Giovedì della VII settimana del Tempo di Pasqua. Commento completo e approfondimenti









Che tristezza, non possiamo nemmeno divertirci un paio d’ore con una partita. Il mondo è davvero un macello. E allora? Non abbiamo nulla da dire ai nostri figli, agli amici e ai colleghi che passano la vita a inveire e adirarsi con tutto e con tutti? Lo vediamo Dio nella storia o no? Ma se non sappiamo discernere la sua presenza negli eventi come potremo annunciarlo? Certo non è facile, per questo è necessario imparare a "contemplare la Gloria" che il Padre "ha dato a Cristo". E dove imparare se non nella comunità cristiana, l'assemblea convocata dalla Parola del Padre per la quale Gesù intercede prima di entrare nella Passione? La comunità di fratelli scelti e "santificati" da Dio proprio nel sangue di suo Figlio, diversi e spesso agli antipodi. Purtroppo si parla molto della Chiesa ma poco della reale comunità nella quale ogni cristiano è chiamato. E tu, hai compreso la Grazia immensa di essere chiamato a far parte di una comunità cristiana? Affermava San Cipriano che "Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre". E quanti cristiani sono orfani di Madre e di Padre, i cristiani "fai da te" di cui parla Papa Francesco. Ma è solo nella Chiesa che "Cristo è in noi" perché è in essa che Lui "è": "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro". 

Non sono belle parole, slogan da usare in un buon ecclesialese. Cristo risorto "è" vivo nella sua Chiesa, nel suo corpo mistico che è la comunità nella quale sei stato chiamato. E' fortissimo fratelli, non vi vengono i brividi? Gesù "vuole" con tutto se stesso "che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo". L'essere di Cristo è nella volontà del Padre che, accogliendo la sua obbedienza piena d'amore, abbraccia il Figlio sino ad essere "una cosa sola" con Lui. Aspetta, fermati, respira e contempla: Dio, capisci? l'Assoluto, il Totalmente Altro, l'Onnipotente, Colui che ancora oggi gli ebrei non possono neanche nominare, si è sbriciolato dinanzi all'umanità per amore. L'amore eterno del Padre per suo Figlio, la loro relazione d'amore che esisteva "prima della creazione del mondo" ha varcato l'infinito per farcene partecipi. Lo so, è difficile da capire, siamo limitati. 

Allora vediamo, è come se il figlio del più grande, ricco e potente sovrano della terra, in obbedienza al padre, uscisse dal suo Palazzo per recarsi nella prigione più malfamata del mondo, tipo quelle sudamericane, e, nel raggio dei criminali più pericolosi, offrisse se stesso come cauzione per liberare e accogliere nella sua casa come un fratello il peggiore di loro. Un pluriomicida, stupratore, ladro e tutto il peggio che potete pensare diviene così partecipe delle ricchezze e dell'intimità di quella famiglia. Ecco, così ha fatto il Padre con noi che, come Gesù, "eravamo suoi" da sempre, pensati, scelti e amati prima di apparire nel seno di nostra madre. Ci "ha dati" al Figlio perché il Figlio, obbedendo al Padre, ci strappasse dal peccato e dalla morte e ci riportasse a casa, per "essere dove Lui è". E tutto questo è avvenuto grazie alla predicazione degli Apostoli che è giunta sino a noi: "per la loro parola", infatti, abbiamo "creduto in Cristo" e questo ha fatto che, nella comunità, "tutti siano una sola cosa". 

La chiave dell'unità è dunque l'obbedienza di Gesù. Ma sappiamo che nella Scrittura "obbedienza" e "ascolto" coincidono. La comunione e l'unità nascono dunque dall'ascolto della Parola. Senza la predicazione e l'annuncio l'unità non è neanche immaginabile, perché la carne rende impotenti anche i desideri e i progetti più nobili. Solo nell’ascolto della Parola si dà la fede nella quel si sperimenta l'intimità dell'amore da cui sgorga, naturalmente, la comunione. Coraggio fratelli, anche in questo momento Gesù intercede presso il Padre mostrando le sue piaghe gloriose affinché nella comunità i discepoli possano accogliere la Parola, essere custoditi in essa, sperimentarne il potere, incarnarne la Verità e divenire così testimoni autentici della sua vittoria sulla morte. Per questo nella Chiesa ci dona il suo Spirito Santo che ci apre all’ascolto e sigilla in noi la Parola che ci è predicata, compiendola attraverso i sacramenti che realizzano nella nostra vita il Mistero Pasquale. 

Fratelli ancora pensiamo che la cultura, la politica, il successo nello studio e nel lavoro, gli affetti umani, il denaro, la salute e le vacanze possano colmare e dare pace e gioia alla nostra vita? Dai, rifletti un istante, con che pensieri e progetti ti sei alzato oggi? Hai pensato alla tua comunità, ai fratelli? No vero? Queste cose le riservi ai giorni e alle ore stabilite… Ecco perché le parole del Signore ti sembrano fantascienza: “io in loro e tu in me” e poi “la gloria”, la “consacrazione”, tutta roba che non c’entra nulla con gli affari e i problemi di ogni giorno. E invece sì che c’entrano, eccome. Abbiamo una missione fratelli, la nostra vita è decisiva perché il “mondo creda”! Se non la compiamo avremo fallito e gettato alle ortiche la nostra vita, perché saremo giudicati sull’amore. E l’amore è proprio sperimentare ogni giorno di “essere una cosa sola” nel Padre e nel Figlio per mezzo dello Spirito Santo, “come” Padre e Figlio sono uno nell’Altro, “perché il mondo creda” in Cristo e si salvi. 

Per questo nulla è più importante della comunità concreta che ci ha donato la Provvidenza, nella quale giorno dopo giorno, Gesù ci “fa conoscere il nome del Padre” entrando in noi e depositando nel nostro intimo “l'amore con il quale è amato da Lui”. Fratelli, la comunità è uno spicchio di Cielo dove Cristo vince ogni divisione che nel “mondo” distrugge le persone e semina morte. Nel mondo che “non conosce Dio” si confonde l’amore con l’omologazione e l’uguaglianza perché senza di Lui non si può accettare e amare l’altro così com’è, diverso e pieno di difetti. Ma noi siamo stati scelti e chiamati nella Chiesa come Noè scelse e fece entrare nell’Arca le diverse specie di animali… Tra di noi vi sono leoni e agnelli, galline e maiali, serpenti e muli, e ciascuno pensi a chi assomiglia… Ma, proprio come accadde nell’Arca, nessuno si uccide per nutrirsi, forse qualche graffio..., perché l’amore di Cristo ci sazia e ci unisce nella comunione che è un anticipo del Paradiso, realizzando quell’ “Io in loro e tu in me” che ha implorato nel Cenacolo. Per questo la Chiesa può solcare le acque del diluvio che sommerge il mondo, mostrando a ogni generazione la “perfezione nell'unità”; testimoniando cioè che a coloro che vivono la comunione non manca nulla perché vivono già le primizie del Paradiso. Con la tua comunità sei chiamato ad annunciare a tutti che il Cielo esiste perché è possibile ed esiste tra le persone l'amore celeste perché “il mondo saprà che” il Padre ha mandato Gesù vedendo nei cristiani lo stesso amore del Padre per il Figlio: "Tale unità”, infatti, “non è un prodotto mondanoGesù invoca un dono che proviene dal Cielo, e che ha il suo effetto – reale e percepibile – sulla terra... L’unità dei futuri discepoli, essendo unità con Gesù – che il Padre ha mandato nel mondo -, è anche la fonte originaria dell’efficacia della missione cristiana nel mondo" (Benedetto XVI). 



UN ALTRO COMMENTO

L'amore è l'unità. Per comprendere cosa siano la comunione e l'unità nella Chiesa occorre partire dall'amore, da quello con il quale il Padre ha amato il Figlio. Per questo la perfetta unità è un dono celeste, un'opera dello Spirito Santo. E' Lui che, donato alla Chiesa, riversa l'amore di Dio nei cuori dei discepoli. E' nello Spirito Santo che la Chiesa è una, cattolica ed apostolica. Non si tratta di sforzi, compromessi, documenti. La Chiesa non può darsi l'unità da se stessa. La Chiesa è una perché è divina, perché è il Corpo di Cristo, perché è viva nell'intimità di Dio. Possiamo allora chiederci come Dio ha amato il Figlio, come sono, tra loro, una cosa sola. Dobbiamo ripercorrere tutta la vita di Gesù. Scopriremo che in ogni istante Egli ha compiuto la volontà del Padre. E' questa la chiave dell'unità, ed essa passa per l'obbedienza. Sappiamo che, nella Scrittura, "obbedienza" e "ascolto", coincidono. Ecco perché nella preghiera sacerdotale Gesù accenna alla Parola che ha dato ai suoi discepoli, che diviene parola dei discepoli che chiama le genti e, creduta, genera figli alla Chiesa. La comunione e l'unità passano dunque per l'ascolto della Parola. Comprendiamo allora quanto siano fondamentali la predicazione e l'annuncio. Senza di essi l'unità non è neanche immaginabile, perché la carne rende impotenti anche i desideri e i progetti più nobili. E' nella Parola che si dà l'intimità dell'amore da cui sgorga, naturalmente, la comunione. La preghiera di Gesù è dunque l'intercessione presso il Padre perché i discepoli prima, e il mondo poi, possano accogliere la Parola, essere custoditi in essa, sperimentarne il potere, incarnarne la Verità e divenire così testimoni autentici per compiere la missione di annunciare al mondo il Signore Gesù Cristo risorto. Nella catechesi del 25 gennaio del 2012 Benedetto XVI diceva al proposito: "Gesù prega per la Chiesa di tutti i tempi, prega anche per noi (Gv 17,20). Il Catechismo della Chiesa Cattolica commenta: «Gesù ha portato a pieno compimento l’opera del Padre, e la sua preghiera, come il suo Sacrificio, si estende fino alla consumazione dei tempi. La preghiera dell’Ora riempie gli ultimi tempi e li porta verso la loro consumazione» (n. 2749). La richiesta centrale della preghiera sacerdotale di Gesù dedicata ai suoi discepoli di tutti i tempi è quella della futura unità di quanti crederanno in Lui. Tale unità non è un prodotto mondano. Essa proviene esclusivamente dall’unità divina e arriva a noi dal Padre mediante il Figlio e nello Spirito Santo. Gesù invoca un dono che proviene dal Cielo, e che ha il suo effetto – reale e percepibile – sulla terra... L’unità dei cristiani da una parte è una realtà segreta che sta nel cuore delle persone credenti. Ma, al tempo stesso, essa deve apparire con tutta la chiarezza nella storia, deve apparire perché il mondo creda, ha uno scopo molto pratico e concreto deve apparire perché tutti siano realmente una sola cosa. L’unità dei futuri discepoli, essendo unità con Gesù – che il Padre ha mandato nel mondo -, è anche la fonte originaria dell’efficacia della missione cristiana nel mondo". 

La Parola di Dio è la Verità. E la Verità è la carità di Dio fatta carne in Cristo Gesù. Essa è il vertice della comunione, il vincolo di perfezione. Amore e unità sono dunque le caratteristiche uniche e celesti con le quali la Chiesa si presenta al mondo. Esso potrà credere solo vedendo compiuti, in essa, l'amore e l'unità. Perché questo si realizzi è necessario che la Chiesa sia sempre in cammino, in conversione, in ascolto della Parola di Dio, nutrita dei sacramenti, sperimentando, passo dopo passo, nella comunità concreta dei cristiani, il compiersi, per Grazia dello Spirito Santo, dell'amore e dell'unità. E' in questo cammino che Gesù continua a far conoscere il suo Nome, la sua persona. E' nel cammino di un'iniziazione cristiana che formi permanentemente alla fede che i cristiani possono vivere l'intimità con il Padre, nel Figlio, per mezzo dello Spirito Santo. E' la comunità concreta nella quale ci ha posti la Provvidenza il luogo dove discende la Gloria di Dio, la sua presenza misteriosa che guida e protegge i figli di Dio come in una nuova Arca di Noè nel diluvio del mondo. E' la comunità il luogo dove Gesù è Figlio amato e amante, dove Egli è e i suoi discepoli sono, in un amore più forte della morte, l'amore tra il Padre e il Figlio, lo Spirito Santo vivo. Per questo la Parola del Vangelo di oggi ci chiama a perseverare nel cammino intrapreso, a non abbandonare Gerusalemme, la comunità, dove saremo rivestiti di potenza dall'alto. Stringerci alla Parola di Dio, al Verbo fatto carne nella predicazione, nella proclamazione, nella meditazione. Nutrirci, giorno dopo giorno, della Parola fatta sacramento e amore nello Spirito Santo che il Padre, nel Nome di Gesù, riversa sulla sua Chiesa. Fedeli alla Chiesa, al cammino di fede che Dio ci ha donato, alla comunità nella quale siamo gestati alla fede, per contemplare, nelle vicissitudini delle nostre vite, la Gloria di Gesù, il nostro stesso destino eterno. Il nostro e quello del mondo intero, perché tutti, per mezzo della Chiesa, siano uno in Cristo Gesù.



APPROFONDIMENTI


Sant’Ignazio d’Antiochia (? - circa 110), vescovo et martire
Lettera agli Efesini, 2-4

« Come tu sei in me e io in te, siano anch’essi una cosa sola »

Bisogna glorificare in ogni modo Gesù Cristo che ha glorificato voi, perché riuniti in una stessa obbedienza e sottomessi al vescovo e ai presbiteri siate santificati in ogni cosa. Non vi comanderò come se fossi qualcuno. Se pur sono incatenato nel Suo nome, non ancora ho raggiunto la perfezione in Gesù Cristo. Solo ora incomincio a istruirmi e parlo a voi come miei condiscepoli. Bisogna che da voi sia unto di fede, di esortazione, di pazienza e di magnanimità. Ma poiché la carità non mi lascia tacere con voi, voglio esortarvi a comunicare in armonia con la mente di Dio. E Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, è il pensiero del Padre, come anche i vescovi posti sino ai confini della terra sono nel pensiero di Gesù Cristo.
Conviene procedere d'accordo con la mente del vescovo, come già fate. Il vostro presbiterato ben reputato degno di Dio è molto unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canti a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell'armonia del vostro accordo prendendo nell'unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre... È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio.


San Pier Damiani (1007-1072), eremita poi vescovo, dottore della Chiesa 
Opuscoli, 11 « Dominus vobiscum », 6


« Come tu Padre sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola »

La santa Chiesa, sebbene sia diversa per la moteplicità delle persone, è fusa nell'unità dal fuoco dello Spirito Santo: e perciò, anche se nel suo corpo visibile sembra essere divisa in diversi luoghi, questo non toglie nulla al mistero della sua intima unità. Infatti «l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). È dunque questo Spirito, uno e molteplice, uno nella maestà dell'essenza e molteplice nei diversi doni, a permettere alla Chiesa Santa, da lui colmata, di essere una nella totalità e tutta intera nelle sue parti...
Se dunque coloro che credono in Cristo sono una cosa sola, dovunque è presente visibilmente un membro, ivi è anche presente misticamente tutto il corpo... Ecco perché, quando parecchi fedeli si trovano insieme, possono dire: «Signore, tendi l'orecchio, rispondimi, perché io sono povero e infelice. Custodiscimi perché sono fedele» (Sal 85,1). E quando siamo da soli, possiamo tuttavia cantare: «Esultate in Dio, nostra forza, acclamate al Dio di Giacobbe» (Sal 80,2). Non è inopportuno dire tutti insieme: «Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode» (Sal 33,2), o proclamare, mentre sono da solo: «Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome» (Sal 33,4), e altre espressioni simili. La solitudine non impedisce a nessuno di parlare al plurale, e la moltitudine dei fedeli può certo esprimersi al singolare. La potenza dello Spirito Santo che abita in ognuno dei fedeli e li avvolge tutti insieme, fa sì che ci sia qui una solitudine riccamente popolata, e lì una moltitudine che è una cosa sola.




Benedetto XVI. La Preghiera sacerdotale di Gesù.
Catechesi del 25 gennaio 2012

Nella Catechesi di oggi concentriamo la nostra attenzione sulla preghiera che Gesù rivolge al Padre nell’«Ora» del suo innalzamento e della sua glorificazione (cfr Gv 17,1-26). Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La tradizione cristiana a ragione la definisce la “preghiera sacerdotale” di Gesù. E’ quella del nostro Sommo Sacerdote, è inseparabile dal suo Sacrificio, dal suo “passaggio” [pasqua] al Padre, dove egli è interamente “consacrato” al Padre» (n. 2747).

Questa preghiera di Gesù è comprensibile nella sua estrema ricchezza soprattutto se la collochiamo sullo sfondo della festa giudaica dell’espiazione, lo Yom kippùr. In quel giorno il Sommo Sacerdote compie l’espiazione prima per sé, poi per la classe sacerdotale e infine per l’intera comunità del popolo. Lo scopo è quello di ridare al popolo di Israele, dopo le trasgressioni di un anno, la consapevolezza della riconciliazione con Dio, la consapevolezza di essere popolo eletto, «popolo santo» in mezzo agli altri popoli. La preghiera di Gesù, presentata nel capitolo 17 del Vangelo secondo Giovanni, riprende la struttura di questa festa. Gesù in quella notte si rivolge al Padre nel momento in cui sta offrendo se stesso. Egli, sacerdote e vittima, prega per sé, per gli apostoli e per tutti coloro che crederanno in Lui, per la Chiesa di tutti i tempi (cfr Gv 17,20).

La preghiera che Gesù fa per se stesso è la richiesta della propria glorificazione, del proprio «innalzamento» nella sua «Ora». In realtà è più di una domanda e della dichiarazione di piena disponibilità ad entrare, liberamente e generosamente, nel disegno di Dio Padre che si compie nell’essere consegnato e nella morte e risurrezione. Questa “Ora” è iniziata con il tradimento di Giuda (cfr Gv 13,31) e culminerà nella salita di Gesù risorto al Padre (Gv20,17). L’uscita di Giuda dal cenacolo è commentata da Gesù con queste parole: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui» (Gv 13,31). Non a caso, Egli inizia la preghiera sacerdotale dicendo: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1). La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l’ingresso nella piena obbedienza al Padre, un’obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale: «E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). Sono questa disponibilità e questa richiesta il primo atto del sacerdozio nuovo di Gesù che è un donarsi totalmente sulla croce, e proprio sulla croce – il supremo atto di amore – Egli è glorificato, perché l’amore è la gloria vera, la gloria divina.

Il secondo momento di questa preghiera è l’intercessione che Gesù fa per i discepoli che sono stati con Lui. Essi sono coloro dei quali Gesù può dire al Padre: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola» (Gv 17,6). «Manifestare il nome di Dio agli uomini» è la realizzazione di una presenza nuova del Padre in mezzo al popolo, all’umanità. Questo “manifestare” è non solo una parola, ma è realtà in Gesù; Dio è con noi, e così il nome – la sua presenza con noi, l’essere uno di noi – è “realizzato”.  Quindi questa manifestazione si realizza nell’incarnazione del Verbo. In Gesù Dio entra nella carne umana, si fa vicino in modo unico e nuovo. E questa presenza ha il suo vertice nel sacrificio che Gesù realizza nella sua Pasqua di morte e risurrezione.

Al centro di questa preghiera di intercessione e di espiazione a favore dei discepoli sta la richiesta di consacrazione; Gesù dice al Padre: «Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» (Gv 17,16-19). Domando: cosa significa «consacrare» in questo caso? Anzitutto bisogna dire che «Consacrato» o «Santo», è propriamente solo Dio. Consacrare quindi vuol dire trasferire una realtà – una persona o cosa – nella proprietà di Dio. E in questo sono presenti due aspetti complementari: da una parte togliere dalle cose comuni, segregare, “mettere a parte” dall’ambiente della vita personale dell’uomo per essere donati totalmente a Dio; e dall’altra questa segregazione, questo trasferimento alla sfera di Dio, ha il significato proprio di «invio», di missione: proprio perché donata a Dio, la realtà, la persona consacrata esiste «per» gli altri, è donata agli altri. Donare a Dio vuol dire non essere più per se stessi, ma per tutti. E’ consacrato chi, come Gesù, è segregato dal mondo e messo a parte per Dio in vista di un compito e proprio per questo è pienamente a disposizione di tutti. Per i discepoli, sarà continuare la missione di Gesù, essere donato a Dio per essere così in missione per tutti. La sera di Pasqua, il Risorto, apparendo ai suoi discepoli, dirà loro: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv20,21).

Il terzo atto di questa preghiera sacerdotale distende lo sguardo fino alla fine del tempo. In essa Gesù si rivolge al Padre per intercedere a favore di tutti coloro che saranno portati alla fede mediante la missione inaugurata dagli apostoli e continuata nella storia: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola». Gesù prega per la Chiesa di tutti i tempi, prega anche per noi (Gv 17,20). Il Catechismo della Chiesa Cattolica commenta: «Gesù ha portato a pieno compimento l’opera del Padre, e la sua preghiera, come il suo Sacrificio, si estende fino alla consumazione dei tempi. La preghiera dell’Ora riempie gli ultimi tempi e li porta verso la loro consumazione» (n. 2749).

La richiesta centrale della preghiera sacerdotale di Gesù dedicata ai suoi discepoli di tutti i tempi è quella della futura unità di quanti crederanno in Lui. Tale unità non è un prodotto mondano. Essa proviene esclusivamente dall’unità divina e arriva a noi dal Padre mediante il Figlio e nello Spirito Santo. Gesù invoca un dono che proviene dal Cielo, e che ha il suo effetto – reale e percepibile – sulla terra. Egli prega «perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). L’unità dei cristiani da una parte è una realtà segreta che sta nel cuore delle persone credenti. Ma, al tempo stesso, essa deve apparire con tutta la chiarezza nella storia, deve apparire perché il mondo creda, ha uno scopo molto pratico e concreto deve apparire perchè tutti siano realmente una sola cosa. L’unità dei futuri discepoli, essendo unità con Gesù – che il Padre ha mandato nel mondo -, è anche la fonte originaria dell’efficacia della missione cristiana nel mondo.

«Possiamo dire che nella preghiera sacerdotale di Gesù si compie l’istituzione della Chiesa … Proprio qui, nell’atto dell’ultima cena, Gesù crea la Chiesa. Perché, che altro è la Chiesa se non la comunità dei discepoli che, mediante la fede in Gesù Cristo come inviato del Padre, riceve la sua unità ed è coinvolta nella missione di Gesù di salvare il mondo conducendolo alla conoscenza di Dio? Qui troviamo realmente una vera definizione della Chiesa. La Chiesa nasce dalla preghiera di Gesù. E questa preghiera non è soltanto parola: è l’atto in cui egli «consacra» se stesso e cioè «si sacrifica» per la vita del mondo (cfr Gesù di Nazaret, II, 117s).

Gesù prega perché i suoi discepoli siano una cosa sola. In forza di tale unità, ricevuta e custodita, la Chiesa può camminare «nel mondo» senza essere «del mondo» (cfr Gv 17,16) e vivere la missione affidatale perché il mondo creda nel Figlio e nel Padre che lo ha mandato. La Chiesa diventa allora il luogo in cui continua la missione stessa di Cristo: condurre il «mondo» fuori dall’alienazione dell’uomo da Dio e da se stesso, fuori dal peccato, affinché ritorni ad essere il mondo di Dio.


Cari fratelli e sorelle, abbiamo colto qualche elemento della grande ricchezza della preghiera sacerdotale di Gesù, che vi invito a leggere e a meditare, perché ci guidi nel dialogo con il Signore, ci insegni a pregare. Anche noi, allora, nella nostra preghiera, chiediamo a Dio che ci aiuti ad entrare, in modo più pieno, nel progetto che ha su ciascuno di noi; chiediamoGli di essere «consacrati» a Lui, di appartenerGli sempre di più, per poter amare sempre di più gli altri, i vicini e i lontani; chiediamoGli di essere sempre capaci di aprire la nostra preghiera alle dimensioni del mondo, non chiudendola nella richiesta di aiuto per i nostri problemi, ma ricordando davanti al Signore il nostro prossimo, apprendendo la bellezza di intercedere per gli altri; chiediamoGli il dono dell’unità visibile tra tutti i credenti in Cristo – lo abbiamo invocato con forza in questa Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani – preghiamo per essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15). Grazie.


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