Sabato della IX settimana del Tempo Ordinario





αποφθεγμα Apoftegma


Una volta, un monaco mentre era in viaggio 
trovò una pietra preziosa e la prese con sé.  
Un giorno incontra un viaggiatore e, 
quando aprì la borsa per condividere con lui le sue provviste, 
il viaggiatore vide la pietra e gliela chiese. 
Il monaco gliela diede immediatamente. 
Il viaggiatore partì, 
pieno di gioia per l'inaspettato dono della pietra preziosa 
che sarebbe stata sufficiente a garantirgli 
il benessere e la sicurezza per il resto della vita. 
Ma pochi giorni dopo tornò indietro alla ricerca del monaco 
e, trovatolo, gli restituì la pietra dicendogli: 
“ora dammi qualcosa di più prezioso di questa pietra, 
qualcosa di pari valore. 
Dammi ciò che ti ha reso capace di donarmela.




E' sabato, ci avviciniamo alla celebrazione della resurrezione del Signore, e, come ogni sabato, è un po' come restare con lui nel silenzio della tomba, perché è da qui che si risorge fratelli, non dal chiasso che spacciamo per vita. Per questo oggi Gesù ci "insegna": "guardatevi dagli scribi, e guardate questa vedova". Quelli vivono in superficie e nell'ipocrisia, questa vive nell'intimo e nell'autenticità. Gli uni sfuggono la propria realtà di lupi affamati che, sfruttando la propria posizione di stima presso il popolo, entrano nelle case delle vedove come consulenti e "divorano" i loro beni; lei, "divorata", non si ribella, ma entra nel nulla, scende cioè ancora più giù della sua "estrema indigenza" per inoltrarsi nella morte. Se, infatti, dà "tutto quello che ha per vivere", significa che si consegna volontariamente alla morte. E' come se, con quel gesto, accettasse la sua realtà sino in fondo: "sono vedova, non ho più l'eredità di mio marito, mi restano solo questi "due spiccioli", è tutto quello che ho per vivere; ma è inutile che mi inganni, anche questo denaro finirà, e poi non avrò null'altro, perché la verità è che senza il mio sposo non posso vivere".  Ebbene, proprio questa è la realtà che dovremmo riconoscere e accettare ogni sabato, l'unica che ci permetta di entrare seriamente nella Pasqua di Gesù. Senza di Lui non possiamo vivere, e quello che abbiamo tra le mani è destinato ad esaurirsi presto. Per giungere alla statura di fede della vedova dobbiamo "guardarci" dall'ipocrisia di quegli scribi che è anche in noi. "Amiamo", infatti, le stesse cose: "passeggiare in lunghe vesti": è il culto dell'apparenza, il look e la linea, ma anche il modo di parlare beffardo e sarcastico che ridicolizza sempre gli altri; avete presente quelli che "passeggiano" nei discorsi "in lunghe vesti" cucite di battute sempre pronte per catturare l'attenzione, e delle "chiacchiere con cui ci spelliamo a vicenda": sono un "abito", indossato perché, lo sappiamo bene, c'è nascosta nel cuore dell'uomo la sottile perversione voyeuristica: la pornografia certo, ma anche il gossip, il pettegolezzo, le intercettazioni telefoniche. "Amiamo" poi "ricevere saluti nelle piazze", cioè che ci riconoscano, perché abbiamo terrore dell'irrilevanza. Quanta fatica, vero?, per guadagnarsi un "saluto"; meno male che ora c'è la tecnologia che semplifica le cose: i selfie innanzitutto, che meraviglia, possiamo infilzarci in una foto come polli allo spiedo quando vogliamo, e così, come nelle vetrine delle rosticcerie, dire al mondo che esistiamo. Certo che ci noteranno con quelle labbra assurde che mettiamo... E poi i social networks, il nostro personale Grande Fratello dove offriamo la nostra vita al miglior "mi piace", foto e frasi criptiche postate parossisticamente, senza forse accorgerci della prostituzione alla quale obblighiamo la nostra anima. "Amiamo" anche "avere i primi seggi nelle sinagoghe", quelli che erano riservati agli scribi, ma che, curiosamente, davano le spalle ai rotoli della Torah perché erano situati di fronte all'assemblea. Ah quanto ci piace stare nella nostra comunità esibendo noi stessi e le nostre “lunghe preghiere”, la generosità, la presunta coerenza e onestà, la familiarità con la Scrittura, lo zelo nel cantare e nel leggere; insomma, ci piace metterci di fronte agli altri dai "primi seggi" per affermare in tutto di non essere come loro, che ovviamente giudichiamo e dai quali però esigiamo stima e rispetto. Senza renderci conto che stiamo nella Chiesa voltando le spalle alla Parola che ci chiama a conversione. E per questo viviamo ipocritamente, belli fuori e brutti dentro, e "amiamo" senza averne alcun diritto, "i primi posti nei banchetti". Il "banchetto" del Signore, infatti, è riservato ai piccoli, agli ultimi, ai peccatori che riconoscono di esserlo e non ce la fanno più a vivere nella schiavitù.


Per questo Gesù ci chiama seriamente e severamente a conversione dicendoci: "guardatevi" dal "dare del vostro superfluo". "Guardatevi" cioè dal vivere superficialmente e ipocritamente, e prendete oggi in mano la vostra vita, come ha fatto la "vedova,": chiedetevi per quale motivo ci viene data e per che cosa "valga la pena" viverla. Letteralmente, per chi e per cosa ha valore "penare", soffrire, sacrificarsi, offrirsi, donarsi. Per un briciolo di stima e di affetto degli altri? Allora, attenzione all'atteggiamento dei "ricchi" che è anche in noi; non c'entrano solo i soldi, ma le nostre cose, i beni in generale, anche la famiglia, il coniuge, i figli, gli amici, il lavoro. Attenzione perché chi si sente "ricco", chi è cioè “super-bo” e getta nel tesoro del Tempio dal suo "super-fluo" è un “super-cieco” su stesso perché ha voltato le spalle a Dio. Non sa che si sta difendendo vivendo nell'ipocrisia ogni relazione, con Dio prima e con gli altri poi. "Ama" ciò che non ha alcun valore perché non ha dentro di sé Colui che dà valore a ogni cosa. "Guardatevi" dalla falsa ricchezza, dal vostro ego insaziabile, che mentre dà una briciola di se stesso a Dio e agli altri, li "divora" strumentalizzandoli per saziarsi. Ascoltiamo oggi quello che l'Angelo diceva alla Chiesa di Laodicea: "Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo". Capito chi sei? Esattamente quello che la vedova stava sperimentando, e per questo si accingeva a fare il passo decisivo del suo cammino di fede. Molto aveva camminato nella sofferenza che l'aveva umiliata e resa autentica; non aveva più nulla da difendere, le rimanevano solo due spiccioli, l'ultimo respiro dell'uomo vecchio. Gettandoli nel tesoro del Tempio si sarebbe spogliata completamente per immergersi nuda nella misericordia di Dio, l'unica sua speranza; perché ha sperimentato che nulla di mondano ha potuto difenderla, né saziarla, mentre invece crede che "Le lacrime della vedova scendono sulla guancia di Dio" (Sap 35,18 testo ebraico) perché ha cominciato a sperimentarlo. E tu, hai sperimentato di essere un miserabile peccatore, e che Dio ti ama e perdona? Se sì, ascolta ancora l’Angelo: "Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista. Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti.". Sono tutte immagini battesimali che ci chiamano a ritornare alle fonti della nostra fede, ad obbedire e a “comprare”, cioè a chiedere alla Chiesa “il fuoco” dello Spirito Santo che purifica in noi “l'oro” della natura divina, le "vesti bianche" della vita nuova rigenerata nella misericordia da indossare al posto di quelle con cui ha "passeggiato" l'uomo vecchio e così rivestire di santità vera la nostra debolezza, e il "collirio" della Parola che ci apra gli occhi al discernimento. Coraggio fratelli, "ravvediamoci" e accettiamo di essere "rimproverati"; è sabato ed "ecco", Gesù "sta alla porta e bussa" e ci dice: "Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta" domani "io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me". Nella Chiesa possiamo "ascoltare" e "aprire la porta" al Signore. Come? Gettando tutto quello che abbiamo nel "tesoro del Tempio", immagine della nostra comunità: in essa, che è la Dimora di Dio dove gustare le primizie della vita celeste, il corpo del Signore risorto, possiamo scoprire chi e che cosa è oggi nella carne “tutta la nostra vita” e, appoggiati nella stessa fede della vedova alla quale ci gesta la Chiesa, gettare via tutto, concretamente mi raccomando. Vuoi davvero essere libero e autentico? Vuoi amare? Pensa a che cosa oggi hai tu per vivere e gettalo nel tesoro del Tempio, che era il segno della comunione nel popolo di Israele. Tutti, infatti, vi contribuivano, anche gli ebrei della diaspora. Ecco, gettiamo nella comunione della comunità le nostre due monete: il denaro, i beni, perché li daremo a Cristo, che ce li renderà moltiplicati nel perdono, nella gioia, nella pace, e, perché no?, anche in tutto di cui abbiamo bisogno. E' sabato, vigilia del Corpus Domini, il momento migliore. Il tuo Sposo è pronto per riunirsi a te e dare senso e pienezza alla tua vita; donagli tutto e vedrai meraviglie.



QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI






    







L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Marco 12,38-44. 

Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte.
Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino.
Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».







E' sabato, ci avviciniamo alla celebrazione della resurrezione del Signore, e, come ogni sabato, è un po' come restare con lui nel silenzio della tomba. E' da qui che si risorge fratelli, non dal chiasso della vita superficiale. Per questo oggi Gesù ci "insegna": "guardatevi dagli scribi, e guardate questa vedova". Quelli vivono in superficie e nell'ipocrisia, questa vive nell'intimo e nell'autenticità. Gli uni sfuggono la propria realtà di lupi affamati che, sfruttando la propria posizione di rispetto e stima presso il popolo, entrano nelle case delle vedove come consulenti e "divorano" i loro beni; lei, "divorata" dall'avidità di chi dovrebbe aiutarla, non si ribella ma entra volontariamente nel nulla, scende cioè ancora più giù della sua "estrema indigenza" per inoltrarsi nella morte. Se, infatti, dà "tutto quello che ha per vivere", significa che si consegna volontariamente alla morte. E' come se, con quel gesto, accettasse la sua realtà sino in fondo: "sono vedova, non ho più l'eredità di mio marito, mi restano solo questi "due spiccioli"; è nulla, ma è tutto quello che ho per vivere; ma è inutile che mi inganni, anche questo denaro finirà, e poi non avrò null'altro, perché la verità è che senza il mio sposo non posso vivere".  Ebbene, proprio questa è la realtà che dovremmo riconoscere e accettare ogni sabato, l'unica che ci permetta di entrare seriamente nella Pasqua di Gesù. Senza di Lui non possiamo vivere, e quello che abbiamo tra le mani è destinato ad esaurirsi presto. E per giungere alla statura di fede della vedova dobbiamo "guardarci" dall'ipocrisia di quegli scribi che c'è anche in noi. "Amiamo", infatti, le stesse cose che "amavano" loro: "passeggiare in lunghe vesti", questo si capisce perfettamente, il culto dell'apparenza, il look e la linea, ma anche il modo di parlare beffardo e sarcastico che ridicolizza sempre gli altri; avete presente quelli che "passeggiano" nei discorsi "in lunghe vesti" cucite di battute sempre pronte per catturare l'attenzione, spesso senza neanche rendersene conto, tanto la stolta goliardia è diventata appunto un "abito", indossato perché, lo sappiamo bene, c'è nascosta nel cuore dell'uomo la sottile perversione voyeuristica; attenzione eh, "guardatevi" da questi atteggiamenti ci dice oggi il Signore, perché non solo si tratta di una patologia seria, per la quale si prova eccitazione e piacere nel guardare l'intimità degli altri, in ambito sessuale come in qualunque altro aspetto; e qui ci siamo quasi (davvero?) tutti, immersi in una società nella quale trionfa il gossip, il pettegolezzo, lo scoop, le intercettazioni telefoniche. E tutto ciò accade anche in famiglia, tra amici, dal parrucchiere e dal barbiere, nelle comunità dove, come ripete spesso Papa Francesco, purtroppo si "chiacchiera spellandosi a vicenda". "Guardatevi" da ciò perché è profondamente legato al peccato di "invidia", che letteralmente significa "guardare di traverso", con un occhio malato, indice di un cuore avvelenato dalla menzogna del demonio che conosciamo molto bene: "diventerete come Dio"... "Amiamo" poi "ricevere saluti nelle piazze", cioè che ci riconoscano, che la nostra presenza non passi inosservata, perché abbiamo terrore dell'irrilevanza. Quanta fatica, vero?, per guadagnarsi un "saluto"... In fondo, non studiamo e lavoriamo anche per questo? Per farci una posizione, per essere qualcuno; meno male che ora c'è la tecnologia che semplifica le cose: i selfie innanzitutto, che meraviglia, possiamo infilzarci in una foto come polli allo spiedo come e quando vogliamo, e così, come nelle vetrine delle rosticcerie, dire al mondo che esistiamo. Certo che ci noteranno con quelle labbra assurde che mettiamo, chissà poi perché... E poi i social networks, il nostro personale Grande Fratello dove offriamo la nostra vita al miglior "mi piace", foto e frasi criptiche postate parossisticamente, senza forse accorgerci della prostituzione alla quale obblighiamo la nostra anima. "Amiamo" anche "avere i primi seggi nelle sinagoghe", quelli che erano riservati agli scribi, ma che, curiosamente, davano le spalle ai rotoli della Torah perché erano situati di fronte all'assemblea. Ah quanto ci piace stare nella nostra comunità esibendo noi stessi e le nostre parole, la generosità, la presunta coerenza e onestà, la familiarità con la Scrittura, lo zelo nel cantare e nel leggere, insomma metterci di fronte agli altri dai "primi seggi" per affermare in tutto di non essere come loro, che ovviamente giudichiamo e dai quali però esigiamo stima e rispetto. Senza renderci conto che stiamo nella Chiesa voltando le spalle alla Parola che è luce, verità e vita, eludendo così la sua chiamata a conversione. E per questo viviamo ipocritamente, belli fuori e brutti dentro, e "amiamo" senza averne alcun diritto, "i primi posti nei banchetti". Fratelli, non dovremmo neanche pensare di poter avvicinarci al "banchetto" del Signore, perché è riservato ai piccoli, agli ultimi, ai peccatori che riconoscono di esserlo e non ce la fanno più a vivere nella schiavitù. E noi probabilmente siamo sì stanchi, ma a causa degli altri, no? 


Per questo Gesù ci chiama seriamente e severamente a conversione dicendoci: "guardatevi" dal "dare del vostro superfluo". "Guardatevi" cioè dal vivere superficialmente, spendendo le vostre risorse per ciò che è periferico a quello che davvero conta. Ma prendete oggi in mano la vostra vita, come ha fatto la "Vedova," e chiedetevi per quale motivo ci viene data e per che cosa "valga la pena" viverla. Letteralmente, per chi e per cosa ha valore "penare", soffrire, sacrificarsi, offrirsi, donarsi. Per un briciolo di stima e di affetto degli altri? Quante volte diciamo "ne è valsa la pena" senza renderci conto del significato della frase; è valso soffrire e dare tutto se stessi per una qualunque "passione", sentimentale, civile, sportiva, culturale, religiosa? No, perché al diventare "assolute", tutte le passioni uccidono. Attenzione, il "superfluo" in sé non è un male, anzi, fa parte della vita, ma è come la terra che gira intorno il sole, non è il centro e il fondamento dell'esistenza. E' "super", è un "di più" che lo stesso Signore ha miracolosamente moltiplicato. E' la sovrabbondanza che nella Scrittura testimonia il favore di Dio, e sarà un dono del Messia. Per questo il vero "super" nella nostra vita è appunto un miracolo, robusto e inossidabile, e scaturisce sempre da un nucleo originario e fondamentale nel quale Dio scende per riscattarlo e renderlo fecondo. Allora, attenzione all'atteggiamento dei "ricchi" che è anche in noi; non c'entrano solo i soldi, ma le nostre cose, i beni in generale, anche la famiglia, il coniuge, i figli, gli amici, il lavoro. Attenzione perché chi si sente "ricco", chi è cioè super-bo e getta nel tesoro del Tempio dal suo "super-fluo" è un super-cieco su stesso perché ha voltato le spalle a Dio, anche se è seduto in Chiesa. Non sa che si sta difendendo nell'ipocrisia, vivendo cioè nella menzogna ogni relazione, con Dio prima e con gli altri poi. Come Caino "invidioso" del fratello, riconosce al Signore solo una parte minima della propria vita. "Ama" ciò che non ha alcun valore perché non ha dentro di sé Colui che dà valore a ogni cosa. "Guardatevi" dalla falsa ricchezza, dal vostro ego insaziabile, che mentre dà una briciola di se stesso a Dio e agli altri, li "divora" strumentalizzandoli per saziarsi. Ascoltiamo oggi quello che l'Angelo diceva alla Chiesa di Laodicea: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo" Ap 3, 15ss). Capito chi sei? Esattamente quello che la vedova stava sperimentando e per questo, proprio nel Tempio, immagine della comunità cristiana, si accingeva a fare il passo decisivo per immergersi nelle acque del Battesimo. Molto aveva camminato nella sofferenza che l'aveva resa autentica; non aveva più nulla da difendere, le rimanevano solo due spiccioli, l'ultimo respiro dell'uomo vecchio. Gettandoli nel tesoro del Tempio si sarebbe spogliata completamente per immergersi nuda nella misericordia di Dio, l'unica sua speranza. Gesù non loda l'aspetto morale della vicenda, registra un dato: solo la vedova, l'"ultima" nella società (la traduzione letterale dal greco della parola "sua povertà" che appare nel vangelo è "ultimo"), può "gettare", consegnare a Cristo attraverso la Chiesa "tutta la sua vita", proprio come recita l'originale. Tutta, senza riservarsi nulla, perché ha sperimentato che nulla di mondano ha potuto difenderla, nulla l'ha moltiplicata, nulla che sia stato assoluto s'è dimostrato realmente tale, anzi. Mentre invece crede che "Le lacrime della vedova scendono sulla guancia di Dio" (Sap 35,18 testo ebraico) perché ha cominciato a sperimentarlo. In altre parole, un cristiano che è stato iniziato alla fede nella Chiesa, in virtù della luce su di sé e sulla propria storia, e delle esperienze concrete della risurrezione di Cristo, getterà naturalmente la sua vita in Lui. Per questo le parole dell'Angelo continuano dicendo a tutti noi che ci sentiamo "ricchi": "Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista. Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti.". Sono tutte immagini battesimali che ci chiamano a ritornare alle fonti della nostra fede. A vivere seriamente il nostro cammino di fede ella Chiesa, ad obbedire e a convertirci per accogliere il fuoco dello Spirito Santo che purifica in noi l'oro della natura divina, le "vesti bianche" della vita nuova rigenerata nella misericordia da indossare al posto di quelle con cui ha "passeggiato" l'uomo vecchio e così rivestire di santità vera la nostra debolezza, e il "collirio" della Parola che ci apra gli occhi al discernimento. Coraggio fratelli, "ravvediamoci" e accettiamo di essere "rimproverati"; è sabato e "Ecco", Gesù "sta alla porta e bussa" e ci dice: "Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta" domani "io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me". Nella Chiesa possiamo "ascoltare" e "aprire la porta" al Signore. Come? Gettando tutto quello che hai nel "tesoro del Tempio"; esso, infatti, era il segno della comunione del popolo di Israele; vi contribuivano tutti, anche gli ebrei della diaspora. Per questo è un'immagine della nostra comunità che, come il Tempio, è il luogo della dimora di Dio, dove sperimentare le primizie della vita celeste. Allora è proprio lì che siamo chiamati a consegnare a Cristo la nostra vita, nella stessa certezza della vedova, cioè nella fede che Dio provvederà a noi in Cristo, nuovo Tempio. Sì fratelli, nella comunità che è il corpo del Signore possiamo scoprire chi e che cosa è oggi tutta la nostra vita, e così gettarlo in Lui. Ma come, non ce la faccio, è impossibile. A te di sicuro, ma non a Lui. Allora, ascolta questa Parola, e obbedisci. Pregando ovviamente, ma la vedova in questo caso ha fatto un'altra cosa. Ha gettato tutto quello che aveva per vivere. Vuoi davvero essere libero? Vuoi uscire da quella relazione morbosa che ti incatena? Vuoi aprirti alla vita? Vuoi perdonare quella persona che stai giudicando? Non ce la fai più ad essere ostaggio di assoluti ipocriti, di maschere che non ti danno né vita, né felicità? Fai come la vedova, e dai via quello che hai per vivere. E' concreto il Vangelo, va bene consegnarsi a Gesù nel cuore, e dirgli, "sarai tutto per me come ora io mi dono tutto a te". Non ci vuole molto, ma lo smartphone che ti sta ipnotizzando? Faccio un esempio. Ecco, senza di esso non potresti vivere vero? Insomma pensa a che cosa oggi hai tu per vivere e gettalo nel Tesoro del tempio. E' sabato, vigilia del Corpus Domini, il momento migliore. Il tuo Sposo è pronto per riunirsi a te e dare senso e pienezza alla tua vita; donagli tutto e vedrai meraviglie.






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