Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario





αποφθεγμα Apoftegma


Frate Masseo disse a san Francesco: "Perché proprio a te? 
Perché tutto il mondo vien dietro di te e tutti vogliono vederti, ascoltarti e ubbidirti? 
Tu non sei bello, non hai grande cultura, non sei nobile. 
Perché, dunque, tutti ti seguono così? 
San Francesco a queste parole si rallegrò molto 
e guardando il cielo rimase per molto tempo rapito in Dio. 
Quando ritornò in sé si inginocchiò lodando e ringraziando il Signore, 
poi, molto infervorato, rispose a frate Masseo: 
"Vuoi sapere perché il mondo segue proprio me? 
Vedi, gli occhi dell'Altissimo Iddio che vedono in ogni luogo e in ogni cuore, 
hanno visto che non esiste peccatore più vile, più misero di me sulla terra
Per questo, per attuare il suo grande disegno, 
Dio ha scelto me, per confondere la nobiltà, la grandezza e la potenza del mondo, 
affinché si sappia che ogni virtù e ogni bene non provengono dalle creature 
ma dal Creatore e nessuno possa gloriarsi davanti a Dio. 
Solo a Lui ogni onore e gloria, nei secoli dei secoli". 

Fioretti di San Francesco
  





L'ANNUNCIO
Dal Vangelo Luca 6,39-42. 

Disse loro anche una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?
Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?
Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. 


Sulla trave della Croce Gesù ha tolto i nostri peccati che il suo amore ha guardato come una pagliuzza 


Sansone accecato

"Nessun cieco può guidare un altro cieco”. Eppure anche oggi ci accingeremo a prendere per mano moglie e figli per accompagnarli a “cadere nelle buca”; essa è immagine delle trappole del demonio che non si vedono a occhio nudo, quello cioè di chi crede di vedere perfettamente e invece è cieco, incapace di riconoscere “la trave” infilata nella sua pupilla. Siamo ciechi perché i nostri occhi, sedotti dal demonio, hanno smesso di guardare il Creatore per fissarsi sul frutto che ci è stato proibito. Mostrandocelo "bello, buono da mangiare, e desiderabile" ci ha indotto a prenderlo per crederci "da più del Maestro", cioè più intelligenti di Gesù che ci ammaestra nella Verità, per essere liberi di decidere noi cosa sia bene o male, e così poter giudicare tutto e tutti, occupandoci a togliere le "pagliuzze" dagli occhi dei fratelli. Ci è accaduto quello che successe a Sansone che cedette alle lusinghe di Dalila (il demonio), quando "i Filistei (i peccati) lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con catene di rame. Egli dovette girare la macina nella prigione". Il demonio ci ha cavato gli occhi donati dal Padre per contemplare il volto di Cristo e in esso il suo amore a cui consegnare la nostra vita. Senza gli occhi della fede non vediamo più l’amore di Dio nella nostra vita e per questo non possiamo guardare con amore il prossimo. Come un uomo a cui è stato tolto lo stomaco, abbiamo cominciato a sentire una fame atroce, per saziare la quale abbiamo posato lo sguardo su immagini seducenti e avvelenate. In prigione, infatti, sognando la libertà, si immagina il mondo di fuori come un paradiso. Ma è irreale! Così, prigionieri e  obbligati a girare intorno a noi stessi per soddisfare il nostro ego senza riuscirci, guardiamo tutto privi del discernimento, e nulla più ci appare per quello che è: la moglie e il marito, i figli e i parenti, gli amici e i colleghi, il lavoro, la scuola, i fatti di ogni giorno, che nella realtà sono pagliuzze che non avrebbero il potere di farci del male, diventano travi che pesano sugli occhi, togliendoci gioia e pace. Per questo sogniamo felicità artificiali nella pornografia, negli acquisti a rate di televisori sempre più grandi, macchine e gadget elettronici, sublimando negli oggetti e nei progetti, ciò che la fantasia avvelenata vorrebbe fosse la nostra vita. L'ipocrisia nasce qui, come un anestetico per non sentire dolore. Mentre il demonio ci ripete il fatidico "stai sereno" che cela il colpo finale con cui uccidere la nostra anima, ci autoconvinciamo e cerchiamo di convincere gli altri che va tutto bene, che stiamo da Dio perché siamo Dio... Il demonio è riuscito nel suo vero obbiettivo, che non è solo farci cadere nella buca. Questo è solo il primo passo; occultandoci i peccati, vuole convincerci che non siamo ciechi per impedirci di vedere la “trave” della Croce sulla quale abbiamo crocifisso il Signore. Guardate la società, che prima di accogliere il perdono pretende di mettere le condizioni a Dio, confondendo la misericordia con il suo contrario, cioè un certificato di buona condotta. Di peccati e di dolore e compunzione per essi neanche l'ombra. Ed è ciò che accade per molti divorziati che vorrebbero accostarsi alla comunione. Ditemi, c'entra qualcosa la misericordia? Essa è come un ambulanza che appare con le sirene spiegate facendo slalom nel traffico quando uno sta male ed è moribondo. Gli autisti fanno i salti mortali pur di salvarlo. Avete mai visto un'ambulanza correre verso uno che pensa di essere sanissimo? L'avete vista nell'urgenza di portargli un defibrillatore mentre mangia a quattro palmenti? Perché questa è la misericordia per chi, non sentendosi peccatore, non pensa di aver bisogno di pentirsi. Inculcandoci subdolamente di non averne bisogno, il demonio svela il suo autentico obiettivo che è proprio farci disperare della salvezza. Sembra un paradosso invece fa proprio così: ti induce a pensare che in fondo, non avendo peccato così gravemente, non hai bisogno di così tanta misericordia da dover scomodare la Croce e il sangue di Cristo che vi è colato sopra. Se accetti questo pensiero sei fritto, perché, quando ti troverai un peccato grosso tra le mani, quando cioè ti accorgerai di essere in prigione come Sansone e di non poter uscire, il prossimo pensiero che il demonio ti presenterà sarà l'opposto: sei uno schifo, il più grande peccatore, non c’è salvezza per te. Ma siccome avevi creduto di non aver bisogno del perdono di Dio, non ne hai fatto l'esperienza o l’hai dimenticata, e quindi non puoi credere al suo amore che perdona senza giudicare. E così precipiti nella disperazione, ti convinci che per te non c'è più speranza, che non cambierai. Ma se ti guardi così, se non guardi cioè la "trave" della Croce di Gesù che ha dato se stesso per strapparti dal peccato, allora ti accanirai contro gli altri che guarderai con la stessa disperazione con la quale guardi te stesso. E ti soffermerai sulle loro pagliuzze, perché ti appariranno come travi. Chi infatti ha dimenticato o non ha mai fatto l'esperienza del perdono di Dio capace di trasformare nelle sue viscere di misericordia che sono i sacramenti le proprie travi in pagliuzze, vedrà travi in ogni pagliuzza del fratello. E divorzierà, e poi esigerà che Dio benedica e sigilli quel suo guardare stolto, mettendo la firma sulla sua cecità. 



Ma coraggio, perché Gesù ci viene a visitare proprio in questa situazione di ipocrisia; il demonio "non è da più del nostro Maestro" che, per liberarci dalla menzogna e salvarci dalla disperazione, ha portato sulle spalle la "trave" dei nostri peccati che è divenuta la sua Croce. Si è fatto peccato perché il Padre guardasse su di Lui "la trave" che ci condannava come a una "pagliuzza" che le sue mani trafitte hanno tolto con misericordia. Fratelli, guardando la tua trave Gesù non ha mai disperato di te; il suo amore ha ridotto a pagliuzza il peccato più grave, per togliertela con tenerezza. Coraggio, puoi guardare la Croce senza paura, non è la tua condanna, ma la porta di Verità che apre per te le viscere di misericordia nelle quali Cristo ha il potere di rigenerarti e salvare il tuo matrimonio fallito ad esempio, sino a farne una cosa nuova e meravigliosa. Inginocchiati oggi davanti alla Croce, e fissala bene. Ci troverai scritti i tuoi peccati, e quelli degli altri, tutti lavati e cancellati dal sangue preziosissimo di Cristo. Avvicinati senza timore al trono della Grazia, e lascia che il suo amore giunga sin dentro il tuo cuore, per trasformarlo con il suo perdono. Cammina giorno dopo giorno nella Chiesa dove sarai "un discepolo ben preparato" per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. La "preparazione" di cui Gesù parla è infatti il catecumenato con il quale la Chiesa primitiva preparava i pagani a ricevere il battesimo. Ma è anche il cammino di purificazione e conversione che Dio ha preparato per noi nella Chiesa. Alla luce della Parola di Dio scoprirai cioè la trave dove hai inchiodato il Signore, ti umilierai accettando di essere un peccatore, e così vedrai l'amore con cui Cristo ha tolto i tuoi peccati inchiodandoli alla Croce. L'esperienza di essere stato perdonato mille volte illuminerà di misericordia i tuoi occhi donandoti lo sguardo di Cristo sui peccati del fratello che ti appariranno come pagliuzze; solo allora potrai avvicinarti a lui con pazienza e misericordia per accompagnarlo a Cristo, l'unico capace di togliere quella pagliuzza dai suoi occhi perché veda anche lui lo stesso amore nella sua vita. Così un padre potrà aiutare con amore suo figlio solo se è consapevole della trave che ha chiuso i suoi occhi e non dispererà della sua conversione; si avvicinerà a lui come ha visto avvicinarsi Cristo, con la speranza invincibile che gli fa vedere anche il suo peccato più orribile come una pagliuzza di fronte alla misericordia infinita di Dio e al suo potere di risuscitare i morti. E così un marito o una moglie, così con chiunque è accanto a noi. Solo dall'ultimo posto, infatti, nella nostra storia illuminata, pacificata e accettata nelle acque del battesimo, nella consapevolezza di essere gli ultimi e i più indegni, ma amati infinitamente e gratuitamente da Dio, si può servire con la verità i fratelli. Perché "togliere la pagliuzza dall'occhio del fratello" significa servirlo illuminando i suoi peccati perché si renda conto di averne con la luce dell'amore che ha tolto la trave dal proprio occhio. Come il Signore, i "discepoli" "tolgono" la pagliuzza che impedisce ai fratelli di vedere l'amore di Dio inginocchiati davanti a loro, lavando i loro piedi, prendendo su di sé i loro peccati. 



QUI GLI APPROFONDIMENTI




APPROFONDIMENTI



San Cirillo d'Alessandria: Il discepolo ben preparato sarà come il suo maestro


    «Il discepolo non è più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro». I discepoli erano chiamati a diventare le guide e i maestri di tutto il mondo. Occorreva perciò che si presentassero ferratissimi nelle cose religiose: conoscitori sicuri delle vie del Vangelo, esemplari nell'esercizio di ogni opera buona, per poter offrire ai discepoli una dottrina chiara e sana, perfettamente consona alla verità. Altrimenti proprio loro che avevano potuto contemplare la Verità e ne avevano avuto l'anima tutta irradiata di luce divina, avrebbero finito col diventare ciechi e guide di ciechi. Infatti chi è avvolto dalle tenebre dell'ignoranza non potrà guidare alla conoscenza della verità quelli che si trovano nelle sue stesse penose condizioni. Se per caso ci provasse, finirebbero col ruzzolare tutti e due nella fossa delle passioni.

    Per combattere poi il vizio così diffuso dell'orgoglio, e per distoglierli dalla pretesa di essere più onorati dei loro maestri, aggiunge: «Il discepolo non è più del maestro». Che se talvolta alcuni discepoli progrediscono tanto da uguagliare i loro stessi maestri, anche allora devono restare entro i confini della modestia, ed essere imitatori dei loro maestri. La stessa cosa dirà Paolo affermando: «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor 11,1).

    Se il Maestro non giudica ancora, come ti permetti tu di pronunciare sentenze? Egli non è venuto per giudicare il mondo (Gv 12,47), ma per usargli misericordia... «Se io non giudico, non farlo neanche tu che sei mio discepolo. Potrebbe darsi che tu fossi anche più colpevole di colui che giudichi... Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello?»



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