Giovedì della VIII settimana del Tempo Ordinario. Commento completo e approfondimenti






Buongiorno "Bartimeo"... E questo il tuo nome oggi, no? Forse neanche ti sei accorto che è da una vita che la tua relazione matrimoniale è un grigio e infruttuoso "mendicare" come lui uno spicciolo di stima e considerazione. Prova a scrutare il rapporto con il tuo fidanzato, e comincia a contare le volte che ti avvicini a lui allungando le mani per mendicare il suo affetto con le parole, gli sguardi, i compromessi, il detto e non detto, gli ammiccamenti, perfino con i regali e l'aiuto che gli offri, e il tuo corpo che per paura di perderlo non induci a far rispettare. Guarda al rapporto che hai con gli amici e i colleghi di lavoro, alle foto che posti su Facebook e Instagram, istantanee della tua vita messe in vetrina per mendicare un “mi piace” e un commento che inietti una goccia di vita nel tuo cuore assetato d’affetto. Guardiamo anche al nostro modo d'essere preti, ai salti mortali di splendida carità, alle omelie e alle catechesi, e scopriremo quanto siamo abili ad elemosinare il prestigio e il successo pastorale che diano senso al nostro ministero. Sì fratelli, facciamo di tutto per ripararci dalla solitudine che, nel Vangelo, appare oggi sotto forma di "cecità". Un cieco, infatti, è isolato dagli altri perché non li vede ed è obbligato ad entrare in relazione con loro solo attraverso un triste mendicare. Come "Bartimeo", del quale S. Agostino, notando come Marco nomini anche suo padre Timeo, afferma: "Bartimeo, figlio di Timeo, era un personaggio decaduto da prosperità molto grande, e la sua condizione di miseria doveva essere universalmente nota e di pubblico dominio in quanto non era soltanto cieco ma un mendicante che sedeva lungo la strada". Cieco e decaduto dunque, come Adamo ed Eva dopo il peccato, e come Sansone, il famoso personaggio dell'Antico Testamento. Nato da una donna sterile era un "nazireo", ovvero un consacrato a Dio chiamato a vivere seguendo rigidi precetti di vita, come quello di non tagliarsi i capelli, nei quali, proprio per questo, risiedeva la sua forza attraverso la quale compiva la sua missione di giudice per Israele. Ma, irretito dal demonio, aveva peccato con i suoi occhi lasciandosi sedurre da Dalila, una donna pagana, immagine del mondo ostile a Dio e della vita secondo la carne. Per i rabbini Dalila è, secondo il significato del nome, colei che indebolisce, perché gli aveva fatto perdere le tre facoltà fondamentali di un uomo: il corpo, lo spirito e la volontà. Troppo sicuro di sé Sansone non resiste alla concupiscenza, che lo conduce a svelare il segreto della sua forza, a denudare cioè la propria anima e “consegnare le perle ai porci”, la primogenitura che lo rendeva illuminato e forte come un "piccolo sole" (è il significato del nome Sansone). Per questo, dopo avergli tagliato i capelli, i pagani lo accecano; dicevano i Padri della Chiesa, che il demonio lo aveva accecato sull'amore di Dio e su quello dei fratelli gettandolo nella solitudine dell'incredulità. Sansone aveva guardato e desiderato le donne che gli erano proibite, pecca nel cuore e con la carne, e comincia a sperimentare l'incredulità, il glaucoma che brucia la retina del cuore dove Dio riflette il suo amore incarnato nella storia. Se il demonio riesce a offuscare l'evidenza del suo amore inducendoci a dubitare, ci ritroveremo ogni giorno più ciechi, come, secondo i rabbini erano tanti “ebrei ai tempi dell’esilio”, quando, volendosi costruire un futuro a Babilonia increduli alle parole dei profeti, “la malta cadde nei loro occhi e furono accecati” (Bamidbar Raba 7,1). Ormai esiliati e lontani da Gerusalemme, cioè dalla volontà di Dio, ci illudiamo di costruire la nostra storia senza accorgerci che quella che stiamo guardando non è più la vita reale pensata da Dio, perché gli eventi e le persone saranno avvolti nella menzogna: la moglie sarà solo un'isterica, il marito un egoista inguaribile, i genitori dei fossili lontani anni luce dai problemi dei figli, i figli dei capricciosi imbelli, gli amici sono approfittatori, i colleghi subdoli nemici, e tutto sembrerà coalizzarsi contro di noi. Questo modo di vedere la storia è proprio la cecità! Come Sansone, ci ritroviamo in mezzo ai pagani, costretti a far girare una macina, obbligati cioè a mendicare un frammento di affetto girando intorno a noi stessi e ai nostri desideri, per cercare di non morire.

E' così vero? Non riesci a liberarti da quella relazione morbosa perché non vedi l'amore di Dio nella tua vita e ti accontenti di un suo rancido surrogato. Sei gelosa di quella sorella dalla quale vorresti essere considerata come meriti - era tua amica, no? - e per questo elemosini un suo sguardo in mezzo a capricci infantili. Sì fratelli, come Sansone abbiamo perduto la forza per vivere liberi e non soccombere dinanzi al mondo e alle sue lusinghe perché abbiamo perduto la nostra unica ricchezza, Cristo, dimenticandolo senza accorgercene. Ma coraggio, Gesù sta "passando" oggi "insieme ai discepoli" proprio accanto a te. Non ti giudicare, ascolta! Spera la salvezza, anche se come Bartimeo te ne stai prostrato nell'accidia della routine senza sperare nulla. Non devi fare chissà che cosa, come Bartimeo che si trovava in quel momento in quel posto che era la sua realtà di indigenza. E’ Gesù che fa tutto, che “passa” oggi proprio dove tu sei schiacciato su te stesso. E’ Gesù che attraverso la predicazione della Chiesa che cammina con Lui ti illumina sulla tua realtà bisognosa di “pietà”, ti fa “sentire” che è accanto a te per salvarti, e depone in te quell’embrione di fede nel quale puoi “gridare” a Lui. La fede, infatti, viene dalla predicazione, e per questo nel "grido" di Bartimeo appare già "la fede che lo salva". Il passaggio di Gesù, infatti, ha ridestato in Bartimeo l’immagine e la somiglianza con il Creatore che non “vedeva” più perché seppellita dall’abitudine a peccare; e proprio lì sotto, nel cuore ha iniziato a credere, cioè a “vedere” in Gesù la salvezza che “passava” nella sua vita, il riscatto e la misericordia che giungevano proprio accanto al suo dolore e al suo fallimento. In quel momento ha riaperto gli occhi del cuore perché la stessa storia sulla quale si erano chiusi divenendo così per lui un'oscura notte di solitudine, al passaggio di Gesù, ridiviene luminosa di speranza, luogo di forza e gioia che sembravano perdute. Proprio come recita il salmo 64: “A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri peccati. Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atrii. Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza, speranza dei confini della terra. Tu visiti la terra e la disseti: la ricolmi delle sue ricchezze. Così prepari la terra: Ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l'anno con i tuoi benefici, al tuo passaggio stilla l'abbondanza”. E proprio attraverso la storia Dio aveva “preparato” la “terra” di Bartimeo umiliandolo perché sapesse accogliere la “visita” di Gesù.

Ascolta allora, e lascia che la "Pasqua" di Gesù ti scuota dal torpore e dalla sorda disperazione per ridestare in te il seme incorruttibile seminato nel battesimo. Capisci? Questo “anno”, ovvero la nostra vita sino ad oggi, è stato “coronato dai benefici” del Signore! Tutti gli avvenimenti che ci sono accaduti e che non siamo stati capaci di discernere e contro i quali abbiamo lottato “mendicando” miseramente, erano “benefici” di Dio che hanno preparato misteriosamente il miracolo della vista. Ciò significa che anche il tempo che ci sembra scorrere inutile e grigio, senza vedere soluzioni ai problemi, senza incontrare la persona con cui condividere la vita, senza lavoro, senza apparente via di sbocco per figli o amici, anche il lungo tempo di cecità può essere il seno fecondo che prepara l'incontro con il Signore. Perché proprio il “mendicante” umiliato che spera dagli uomini quello che solo Dio può dare, è la persona più idonea a ricevere il seme della fede. Cristo, infatti, al suo “passaggio” fa “stillare l’abbondanza” che tutti desideriamo e mendichiamo dalla carne, perché ci convertiamo. E convertirsi significa smettere di rivolgerci alla carne e volgerci a Lui per “mendicare” la sua “pietà” che ci risuscita in una vita piena. Coraggio, anche oggi giunge al nostro cuore l'annuncio della Chiesa, con il santo trambusto delle sue famiglie che lottano e si perdonano, degli apostoli che fanno strada al Signore annunciandoci l’amore “sovrabbondante” di Cristo che, come un liquido di contrasto, ci rende consapevoli della nostra realtà di peccatori. La Chiesa, infatti, ha la missione di passare con Cristo nella storia perché la sua Pasqua giunga al cuore di ogni uomo cieco e senza speranza; per questo non può star chiusa nei templi, negli uffici e nelle sacrestie! Se Gesù e i suoi discepoli non fossero passati di lì, Bartimeo sarebbe rimasto cieco a mendicare. Ma Dio ci ama, e invia anche oggi la Chiesa ad annunciarci il Vangelo. Lasciamoci trafiggere il cuore e gridiamo “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”, ovvero: “abbi pietà, sono morto nei miei peccati, sono schiavo e cieco, tutto mi sembra buio e assurdo, Signore pietà". Proprio questo grido che nasce da un cuore contrito e umiliato è la voce della fede accolta nella predicazione capace di “fermare” il Signore perché ci “chiami” a “passare” con Lui dalla morte alla vita, dalla cecità alla vista. E il Mistero Pasquale del Signore si compie in noi nella comunità cristiana, dove Gesù scende nel cuore accecato dal peccato per deporvi il suo amore capace di sciogliere le catene dell'incredulità perché, a poco a poco, tu possa imparare a “vederlo” nei fatti e nelle persone con gli occhi della fede che cresce sino a farsi adulta. Così accadde a Bartimeo, che è immagine del “catecumeno”, Come affermato da Benedetto XVI: "Questo racconto, nell’essenzialità dei suoi passaggi, evoca l’itinerario del catecumeno verso il sacramento del Battesimo, che nella Chiesa antica era chiamato anche Illuminazione. La fede è un cammino di illuminazione: parte dall’umiltà di riconoscersi bisognosi di salvezza e giunge all’incontro personale con Cristo, che chiama a seguirlo sulla via dell’amore”. Per giungere all’incontro decisivo con il Signore dobbiamo imparare da Sansone che non disperò di riacquistare la sua forza, e “gridare” più forte di quanti vorrebbero far tacere l’embrione di fede che Lui ha smosso in noi. Che hai da fare di più importante? Ma se non gridi tutto ciò che farai resterà un triste mendicare. No, “grida” senza fermarti, perché Gesù è adesso accanto a te, e la sua presenza ti attira a sé “chiamandoti” attraverso questo Vangelo! “Coraggio” ti ripetono oggi gli Apostoli, “il Maestro ti chiama” ad incontrarlo nella comunità. Se lo ascolti potrai “alzarti” in virtù del potere della sua Parola, ovvero “risuscitarti” secondo il greco originale, per giungere dinanzi a Lui e consegnargli la tua cecità. Coraggio allora, “balza in piedi” come chi ha saputo di aver vinto alla lotteria, e “getta via il mantello” della superbia con cui ha creduto di difenderti, e corri da Lui che ti sta aspettando per farti la domanda che ogni uomo spera di sentirsi rivolgere: “Che vuoi che io ti faccia?”. E certo, in quel momento non avrai dubbi su come rispondere, perché “la tua fede” accolta nella predicazione, ti avrà già “salvato” dalla menzogna del demonio, e potrai dire a Gesù con piena fiducia: “Rabbunì, che io riabbia la vista!”. Avrai compreso che il problema non era fuori di te, perché la tua sofferenza non dipendeva dal fatto che gli altri non ti amavano e consideravano, che tua moglie o tuo fratello non ti “vedevano”. Eri tu che non “vedevi” più chi ti era accanto perché, ingannato dal demonio, avevi smesso di “vedere” Cristo amarti sino a dare la sua vita per te. Per questo potrai rispondere al Maestro che vuoi “riavere” la possibilità di “vedere” Lui e il suo amore per te, che vuoi sperimentare il suo perdono e ricevere il dono della vita nuova per “riacquistare la vista” della fede sui fratelli. Gesù farà cadere le mura di Gerico immagine della menzogna che ti rinchiude nell'orgoglio, e potrai "vedere" le sue orme nella storia e così, con la forza dello Spirito Santo che Dio diede nuovamente a Sansone, “seguirlo” nel suo cammino verso Gerusalemme, dove compiere sulla Croce con Lui la tua consacrazione, e così far giustizia dei Filistei, immagine dei demoni nemici di ogni uomo che ci è accanto.



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