Giovedì in Albis



La Pasqua che ci libera dai pensieri malvagi





αποφθεγμα Apoftegma

Non abbiate paura, sono proprio io. 

Vi ho chiamati per mezzo della grazia, 
vi ho scelti nel mio perdono, 
vi ho sostenuti con la mia compassione, 
vi ho portati nel mio amore, 
e vi accolgo oggi, a motivo della mia sola bontà.

San Pietro Crisologo Discorsi, 81
"Pace a voi!", oggi, ora, nella vostra vita, nella concretezza dei vostri dubbi, nelle paure, in quella strana sensazione che ti fa "pensare" a Gesù risorto come a un fantasma. Perché anche a noi accade come agli apostoli: lo abbiamo visto il Signore "lungo la via", era accanto a noi mentre camminavamo nella tristezza, ci ha parlato e lo abbiamo "riconosciuto nello spezzare il pane". Siamo andati alla tomba e l'abbiamo vista vuota. Quante volte la Parola di Dio che la Chiesa ci ha predicato ha fatto ardere il nostro cuore? Quante volte, mangiando il Pane spezzato da Cristo nell'Eucarestia ci siamo sentiti risuscitare con Lui? Tante, tantissime, altrimenti non sarebbe stato possibile vivere l'amore con il coniuge per tanti anni. Non avremmo potuto aprirci alla vita e generare i figli che Dio ha pensato per noi. Non ci saremmo perdonati, e oggi staremmo marcendo nel rancore. I soldi avrebbero rapito il nostro cuore e non avremmo donato per gratitudine la nostra vita alla missione. 

Eppure, nonostante queste esperienze, proprio durante le liturgie, nelle quali "parliamo di queste cose", cioè dei miracoli che Cristo ha compiuto nella nostra vita, quando "Lui in persona appare in mezzo a noi" ci accade ancora come agli apostoli. Siamo "stupiti e spaventati", e "crediamo di vedere un fantasma". Non è così? La Parola di Dio è perfetta, non sbaglia un colpo. Se oggi la Chiesa ci presenta questo Vangelo significa che siamo ancora "turbati" e continuano a "sorgere dubbi nel nostro cuore". Il termine "dubbi" traduce l'originale greco che letteralmente significa "pensieri". Che vuol dire? Che cosa ci sta succedendo? Succede che Gesù appare davvero "in persona", "Egli stesso" secondo l'originale, per "farsi vedere", che è la traduzione più corretta del verbo "apparire". La sua presenza reale "in mezzo a noi" è come un quintale di dinamite fatto brillare per abbattere la parete dei nostri "pensieri", la fonte del "terrore" come davanti a una guerra, e del "turbamento", come quello che aveva preso i discepoli quando Gesù aveva parlato loro del suo andare in un luogo che non conoscevano e dove non avrebbero potuto seguirlo. 

Le esperienze della risurrezione di Gesù nella nostra vita dunque non hanno ancora avuto il potere di scardinare dal "cuore" i nostri "pensieri". Siamo nella settimana in Albis, ma non siamo forse preoccupati per il denaro? Diciamocelo sinceramente, non siamo "impauriti" di fronte ai conflitti che ci attendono con i figli, con uno in particolare, al quale la Pasqua, e la vita della famiglia, lo studio, tutto sembra scivolare senza destare in lui il minimo interesse? O per aver scoperto cose che ci hanno dilaniato negli affetti? Non siamo "turbati" proprio per quello che significa la Pasqua, per l'esodo verso una vita che di certo desideriamo, ma di cui non riusciamo a "pensare" la forma e lo spazio? E allora "pensiamo" in noi stessi, come i due di Emmaus, dei quali, ricordate, Luca ha rivelato un solo nome, proprio per voler significare che i "discorsi" che si facevano erano in effetti immagine del dialogo di ciascun discepolo con se stesso; secondo l'originale greco, un "lanciarsi parole l'un l'altro", "ribattere colpo su colpo", tipico di quando, di fronte ai fatti, cominciamo a dialogare con il nostro io. E lo facciamo, secondo l'originale greco, "camminando con un'aria seria", tipica dei filosofi. Ecco il punto: siamo ancora schiavi dei nostri "pensieri" con i quali, nel fondo del cuore, dialoghiamo con il nostro ego, che così continuiamo a mantenere al centro della nostra vita. 

Per questo Gesù stesso viene anche oggi nella comunità cristiana per "farsi vedere" restando "in mezzo a noi". E' Lui al centro della Pasqua, attraverso la quale vuole entrare e restare al centro della nostra vita e del nostro "cuore", cioè del nostro essere, il luogo intimo dove siamo liberi e possiamo discernere e decidere, insomma "vedere". Ecco, Gesù "stesso" viene a prendere possesso di noi "stessi", di tutta la nostra vita! E' questo che ci manca ancora... Le esperienze fatte sono come una luce intermittente che ha illuminato per alcuni istanti la nostra vita; l'ha salvata eccome, e sì, lo abbiamo accolto, ma solo per un caffè, mentre Lui vuol venire e fermarsi per sempre al centro della nostra vita e "mangiare" con noi il nostro "pesce arrostito", immagine degli eventi e delle relazioni di cui ci nutriamo abitualmente. E come lo fa? Lo fa prendendoci proprio al capolinea dei nostri vani ragionamenti, smentendo la conclusione insinuata in noi dal demonio che tutto quello che abbiamo vissuto è stato sì bello, e anche vero, ma in fondo era solo il frutto di un "pensiero" appunto, di una particolare esperienza "spirituale", come suggerisce l'originale tradotto con "fantasma". La Resurrezione di Cristo in noi è, secondo i nostri "pensieri", legata a certi momenti speciali, alle liturgie, ai ritiri spirituali, a certe predisposizioni. 

E invece no, la Pasqua è molto di più, infinitamente di più! E' Cristo "in carne ed ossa" che ci chiede di consegnargli la nostra vita, tutta! E lo fa invitandoci a "toccare" e "guardare" il suo amore che risplende nelle sue "ferite". Lui non è un pensiero, non è solo Spirito, Lui è "carne e ossa" crocifisse per te e per me, scese in un sepolcro a cercarci, e risuscitate come prova indubitabile che il suo amore è stato più forte di ogni nostro peccato. E oggi ci "mostra" di nuovo "le mani e i piedi" trafitti dai nostri pensieri e dai nostri peccati: in quelle ferite vi è la garanzia del perdono, e se siamo perdonati perché dovremmo continuare a difendere quello che ci ha avvelenato la vita? E' questo il passo decisivo che ci manca: consegnare a Cristo noi stessi, perché Lui possa "mangiarne davanti ai nostri occhi". Significa confessarsi, inginocchiarsi dinanzi al Santissimo, celebrare l'eucarestia, e consegnare a Cristo ogni pensiero, ogni peccato, ogni dolore. 

Se lo farai, esploderai nella gioia del perdono, stupendoti al punto di "non credere ai tuoi occhi" nel vedere che le barriere dei pensieri, delle angosce, dei dubbi che ti separavano dalla "Pace" e dalla pienezza della felicità non esistono più. Come è possibile che Cristo mi ami così, che, nonostante tutto, non tenga conto delle mie meschinità, della mia incredulità, dei miei capricci, della mia durezza di cuore? E' possibile, perché proprio per me, per me come sono oggi, "bisognava che fosse compiuto tutto quanto è scritto nella Legge di Mosè, nei profeti e nei salmi su di Lui". E che cosa è scritto? E' scritto di un popolo di dura cervice, dal cuore ostinato, incredulo di fronte ai tanti segni e prodigi di Dio, e di Servo che l'avrebbe salvato prendendo su di sé ogni suo peccato. E' scritta la tua storia, sino ad oggi, e quella di Gesù, sino ad ora. 

Dai a Cristo i peccati che hai nascosto, i pensieri che hai dissimulato, i dubbi di oggi, e sperimenterai come Egli "spalancherà la tua mente all'intelligenza, alla visione delle Scritture" compiute in Lui per te! E' questa la tua resurrezione, quella che ti tira fuori dalla tomba dei tuoi pensieri, per aprirti alla fede che sa "vedere" l'amore di Dio in ogni evento. Era "scritto che Gesù doveva patire e risuscitare dai morti" perché "nel suo Nome", cioè in Lui vivo in carne ed ossa, fossero "predicati a tutti la conversione e il perdono dei peccati", quella che oggi cambierà per sempre il tuo cuore! Coraggio allora, "Pace a te" nella tua comunità cristiana, shalom, che, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, la primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d'uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l'eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, perché nella nostra carne potessimo vivere da cittadini celesti di quel Regno. "Di questo" mistero Pasquale di Cristo che si compie in noi, "siamo testimoni", cominciando dalla nostra "Gerusalemme", dalla famiglia, dagli amici, da chi abbiamo giudicato e rifiutato. E' questa la nostra Pasqua che si estenderà non più a intermittenza per ogni giorno della nostra vita.



QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI







    






L'ANNUNCIO
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.  (Dal Vangelo secondo Luca 24,35-48)   
 








La Pasqua è l'accadere dell'impossibile nelle nostre giornate. E l'impossibile è la pace. Ciò che il cuore nostro anela e desidera più d'ogni altra cosa, la pace che sorpassa ogni intelligenza, come qualcosa che non scivoli via, più forte di gioia e dolore. "Pace a voi!", oggi. Shalom, il modo attraverso il quale la risurrezione di Gesù giunge a ciascuno di noi. Shalom, le prime parole di Gesù risuscitato, l'incipit della nuova creazione: "A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce! Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova.“Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio.” (Benedetto XVI, Omelia nella Veglia di Pasqua del 2012). Non siamo nel regno dell'utopia, popolato e agitato da sogni e chimere, ideali e fantasmi, siamo entrati nella nuova creazione irradiata dalla "splendore del re che ha vinto le tenebre".

Il combattimento scatenatosi nei discepoli all'apparire di Gesù è quello che sconvolge i nostri cuori ogni giorno. La stessa parola "dubbi" traduce in italiano l'originale greco che è letteralmente "pensieri", quelli che ci circondano e ci assalgono di continuo. La pace come una diga a proteggerci dai pensieri, la pace del Signore, non quella del mondo, a frantumare la ragnatela di pensieri che ci ingabbia la vita, e ce la rende triste, grigia, con quel solito retrogusto di insoddisfazione e di effimero che smorza anche gli eventi più gioiosi. I pensieri sono i veri dominatori di questo mondo, le traspirazioni della carne, vestigia di tutto quello che è destinato a corrompersi. Diceva un Padre del deserto: "Un fratello interrogò un anziano: ‘Che devo fare poiché molti pensieri mi combattono e io non so come combatterli?’. Gli disse l’anziano: ‘Non combattere contro tutti, ma contro uno solo, perché tutti i pensieri del monaco hanno un capo. ‘E' necessario osservare chi sia questo capo e di che genere, combatterlo e così si umiliano anche gli altri pensieri’” (Nau 219)". Ogni pensiero che combatte e toglie la pace nasconde il volto del nemico più pericoloso: la philautia, l’amore di sé che ci trasforma in ‘amici di sé contro sé stessi’ (Massimo il Confessore). E' l'orgoglio che imprigiona la carne e la rende impotente, ne umilia la capacità di aprirsi e accogliere lo Spirito di Vita che la può condurre a compiere l'impossibile. Per questo i Padri dicevano anche: "Sii il portinaio del tuo cuore, affinché lo straniero non entri, chiedendo ad ogni pensiero che ti assale “Sei dei nostri o vieni dall’Avversario?”. Te lo dirà certamente! ‘Poni alla porta del tuo cuore un cherubino con la spada infuocata” (Nau 99). Antonio il Grande raccomandava ai suoi monaci: “Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: “Chi sei tu e da dove vieni?… Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso. La domanda “chi sei tu e da dove vieni?” è infatti segno di un animo non turbato. Così Giosuè di Nun imparò interrogando; e il nemico non rimase nascosto a Daniele che interrogava” (Vita Antonii, 43, 1-3).

Nel Vangelo di oggi è adombrato questo combattimento decisivo; nella vita appaiono sempre le due vie sulle quali ci si può incamminare: il bene e il male, la verità o la menzogna. I dubbi sono i pensieri che attaccano al cuore la purezza capace di discernere per scegliere, liberamente, la via buona, quella della volontà di Dio. I dubbi-pensieri si ergono come nemici della croce di Cristo, del suo amore che vince la morte, della sua risurrezione. Appare Cristo risorto e sorgono i dubbi-pensieri, e non può essere diversamente. Cristo risorto è la via della vita che non muore, accanto vi è sempre la via della morte, quella sulla quale i dubbi cercano di indirizzarci. E la via della morte è quella che non crede alla risurrezione del Signore, quella che lo identifica con un fantasma. Se Cristo non è risorto è vana la nostra fede e rimaniamo nei nostri peccati, nella morte! L'amore di sé è il pensiero che insinua l'incredulità.

L'apparizione del Signore nel Cenacolo inaugura un tempo decisivo per "con-siderare" quell'evento sconvolgente. La parola considerare significa letteralmene stare-con-le stelle (siderare, da sidus, siderare = costellazione di stelle). Alle origini significava "osservare gli astri alla ricerca di segni del destino". Per gli apostoli, come per ciascuno di noi, si tratta di fissare la Luce della Pasqua, la Luce di Cristo risorto come una stella che indichi il cammino da seguire, la via della vita. Fissando questa Luce, si comincia a de-siderare, smettere (de)-di-considerare. Dopo aver fissato la stella e la via che Dio ha preparato in Cristo, si può cominciare a desiderarla. Come portinai del proprio cuore, fissare gli occhi della mente e del cuore su quella Luce, lasciare che ci attragga nel suo mistero, che i pensieri, i dubbi siano purificati nel crogiuolo incandescente del suo amore. E' il momento nel quale attaccare l'orizzonte che si apre davanti. Un pochino come dice Guardiola, l'allenatore del Barcellona, la squadra che stravince ovunque: "il nostro centravanti è lo spazio". Non restare fissi su schemi obsoleti, i pensieri e dubbi che scaturiscono dalla carne, che vogliono nella vita un centravanti vecchia maniera, il centravanti boa, il terminale d'attacco dove far convergere ogni pallone nella speranza che lo metta in gol. No, si tratta di abbandonare la certezza che resta comunque incertezza per lasciare libertà alla fantasia e alla creatività dello Spirito Santo, come il Barcellona, che attacca dalle fasce e dal centro, aggredendo lo spazio come fosse il centravanti; la novità è proprio questo entrare senza indugio nei fatti che la storia preparata da Dio ci pone dinanzi, facendo di essi il "centravanti" capace di infilzare la porta dell'avversario. E' infatti la storia lo "spazio" dove il Signore appare vittorioso nella partita con il demonio, con i dubbi da lui insinuati e i peccati che, immancabilmente, ne conseguono: "Con la Pasqua si è aperta una nuova dimensione per l’uomo. La creazione è diventata più grande e più vasta... La creazione... esiste affinché ci sia uno spazio di risposta alla grande gloria di Dio, un incontro di amore e di libertà... Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste in virtù della negazione. È il “no” (Benedetto XVI, Omelia nella Veglia di Pasqua del 2012).

Siamo dunque nel momento decisivo nel quale discernere se i pensieri che ci assalgono sono dei nostri o del nemico, se sono dei "sì" o dei "no" all'amore. Discernere, infatti, deriva dal latino cernere, da cui la parola cernita o scelta tra diversi elementi. Senza discernimento non si può attuare. Si è agitati da pulsioni contrastanti, si cercano vie e possibilità, come soddisfare i propri progetti, il proprio piacere, spesso verniciato con idee che appaiono buonissime e santissime.Discernere è distinguere, scoprire, tra molti, il pensiero di Dio. Per poterlo scegliere e obbedire. Il fine del discernimento è acconsentire a quello che viene da Dio, sentire-con Lui, e di-ssentirerespingere quello che non viene da Lui.

Nel momento di discernere non siamo soli. Il Signore conosce i nostri limiti, e ci viene in aiuto mostrandoci le sue ferite, il segno del suo Amore. In quelle ferite vi è scritto il racconto dei nostri fallimenti, la mappa della via di morte che lo ha crocifisso. Nelle sue ferite vi è ciascuno di noi con il suo carico di peccati e l'amore sino alla fine che li ha presi e distrutti.In quelle ferite vi è la garanzia del perdono, che il suo amore ha vinto, è stato più forte di ogni peccato e della morte.Attraverso le sue ferite giunge agli apostoli e a ciascuno di noi la luce capace di aiutarci a considerare e a discernere, a rifiutare ogni pensiero del nemico, ad uscire dall'incredulità e a lanciarci sul cammino della Vita. Le sue ferite ed il suo corpo, risorto, trasfigurato, ma così vicino a noi, così intimo da prendere cibo con noi, di nutrirsi del nostro stesso alimento, sono un segno inequivocabile della concretezza della sua risurrezione; Gesù mangia, Gesù non è un fantasma, si può acconsentire, sentire con Lui perchè Lui, risorto dai morti, sente con noi, acconsente a farci suoi fratelli, carne della sua carne e sangue del suo sangue. Si può credere, rigettando ogni dubbio, ogni pensiero come menzogna subdola e velenosa che ci spinge alla morte.

Incastonata nelle sue ferite, sigillata dalla sua carne che ha oltrepassato le barriere della morte, giunge agli apostoli la pace; shalom, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, di Gesù, ed è la primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d'uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l'eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, dove ci ha preparato un posto; la pace di Gesù è tutt'altro che un pensiero. "Penso dunque sono" è l'approdo moderno del cammino all'emancipazione inauguratosi nel giardino dell'Eden davanti all'albero del bene e del male. Pensare non significa essere, ma, semplicemente, scivolare sull'essere, illudendosi di afferrare tutto attraverso il ragionamento, ma con la libertà incatenata, e l'effetto certo d'una sofferenza senza limite, recata dai pensieri raggomitolati sull'io, per quanto intelligente e capace esso sia.

Per san Tommaso non è il pensare a decidere dell'esistenza, ma è l'esistenza, l'"esse", a decidere del pensare. L'esistenza nuova inaugurata da Cristo risorto diviene il criterio decisivo di ogni pensiero. Così il pensiero, da veicolo razionale del dubbio, diviene frutto libero della fede. Pensare lo stesso pensiero di Cristo, dimorare nella sua risurrezione che dà consistenza e autenticità ad ogni pensiero. Pensare pensieri di pace, perchè Lui è risorto! La pace messianica è semplicità, ordine e sobrietà, pienezza di vita, salute integrale dell'uomo, realizzazione completa d'ogni aspirazione più profonda. La pace è la stessa vita di Dio tradotta nel concreto dipanarsi del tempo. La pace di Gesù è un frammento di Cielo, il lievito eterno che informa di sé ogni grumo di vita. La pace è il gusto dell'eternità in ogni nostro istante. La pace sbriciola le costruzioni del pensiero umano, le torri di Babele dell'arroganza, i monumenti all'orgoglio nei quali ci cimentiamo ogni giorno. La pace è la pietra scartata da noi costruttori di effimere cattedrali al nostro ego. Dostoevskij affermava: "Tutta la legge dell'esistenza umana consiste in questo: che l'uomo possa inchinarsi sempre dinanzi all'infinitamente grande. Se gli uomini venissero privati dell'infinitamente grande, essi non potrebbero più vivere e morrebbero in preda alla disperazione".

La pace dunque è un miracolo perchè consiste, per grazia, nel lasciare ogni pensiero nella mente di Dio, arrendersi e pensare solo con il pensiero di Cristo. Ed esso ha il sapore della Croce. Non v'è altro pensiero in Gesù, ogni istante, ogni situazione, ogni relazione, ogni persona, tutto è visto, letto, tradotto con la grammatica della Croce. Le mani e i piedi crocifissi, le membra del Signore passate nel crogiuolo della morte e trasfigurate nella luce della risurrezione. La Croce è la porta della pace. Gesù giunge a porte chiuse proprio perchè la Croce ha scardinato la porta della morte, e nessun altro impedimento ormai lo può distogliere dai suoi fratelli. La pace oltrepassa i muri, ed è vera, reale, concreta, come mangiare un po' di pesce arrostito. "La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti - un realismo inaudito" (Benedetto XVI). La pace che cerchiamo in tutto ci è donata oggi. L'impossibile avviene, e ci apre la mente alle Scritture, al disegno di Dio su ciascuno di noi e su ogni uomo, la salvezza impressa nelle stigmate di Gesù.

Il Signore risorto appare allora come il compimento di ogni profezia, di ogni Parola pronunciata da Dio. Gesù è oggi dinanzi a noi come la via della vita, l'unica verità cui consegnarsi, il fondamento autentico dell'esistenza. La pace che ci annuncia è il frutto di una vita santa; il Signore risorto è la fonte della gioia, l'infinitamente grande cui inchinarsi perchè prenda possesso di noi. E' immagine e compimento della Legge che governa nelle vie del bene autentico la vita dell'uomo. Essa è unica, oggettiva, al di fuori dei pensieri, de dubbi, delle alchimie razionali dell'orgoglio dell'uomo. Essa non muta, perchè è al di là della morte, e infonde a ciò che è mortale il seme dell'eternità. Cristo risorto è l'antidoto ad ogni relativismo che avvelena la società; la luce della sua Pasqua illumina il cammino quotidiano di ogni uomo perchè possa considerare e discernere il bene racchiuso nella volontà di Dio. "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (Benedetto XVI, Deus caritas est). 

L'avvenimento dell'incontro con il Signore risorto svela l'orizzonte nuovo e la direzione decisiva che conduce al compimento della volontà di Dio, alla gioia e alla pace. E la pace è il nome che si legge in filigrana nella morale. Essa non è mai moralismo, segue sempre l'essere di una persona, è il dono stesso di Cristo risorto; scriveva S. Agostino agli eretici pelagiani: "Questo è l'orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua Persona" (sant’Agostino, Contra Iulianum. Opus imperfectum). E' Lui la nostra pace, il perdono di ogni peccato, la fine definitiva d'ogni male, la malizia strappata dai cuori, un nuovo sguardo, puro, sul mondo. Lo sguardo di Gesù dentro i nostri occhi, il più bello, il più autentico annuncio del Vangelo destinato, nel Suo Nome, a tutte le genti. I nostri occhi testimoni della pace incarnata nel Signore risorto. La pace in Lui, in noi, per ogni uomo. "Vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello, ma sono ali" (Benedetto XVI). Vedere e riconoscere Cristo risorto significa volare in ogni luogo ad annunciare la sua Pace, il perdono dei peccati nel suo Nome, testimoniato nelle nostre vite.


APPROFONDIMENTI


Paolo VI

«Pace a voi»

Fermiamo la nostra attenzione sull'improvviso saluto, tre volte ripetuto nel medesimo contesto evangelico, di Gesù risorto, apparso ai suoi discepoli, raccolti e chiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei ; il saluto che doveva essere allora consueto, ma che nelle circostanze in cui è pronunciato acquista una pienezza stupefacente ; lo ricordate, è questo : « Pace a voi ! » Un saluto che era risuonato nel canto angelico del Natale (Lc 2, 14): « Pace in terra » ; un saluto biblico, già preannunciato come promessa effettiva del regno messianico (Gv 14, 27), ma ora comunicato come una realtà che è inaugurata da quel primo nucleo di Chiesa nascente : la pace, la pace di Cristo vittorioso della morte e delle sue cause vicine e lontane, dei suoi effetti tremendi ed ignoti.

Gesù risorto annuncia, anzi infonde la pace agli animi smarriti dei suoi discepoli. È la pace del Signore nel suo primo significato, quello personale, quello interiore, quello che S. Paolo iscrive nella lista dei frutti dello Spirito, dopo la carità e il gaudio, quasi confuso con essi (Ga 5, 22). Che cosa v'è di meglio per un uomo cosciente ed onesto ? La pace della coscienza non è il migliore conforto che noi possiamo trovare in noi stessi ? ...

La pace della coscienza è la prima autentica felicità. Essa aiuta ad essere forti nelle avversità; essa conserva la nobiltà e la libertà della persona umana nelle condizioni peggiori, in cui essa si può trovare; la pace della coscienza per di più rimane la fune di salvataggio, cioè la speranza, ... quando la disperazione dovrebbe avere il sopravvento nel giudizio di sé. ... È il primo dono fatto da Cristo risorto ai suoi, cioè il sacramento del perdono, un perdono che risuscita. 


Giovanni Paolo II:L’amore misericordioso di Dio si rivela pienamente e definitivamente nel Mistero pasquale.
Paolo VI. Il Mistero Pasquale
H. U. Von Balthasar. Mysterium Paschale. La Consegna
J. Ratzinger. La fede nella Risurrezione
J Jeremias La Pasqua
Mons. Caffarra. Testi sulla Pasqua
La pasqua dei primi secoli
Sant''Agostino. "Fides christianorum resurrectio Christi est"
Catechesi di Giovanni Paolo II sulla Resurrezione
Meditazione di Don Divo Barsotti sulla Pasqua
Ignace DE LA POTTERIE. Testi sulla Risurrezione di Gesù in Giovanni
La Pasqua dell''ebreo Gesù
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J Jeremias La Pasqua
Ratzinger - Benedetto XVI. Meditazione sulla La Pasqua
Tutti i passi della storia varcano il sepolcro vuoto
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J. Galot. Il sepolcro vuoto: Da piccoli indizi, lo stupore della fede
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Presenza di Maria nel mistero pasquale
tomba vuota e panni sepolcrali
Padre Raniero Cantalamessa. La storicità della risurrezione di Cristo
Sant''Agostino. "Fides christianorum resurrectio Christi est"
Marc Chagall. Il mistero della Pasqua

A. Socci. Ipotesi su Gesù e la sua resurrezione.
Don Giussani: Cristo contro il nulla
Paul O’Callaghan. Resurrezione. Teologia
LE APPARIZIONI «UFFICIALI» DEL RISORTO AL GRUPPO APOSTOLICO (GV 20,19-31)





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