedere il Regno dei Cieli; quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è Spirito. Occorre rinascere e diventare come "il più piccolo" tra i bambini; un neofita liberato dal peccato e rinato in Cristo, infatti, vi è entrato, vive nella Grazia e non più nella Legge, ed è "più grande" perfino del Battista. Non per qualche virtù, ma perché ha varcato le soglie del regno, è un cittadino celeste. Sperimenta il compimento della profezia di cui Giovanni era segno, dell'annuncio che lo raggiunto e salvato. E una cena è sempre più grande dell'invito a parteciparvi. Per questo l'Avvento che ci prepara al compimento è un cammino molto serio, senza il quale non entreremo nel Regno, non saremo felici e la nostra vita resterà mutilata e frustrata. L'annuncio della Chiesa, infatti, innesca sempre il movimento della conversione, perché qualunque profezia ci è donata per rivelarci il compimento della nostra vita e illuminare il cammino che vi conduce. Non basta ascoltarla, occorre obbedire a ciò che annuncia. Per questo Gesù dice che, nella pienezza della storia inaugurata dal Battista, "il Regno dei Cieli soffre violenza, e i violenti se ne impadroniscono". Innanzitutto la violenza del "grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e Satana e che seduce tutta la terra"  che è stato "precipitato sulla terra... pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo" (Cfr. Ap. 12). La violenza della fretta che spinge il demonio ad avventarsi contro ogni uomo, per strappare tutti al loro destino celeste. Per questo muove guerra alla "discendenza" di Maria, ai "più piccoli del regno dei Cieli", "quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù". Capiamo allora perché Gesù ci dice oggi, in questo Avvento, che si impadroniscono del Regno dei Cieli solo quanti hanno saputo combattere con violenza, quella inerme della Croce che li ha liberati proprio da satana: "essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, perché hanno odiato la loro vita fino a morire". Ecco la violenza alla quale ci chiama il Signore: quella che ci fa andare dietro a Lui odiando padre, madre, fratelli, perfino se stessi, quando nella carne spunta qualche radice velenosa che ci induce a separarci da Cristo. Perché questa violenza radicale è quella con la quale Gesù ci è venuto a cercare. La condotto al Getsemani, dove ha circonciso ragione e volontà umane. Lo ha issato sulla croce, dove ha offerto la propria carne allo strazio per liberarci dalla schiavitù del peccato. E poi, ricolma di Spirito Santo, Gli ha spalancato la pietra del sepolcro. Per questo è la violenza santa dello zelo per la salvezza di ogni uomo. Senza di essa, senza il combattimento spesso aspro con i desideri della carne e le concupiscenze, senza pregare incessantemente, senza le elemosine e i digiuni, non arriveremo a destinazione. E non arriveranno neanche tutti coloro che ci sono stati affidati quando Dio ci ha chiamato ad essere suoi discepoli. Il "regno dei Cieli" per questa generazione è conquistato, infatti, dalla violenza crocifissa dei cristiani. In essa aprono le braccia per caricarsi della violenza malvagia che vorrebbe annientare l'uomo. Lasciano che li raggiunga, perché Cristo vivo in loro la polverizzi sullo scoglio del suo potere. E' Lui, infatti, che il drago vuole divorare in noi. Per questo non ci stupiamo di fronte alle persecuzioni, quelle culturali, ideologiche e quotidiane, e quelle disseminate sui passi quotidiani. E' a noi che il demonio muove guerra, in famiglia e al lavoro, ovunque, perché sa che se riesce a farci insuperbire, trascina poi tutti nella disperazione. Smetti allora di combattere contro il nemico sbagliato, tuo marito o tuo figlio o chi sia! Il demonio sta attaccando te; tuo figlio può cadere da un momento all'altro, ma la tua umiltà e la tua violenza crocifissa possono salvarlo! Quanto siamo ingannati.... Se stiamo giudicando moglie, marito, figli o chi sia, per quanto deboli e peccatori siano, stiamone certi: il demonio ci ha puntato e ferito, per far fuori anche gli altri. Apriamo gli occhi in questo Avvento, e umiliamoci per entrare nel combattimento della storia. Quando nostro figlio sta peggio è il momento di umiliarci di più, di lasciarci trafiggere dagli insulti, dalle menzogne, dal rifiuto, con chiunque e soprattutto con lui. Contro questa violenza che ci piega nell'umiltà il demonio non può nulla, e così, e solo così, noi e nostro figlio potremo entrare nel Regno dei Cieli. Ascoltiamo la Chiesa, che ci prepara all'Avvento del Signore come Elia; egli era il profeta che, rapito in Cielo, dal Cielo doveva tornare per aprire al Messia la porta della terra. Elia, che con il fuoco dello zelo aveva mostrato effimeri gli idoli del mondo e lo strazio della carne ad essi asservita, con la sua ascesa aveva profetizzato il destino celeste di ogni uomo rinnovato nello Spirito Santo. Violento per lo zelo che lo divorava, che era gelosia per l'uomo e lo gettava nell'impossibile pur di testimoniare la Verità. Violento perché era certo che il Signore avrebbe confermato con segni e prodigi la sua parola profetica. Violenza da non confondere con quella vendicatoria che volevano usare i discepoli rifiutati da un villaggio di samaritani. Violenza che chiama il fuoco dal cielo per polverizzare gli idoli, non gli idolatri. Innanzitutto i propri idoli, ogni giorno. Come scrive benissimo Costanza Miriano parlando dell'educazione dei figli adolescenti: "Dovranno salire con gli anfibi sopra le nostre certezze per vedere se sono di cartongesso o di marmo, prendere a calci l’albero sotto il quale da piccoli li abbiamo portati a riposare, per vedere se è marcio dentro... Alla fine, quello che serve per essere buoni genitori, soprattutto nella tempesta dell’adolescenza, è quello che serve a essere santi. Esattamente lo stesso equipaggiamento. E quindi se ci preoccupiamo della nostra conversione educheremo senza nessuno sforzo aggiuntivo i nostri figli. Se vedranno che sappiamo perdere qualcosa a cui teniamo per un fratello, se vedranno che non facciamo i furbi ma anzi rischiamo pure di passare per scemi perché ci facciamo difendere dal Padre, che preghiamo seriamente, che crediamo davvero ai sacramenti, se respireranno il sacro, potranno fare tutte le esperienze che vorranno, ma torneranno a casa. Non torneranno per imparare da noi, ma da quello dal quale impariamo anche noi". Dunque il fuoco di Elia deve scendere ogni giorno, in ogni situazione, su di noi, sulla comunità, sulla Chiesa. Siamo condotti dallo Spirito al Carmelo, il Monte che incarna la bellezza di Israele, perché solo la bellezza crocifissa che ammutolisce gli idoli può salvare il mondo. Solo nel fuoco che sradica i vizi dell'uomo vecchio saremo belli della bellezza di Cristo, purificati per purificare. Così saranno smascherati gli idoli vani del mondo, non per affermarci ma per amore, e brillerà la Verità che fa liberi, l'amore incorruttibile di Dio in Cristo Gesù. Questo significano le parole infuocate di Giovanni Battista, che è, nella predicazione della Chiesa stolta per il mondo, proprio "quell’Elia che deve venire". "Se lo vogliamo accettare", se, cioè, "abbiamo orecchi - umili - per ascoltarlo e intenderlo". Così Giovanni grida ancora nel deserto nostro perché le sue parole rimbalzino, incarnate nella nostra conversione, sino a questa generazione. E' la Chiesa che ci indica il cammino di ritorno a Dio, l'Avvento così legato alla Pasqua proprio nelle figure di Giovanni ed Elia. Per quest'ultimo, la notte di Pasqua c'è sempre una sedia preparata. Anche noi siamo chiamati a vivere aspettando il ritorno di Cristo, perché mangi con noi i frutti del Regno, il vino nuovo dell'amore celeste. Anche questo significa vivere in pienezza l'Avvento, sul cammino percorso dai cristiani delle prime generazioni, certi del martirio che avrebbero incontrato diventandolo. Un percorso "violento", durante il quale la misericordia si faceva spesso strada nella durezza dei cuori con le spine della corona intrecciata sul capo di Gesù, o i chiodi che ne avevano trapassato le membra. La violenza della Croce che scolpisce il marmo più duro, perché giunga a farlo somigliare al modello. La "violenza" piena di misericordia che possiamo accogliere e fare nostra solo in una comunità concreta di fratelli, dove nutrirsi dell'amore e accogliere, passo dopo passo, lo Spirito Santo pronto a prendere il suo posto liberato dallo spirito malvagio e usurpatore. Non c'è conversione senza un serio catecumenato, senza una iniziazione cristiana che ci insegni a lottare con il demonio, la carne e il mondo appoggiati alla stessa fede di Elia, e combattere "con violenza" ogni giorno la buona battaglia della fede, per entrare nel paradiso e condurvi chi ci è stato affidato.






L'ANNUNCIO
In quel tempo Gesù disse alla folla: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.
La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi intenda”.
(Dal Vangelo secondo Matteo 11, 11-15)






La Storia della Salvezza è intessuta di carne e di sangue. "I nati di donna", infatti, sono concepiti nel peccato. Come ogni profeta, come Giovanni il Battista, il "più grande" tra tutti i profeti, possono giungere sulle soglie del Regno dei Cieli, non vi possono entrare. Non per una questione giuridica, ma sostanziale. Chi non è rinato dall'alto non può vedere il Regno dei Cieli; chi non rinasce dallo Spirito nelle acque del Battesimo non vi può entrare. E sono le parole di Gesù rivolte a Nicodemo: quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è Spirito. Occorre rinascere e diventare come bambini, come "il più piccolo" tra i bambini, un bimbo appena nato; un neofita liberato dal peccato e rinato in Cristo è il più grande nel Regno dei Cieli. Vi è entrato, vive nella Grazia e non più nella Legge. 

I due regimi non si possono neanche paragonare, anche se quello della profezia ha preparato quello del compimento. Giovanni ha esultato nel grembo di sua madre perché, udendo la voce di Maria ha intuito che il Messia era ormai giunto. E' in quell'esultanza che inizia la missione di Giovanni, dalla gioia fondata sulla certezza che quanto avrebbe annunciato si stava compiendo. Per questo "il Battista è il più grande tra i nati dalla carne": i suoi occhi avevano visto quanto tutti gli altri profeti avrebbero voluto vedere, esultando per il compimento della stessa gioia che sperimentò Abramo quando vide profeticamente il giorno di Gesù. 




Per questo "la Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni"; ma con lui si inaugura la pienezza dei tempi, la sua profezia è diversa da tutte le altre, è come una sirena di ambulanza, come un allarme che squarcia la notte, è il grido che annuncia il compimento dell'evento atteso da sempre. Giovanni Battista è Elia che "doveva venire", il profeta che, rapito in Cielo, dal Cielo doveva tornare per aprire al Messia la porta della terra; Elia, che con il fuoco dello zelo aveva mostrato effimeri gli idoli del mondo e lo strazio della carne che essi serviva, con la sua ascesa aveva profetizzato il destino celeste di ogni uomo rinnovato nello Spirito Santo. Il discepolo Eliseo, erede di una parte dello Spirito di Elia, partecipò del suo potere sulla morte, operando quei miracoli che Gesù avrebbe portato a compimento. I segni disseminati durante il tempo dell'attesa erano tutti lì, di nuovo presenti e annunciati in Giovanni: predicava la penitenza, chiamava a conversione, invitava a preparare il cammino al Signore. Sulla soglia del Regno dei Cieli ne dischiudeva le porte perché la carne potesse prepararsi all'incontro con lo Spirito di Dio. 

Anche per noi Giovanni grida nel deserto di questa generazione: grida come un banditore che annuncia l'avvento del Re invitandoci ad andare incontro al nostro unico Salvatore. Come Giovanni la Chiesa ci indica il cammino di conversione. Esso è identico a quello al quale si riferisce Gesù con le parole del Vangelo di oggi, quello percorso dai cristiani delle prime generazioni, certi del martirio che avrebbero incontrato diventando cristiani, o forse anche durante il catecumenato. Un percorso "violento", durante il quale la misericordia si faceva spesso strada nelle durezza dei cuori con le spine della corona intrecciata sul capo di Gesù o i chiodi che ne avevano trapassato le membra. La violenza che scolpisce il marmo più duro, perché giunga a somigliare al modello. Non c'è conversione, infatti, senza un serio catecumenato, una iniziazione cristiana che, "con violenza", ci insegni a combattere ogni giorno la buona battaglia della fede.  

Nella pienezza della storia inaugurata dal Battista, "il Regno dei Cieli soffre la violenza" del demonio: "il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e Satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra... pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo" (Cfr. Ap. 12). Ha fretta il demonio, deve strappare gli uomini a Gesù, e per questo muove guerra alla "discendenza" di Maria, ai "più piccoli del regno dei Cieli",  "contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù". Per questo si impadroniscono del Regno dei Cieli solo quanti hanno saputo combattere con violenza. Con l'inerme violenza della Croce: "essi lo hanno vinto grazie al sangue dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, e hanno odiato la loro vita fino a morire". Ecco dunque la violenza alla quale ci chiama oggi il Signore: quella che ci fa andare dietro a Gesù odiando la carne per rivestirci di Lui ed essere colmi di Spirito Santo. La violenza che apre le braccia per caricarsi della violenza del male, la violenza di un bambino appena nato. 

E' Lui che il drago vuole divorare, perché sa che, una volta fatto fuori il più piccolo può far cadere anche i più grandi. E' a noi che muove guerra, in famiglia e al lavoro. Il demonio sa che, se riesce a farci insuperbire, può distruggere il rapporto con il coniuge e i figli, e trascinare tutti nella disperazione. La vera guerra, infatti, non è contro tuo figlio! Il demonio sta attaccando te; tuo figlio può cadere da un momento all'altro, ma la tua umiltà e la tua violenza crocifissa possono salvarlo! Quanto siamo ingannati.... Ci accaniamo contro gli altri, perché in fondo li giudichiamo, e non ci rendiamo conto che la battaglia vera sta infuriando contro di noi. Se stiamo giudicando moglie, marito, figli o chi sia, per quanto deboli e peccatori siano, possiamo starne certi: il demonio ci ha puntato per far fuori anche gli altri. Apriamo gli occhi in questo Avvento, e umiliamoci, come un bimbo in braccio a sua madre. Come Dio che si è lasciato adagiare in una lurida stalla, come il più piccolo, come l'ultimo. Quando nostro figlio sta peggio è il momento di umiliarci di più, di lasciarci trafiggere dagli insulti, dalle menzogne, dal rifiuto, ovunque e soprattutto con lui. Contro questa violenza il demonio non può nulla, e così, e solo così, noi e nostro figlio potremo entrare nel Regno dei Cieli. 



APPROFONDIMENTI






αποφθεγμα Apoftegma






La vita cristiana esige il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, 
il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi 
e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. 
Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio.

Benedetto XVI

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