Lunedì della I settimana del Tempo di Quaresima





Ogni uomo è chiamato ad ereditare una benedizione, il regno dei Cieli. Il senso più profondo di ciascuna esistenza è un destino di intimità con Dio oltre i confini del tempo. La parabola del vangelo di oggi, schiudendo il velo sulla fine del mondo, ci aiuta a comprendere la serietà della nostra vita. Il giudizio che oggi ci viene posto innanzi è una chiamata a conversione. Dio ha eletto la Chiesa ad essere una stirpe santa in mezzo alle nazioni, la comunità dei figli di Dio. Piccoli, indifesi, disprezzati, gli ultimi di questa terra. La Chiesa ha ereditato da Israele la missione di testimoniare al mondo l'esistenza misericordiosa di Dio, e il destino di un popolo diverso da tutte le nazioni, oggetto di persecuzioni feroci, calunnie infamanti, obiettivo di stermini programmati e misteriosamente falliti. Fratelli di Gesù, nel nostro DNA è scolpita la sua immagine, quella del Servo di Yahvè, il Giusto che si offre per avere in premio le moltitudini. “Fratelli più piccoli” di Gesù, il Primogenito della nuova creazione “preparata” per ogni generazione, i cristiani hanno la patria nei Cieli e sono ovunque “forestieri”; senza borsa e denaro seguono Gesù sino agli estremi confini della terra “affamati e assetati”; amano senza difendersi, “nudi” come Adamo ed Eva prima della caduta, perché la misericordia di Dio li ha liberati dal peccato; crocifissi con Cristo, prendono su di sé i peccati degli altri, sino ad “ammalarsi” e soffrirne le stesse conseguenze; annunciano il Vangelo con zelo, nei momenti opportuni e in quelli non opportuni, quando per esso sono perseguitati e gettati “in prigione”.

Il testo evangelico di oggi descrive quale sarà il giudizio dei popoli al di fuori di Israele, secondo l'espressione greca panta ta ethné (tutte le Nazioni nella traduzione corrente) che, negli altri passi di Matteo ove compare, designa sempre i Gentili, i popoli pagani, in contrapposizione a Laos che indica il Popolo di Israele. Per essi è preparato dal Padre un Regno fin dalla fondazione del mondo, la benedizione di Dio, l'intimità significata dalla chiamata a stare alla destra di Gesù. La stessa eredità promessa ai cristiani. Per ogni uomo "la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo» (Costituzione Apostolica Dei Verbum, n. 82). La Grazia che li conduce all'incontro con Cristo attraverso i Suoi fratelli più piccoli - adelphoi -che il vangelo di oggi identifica con Gesù. La salvezza e il Regno dipenderanno così da un incontro, il misterioso "quando" i pagani, chi non conosce il Signore, hanno visto Cristo nei cristiani. "I Saggi, sia il loro ricordo di benedizione, ci hanno insegnato una grande regola: la misericordia (hesed) non inizia con il dono ma con la vista". (Siftè Chajm III, 154). Un piccolo atto d'amore e di misericordia fatto ai piccoli di Gesù sarà la chiave che schiuderà a chiunque non fa parte della Chiesa le porte del Cielo.

E' grande la responsabilità che ci accompagna. Molto ci è stato dato, molto ci sarà richiesto. Ci saranno chiesti tutti gli uomini che Dio ha pensato di salvare attraverso di noi. I loro nomi sono scritti nei registri di Dio, non ne potrà mancare neppure uno, fatta salva la libertà di ciascuno. Ma anch'essa non potrà essere esercitata se non vi sarà, per ciascuno, il quando, il momento favorevole nel quale vedere, incontrare Cristo. Il quando riguarda ognuno di noi. La Chiesa è per questo un sacramento di salvezza; inviata agli estremi confini della terra inizia l'evangelizzazione mostrando Cristo nei suoi figli, vivendo e condividendo con ciascun uomo le vicende della storia. In ogni giorno ci aspetta un "quando" decisivo per la salvezza nostra e di chi Dio ci pone accanto. Ogni istante della nostra vita è prezioso.  E’ la nostra chiamata, che la Quaresima ci ricorda e rinnova; attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina la Chiesa ci invita a combattere per esserle fedeli; ciò significa entrare nella volontà di Dio e non disprezzare nulla di ciò che ci crocifigge con Cristo e ci fa “piccoli”, perché a chi è “misteriosamente legato” alla nostra vita sia offerto il “quando” nel quale “vedere” Cristo. Ma oggi, ora, dove siamo, e come ci stiamo? Ogni evento è quell'estremo confine della terra dove il Signore risorto ci invia: siamo in missione o stiamo scappando? Siamo “affamati, assetati, nudi, ammalati, in prigione” per il marito, la moglie, la suocera, il nipote, il fidanzato, l’amica, il collega e quella persona che incontriamo per la prima volta al supermercato? Siamo “piccoli” dinanzi a loro, autentici e umili, indifesi e senza arroganza, per suscitare nel cuore un balbettio di misericordia? Per qualcuno, il più piccolo gesto di accoglienza nei nostri confronti sarà la chiave che schiuderà le porte del Cielo. Forse non andrà mai in Chiesa, perché Cristo lo avrà visitato e amato nella nostra carne crocifissa. Per qualcun altro, invece, sarà il primo passo per convertirsi e non abortire, perdonare e non divorziare. A noi è chiesto di essere lì, uniti a Cristo, nulla di più, perché Dio ha pensato a ogni istante della nostra vita come il "Cortile dei Gentili dove gli uomini possano in qualche modo agganciarsi a Dio" (Benedetto XVI). 



APPROFONDIMENTI





αποφθεγμα Apoftegma




Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di “cortile dei gentili”
dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio,
senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero,
al cui servizio sta la vita interna della Chiesa.

Benedetto XVI, 21 dicembre 2009

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